Riuscire a parlare di morte, parlando di vita. Non è facile, eppure lui ci riesce magnificamente. Il lui in questione è padre Guidalberto Bormolini, antropologo, tanatologo, nonché religioso dei Ricostruttori nella preghiera, un ordine relativamente recente (nato negli anni ’80 del secolo scorso, a opera del gesuita Gian Vittorio Cappelletto), che fa della «ricostruzione» (esteriore: casali e vecchie abbazie abbandonate; e interiore: l’unità tra corpo, mente e spirito) il suo specifico.
Una giovane regista coinvolge l’anziano padre nelle riprese di un documentario che rappresenta modi imprevisti e buffi di morire. È il film «Dick Johnson è morto» (USA 2020) di Kirsten Johnson.
«Oggi, come ogni giorno, una madre muore e c’è un po’ meno amore sulla Terra. Oggi, come ogni giorno, un bambino nasce e c’è molto più amore sulla Terra». È questa, forse, la frase più iconica del libro Diario di un amore perduto, di Eric-Emmanuel Schmitt, drammaturgo, scrittore, saggista, traduttore, regista e sceneggiatore francese naturalizzato belga, tra gli autori teatrali più amati e rappresentati in Europa. Un libro tutto giocato sulla cifra di quell’amore unico e insostituibile che lega una madre al proprio figlio.