Ciò che siamo l'abbiamo capito nel giorno di Pasqua, «partoriti» dal grembo di quella notte santa che sola sa che cosa sia davvero successo, e ne serba per sempre il mistero: redenti e salvati dall’amore «esagerato» del Signore.
Il sepolcro vuoto di morte si rispecchia in un altro vuoto che invece è fecondo: quello delle donne che accolgono, per trasmetterla, una parola di vita.
Beate le corse di Pietro e Giovanni verso il sepolcro vuoto, beate quelle dei due di Emmaus di ritorno a Gerusalemme. Ma a noi, in questo tempo funestato da attentati terroristici, guerre assurde, corruzione dilagante, egoismi, che dice la Pasqua?
Un recente convegno in Vaticano ha sottolineato il valore sociale ed educativo dello sport. Che non è solo gesto atletico ma equilibrio tra corpo e spirito.
Dedica la sua vita agli ultimi, ma è un raffinato intellettuale. Apre le porte di casa ai derelitti, ma è capace di dialogare coi potenti, scorgendo in loro una povertà che altri non vedono. A colloquio con don Giovanni Nicolini, uomo di comunione.
La quaresima è un cambio in corsa, una conversione possibile, nel senso che è «nella nostra possibilità», a disposizione, a portata di mano. Un tempo per noi, popolo di Dio, meno intimistico di come lo abbiamo a volte vissuto e trasmesso.