Alla ricerca del regno
Scegliere: una questione fondamentale nella vita di ciascuno. Le scelte investono tutti gli ambiti, dall’economia alla politica, dalla religione alla salute, dalla scuola al lavoro. In che modo scegliamo? Anzitutto è opportuno notare la presenza di un contesto più ampio nel quale siamo inseriti, con delle condizioni che delimitano le nostre possibilità: il luogo in cui siamo cresciuti, l’educazione ricevuta, altri elementi legati alla situazione economica, energetica, ambientale. Tutto questo ci influenza e costituisce il mondo in cui abitiamo, di cui fanno parte anche i valori che consideriamo importanti e gli ideali in cui crediamo, che orientano il nostro giudizio e le nostre azioni. La decisione, poi, non è solo questione razionale, ma dobbiamo sempre fare i conti con il nostro mondo emotivo, con i sentimenti che proviamo: talvolta arrivano a bloccarci o a condurci su strade diverse rispetto a quelle che decidiamo di intraprendere a freddo.
Una delle (discutibili) conquiste della modernità è stata quella di mettere al centro l’individuo e la sua autonomia. Da un lato questo esplicita la responsabilità di ciascuno di fronte alle proprie scelte e il diritto di operarle secondo la propria coscienza: «Decido io cosa fare della mia vita». D’altra parte, tuttavia, rischia di dimenticare la rete di relazioni nella quale siamo inseriti e alla quale ci affidiamo. Infatti, non abbiamo tutto sotto controllo, non possiamo pretendere di conoscere perfettamente la realtà in cui viviamo: abbiamo bisogno di fidarci di qualcuno o di qualcosa per decidere come orientare il nostro cammino (il che, però, non significa delegare la scelta ad altri). Diventa allora decisiva un’altra domanda: a chi o a che cosa mi affido per compiere le mie scelte? Quali sono i miei riferimenti e in che modo formo la mia coscienza?
A novembre, alla fine dell’anno liturgico, si celebra la festa di Cristo re dell’universo. Il suo regno è quello di cui innumerevoli volte Gesù ha parlato annunciando il Vangelo per le strade della Palestina, e la sua venuta è quella che chiediamo ogni volta che preghiamo il Padre Nostro. Non è un regno nel quale Dio è il padrone e noi siamo schiavi, ma piuttosto siamo «figli del Re», chiamati a regnare insieme a lui, in un esercizio del potere del tutto singolare. Gesù stesso ci mostra come regna: non è venuto per essere servito, ma per servire (cfr. Mc 10,42-45); il cuore del regno è la via della misericordia e della compassione, della prossimità e della cura. La legge di questo regno è il comandamento dell’amore: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34), richiesta esigente, ma profondamente umana e orientata alla pienezza dell’umanità. L’essere «figli del Re» ci richiama alla nostra responsabilità: il figlio non è solo colui che obbedisce al padre, ma è costruttore a sua volta del regno, chiamato a fare la sua parte (quella che solo lui può fare in virtù della sua unicità) all’interno della nostra realtà.
Per questo è il regno di Dio l’orizzonte evangelico delle scelte del cristiano, il quale forma la sua coscienza alla scuola del Vangelo, in un costante e reciproco appello con la vita concreta, personale e sociale. In tal modo, l’uomo non perde la sua autonomia, ma trova la sua vera identità e il suo compimento, a favore della crescita dell’intera umanità, come si afferma in Evangelii Gaudium al n. 180: «Nella misura in cui il Signore riuscirà a regnare tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti. Dunque, tanto l’annuncio quanto l’esperienza cristiana tendono a provocare conseguenze sociali. Cerchiamo il suo regno: “Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33)».
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