Alle Olimpiadi accadono storie eccezionali
Alle Olimpiadi accadono storie eccezionali. Che rimangono impresse nella mente e negli occhi anche di chi segue con distrazione lo sport. Ogni quattro anni molti di noi cercano in questo evento straordinario un sogno, una bellezza, grandi emozioni. Accadrà anche per i XXXIII Giochi Olimpici dell’era moderna. Ma le Olimpiadi non sono solo il palcoscenico di un immenso evento sportivo, sono anche lo specchio di quanto sta accadendo nel mondo. È sempre stato così. La foto di Tommie Smith e John Carlos, velocisti neri, con i pugni alzati dopo aver corso la più formidabile finale dei 200 metri a Città del Mexico è rimasta nella memoria. Era il 1968. Pochi ricorderanno invece l’ultimo posto di Saamiya Yusuf Omar, diciassettenne somala, che a Pechino, nel 2008, corse una batteria degli stessi 200 metri arrivando di gran lunga ultima al traguardo mentre le altre atlete già stavano dirigendosi verso gli spogliatoi. Quattro anni dopo, Saamiya morirà nel naufragio di uno dei barconi di migranti verso l’Europa. Andrebbe ricordata a ogni Olimpiade.
Il 21 novembre dello scorso anno, le Nazioni Unite hanno ribadito l’invito alla «tregua olimpica», alla cessazione di ogni conflitto durante lo svolgimento dei Giochi: una risoluzione dell’Assemblea Generale approvata con 118 voti a favore e solo due astensioni, la Siria e la Russia. Perfino la Bielorussia ha votato a favore. Scrivo giorni prima che le Olimpiadi abbiano inizio: niente fa credere o sperare che si smetta di sparare in Ucraina e a Gaza. Come negli altri luoghi del mondo dove si combatte. Russia e Bielorussia sono state escluse, a causa della invasione dell’Ucraina, dai Giochi. Le loro bandiere non potranno sventolare negli stadi parigini. Non potranno partecipare alla cerimonia di apertura, né prendere parte agli sport di squadra. Pochi atleti russi e bielorussi potranno gareggiare, se lo chiederanno e potranno, come «neutrali», senza inni nazionali, senza divise, senza bandiera.
Raccontano che almeno quindici milioni di persone andranno a Parigi per le Olimpiadi. Trecentomila persone assisteranno di persona alla cerimonia di apertura (gli ultimi biglietti sono stati venduti a 4mila euro) e un miliardo di spettatori si siederà di fronte a un televisore. Gli esperti francesi assicurano che perfino la Senna è diventata balneabile: un miliardo e mezzo di euro di lavori per permettere che i nuotatori del grande fondo e del triathlon non corrano rischi. Era un secolo che nessuno più si tuffava nel fiume. Le autorità parigine hanno comunicato che, passate le gare, tutti potranno fare il bagno nella Senna. La sindaca Anne Hidalgo si è già tuffata nove giorni prima dell’inizio delle gare.
Ho ritrovato una foto scattata, anni fa, in Meskel Square ad Addis Abeba. I ragazzi della capitale dell’Etiopia sceglievano questa piazza come luogo di allenamento sotto gli occhi di tutti. Ritrovando questa immagine ho pensato a Yemaneberhane Crippa. È il primatista italiano di tutte le gare di fondo, ha vinto tre ori europei. Ha 28 anni, è nato a Dessiè, negli altopiani etiopici. I suoi genitori morirono quando lui e i suoi cinque fratelli erano ancora molto piccoli. Nel 2003 venne adottato da una famiglia milanese trasferitasi poi in Trentino. La storia di Luisa e Roberto Crippa, i genitori adottivi, non passò inosservata: tornarono in Italia con Yeman e due suoi fratelli. Decisero che non potevano lasciare indietro altri fratelli e cugini di quei bambini. Alla fine, accolsero nella loro casa, tra le montagne Giudicarie, otto ragazzi. Che oggi sono uomini e donne italiani. Yeman (e suo fratello Neka) corrono. La corsa, le lunghe distanze, sono storia dell’Etiopia, Yeman capì che era la sua vita.
Ricordate Abebe Bikila? Fu il primo atleta dell’Africa a Sud del Sahara, magro come un chiodo, a vincere una medaglia d’oro alle olimpiadi. A Roma, 1960, una notte di ottobre. Corse la maratona a piedi scalzi. Impresa leggendaria. A Parigi, il 10 agosto, Yeman correrà quella stessa maratona. La Torre Eiffel al posto del Colosseo. Correrà per una medaglia. Correrà per l’oro. Ho letto che ha sempre con sé un nastrino con tre colori: rosso, giallo e verde. Colori della bandiera etiopica. La sua maglietta ha lo stemma tricolore dell’Italia. Guardo i nomi e le foto dei 76 atleti della squadra di atletica leggera italiana. È un’Italia, bella, forte, multicolore, meticcia.
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