Bergoglio, ecumenico ed ecologista
Quanto ha inciso il pontificato di papa Francesco nella Chiesa e nella società civile contemporanea? Bergoglio è stato spesso protagonista di scelte coraggiose e controcorrente: dal luogo in cui vivere come Pontefice, alla sua vicinanza agli ultimi, all’impulso dato alla Chiesa universale in un mondo afflitto da guerre e rivoluzioni tecnologiche di cui non si scorgono ancora del tutto i benefici né i rischi. Ma ha saputo lavorare anche per il dialogo interreligioso, stimolando la Chiesa cattolica a trovare forme e linguaggi nuovi di comunicazione e di evangelizzazione. Ne parliamo con Daniele Menozzi, professore emerito di Storia contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa, membro del Consiglio scientifico della Treccani e socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei. Coordinatore della «Rivista di storia del cristianesimo», fa parte della direzione di «Modernism. Rivista del riformismo religioso in età contemporanea». Ha studiato, sotto diversi profili, il rapporto tra cristianesimo e società dalla Rivoluzione francese fino al presente. Tra i suoi lavori: Chiesa e diritti umani. Legge naturale e modernità politica dalla Rivoluzione francese ai giorni nostri (2012); I papi e il moderno (2016); «Crociata». Storia di un'ideologia dalla Rivoluzione francese a Bergoglio (2020); Il potere delle devozioni. Pietà popolare e uso politico dei culti in età contemporanea (2022); Il papato di Francesco in prospettiva storica (2023); Lezioni di Storia della Chiesa (2024).
Msa. Nelle sue relazioni con i vari Paesi del mondo e con le loro politiche, papa Bergoglio ha sempre deplorato i conflitti militari in atto sul nostro pianeta. Un tasto su cui sta premendo, fin dall’inizio del suo pontificato, anche il suo successore, papa Leone XIV.
Menozzi. Papa Francesco è sempre stato ben consapevole che sullo scenario internazionale emergeva la contraddizione tra la comunicazione del messaggio cristiano, che è essenzialmente un messaggio di pace, e l’esistenza di conflitti armati in varie parti del mondo. Già all’inizio del suo pontificato questi scontri minacciavano di estendersi come poi è effettivamente avvenuto con l’invasione russa dell’Ucraina o con il conflitto tra Israele e Hamas in Palestina, o nelle altre decine di guerre in atto sulla Terra. Il Vangelo comunica la fratellanza tra tutte le persone, e la denuncia della contraddizione tra questo messaggio e i poteri politici ed economici interessati a promuovere conflitti, è diventato centrale nell’apostolato di papa Francesco. Egli ha costantemente ricordato che non esistono «guerre giuste». La ripresa dell’appello «Mai più guerre!» da parte del nuovo papa Leone XIV sembra collocarsi su questa linea.
Bergoglio ha lavorato molto anche per riformare la Curia romana. E questo ha prodotto dei conflitti all’interno della Chiesa.
La storia della Chiesa è attraversata da scontri che riguardano anche le riforme. Basti pensare a quello che è successo dopo la Riforma di Lutero nel confronto che ha diviso i fautori di un rinnovamento evangelico della Chiesa e i sostenitori della Controriforma. Il cardinale Reginald Pole finì in galera poiché era uno di quelli che volevano una riforma della Chiesa di tipo evangelico. Insomma non sono state differenziazioni prive di conseguenze. La diversità di opinioni è una componente fisiologica della vita della Chiesa. La riforma della Curia è una questione centrale in seguito ai processi di riorganizzazione del governo di una Chiesa che, a partire dall’Ottocento, è diventata sempre più universale. Si pensi che al Concilio Vaticano II, la riforma della Curia è stata sottratta al dibattito conciliare da papa Paolo VI, proprio perché l’ha ritenuto un argomento talmente importante e potenzialmente divisivo da produrre lacerazioni. E poi appunto Paolo VI ha prodotto una sua riforma della Curia che tutti i successori hanno via via rivisto e aggiornato. La riforma della Curia è un punto cruciale della modalità della presenza della Chiesa nel mondo perché gli uffici curiali governano una Chiesa a carattere universale, mediando tra le istanze che giungono dalla base e le indicazioni che provengono dal vertice papale. I contrasti che queste riforme producono si aggiustano nel corso del tempo con la sperimentazione della validità della strutturazione degli uffici curiali in rapporto alle esigenze che la storia via via pone. Il problema riguarda una definizione delle relazioni tra centro e periferia che sia in grado di trasmettere efficacemente il messaggio evangelico all’umanità di oggi. La Curia è uno dei luoghi in cui tale questione viene risolta con decisioni concrete, e quindi è naturale che ci siano diversità di opinioni sulla sua organizzazione e sul suo funzionamento.
In questo contesto si inserisce anche l’azione ecumenica di papa Bergoglio che si è adoperato per il riavvicinamento della Chiesa cattolica, per esempio a quella ortodossa e a quella copta. E poi ha chiamato «fratelli» i musulmani.
Sì, assolutamente. Francesco aveva un’attenzione acuta per l’inculturazione del Vangelo in tutti i contesti socio-politici e in tutte le civiltà del mondo. Ma riteneva anche che si potesse raggiungere Dio attraverso tante strade che naturalmente non sono tutte uguali, e che non vanno messe tutte sullo stesso piano, ma vanno ugualmente rispettate. Nella sua visione l’importante è dialogare insieme perché ciascuna di queste vie, per quanto non uguali, possiede un granello di verità che merita di essere messo in luce e capito se si vuole giungere a una migliore comprensione della paternità universale di Dio. Qui ci troviamo davanti all’idea, recepita fondamentalmente dal Concilio Vaticano II, per cui il dialogo attraverso le religioni favorisce una migliore comprensione tra tutti gli esseri umani. Ciascuno ha un frammento di verità che può aiutare a cogliere quella verità più grande che, attraverso una più profonda intelligenza della paternità di Dio, porta alla fratellanza universale. Mi pare che nel dialogo delle religioni ci sia il rispetto dell’«altro» religioso perché l’«altro» religioso ha qualcosa da insegnare anche a chi ha una maggiore padronanza della verità in virtù della rivelazione. Nella concezione di Bergoglio questa prospettiva vale anche all’interno della Chiesa cattolica. La sua visione di una Chiesa come poliedro comporta che persino chi è in errore può insegnare qualcosa a coloro che gestiscono l’ortodossia. La verità si raggiunge attraverso il dialogo perché non è data, ma cammina nella storia, ed è appunto un obiettivo da raggiungere.
Negli Stati Uniti la Chiesa cattolica ha sempre avuto un ruolo importante per la sua presenza radicata, per le sue capacità organizzative, e per le sue generose risorse economiche. Eppure ci sono esponenti politici, anche a Washington, che pur professandosi cattolici, perseguono azioni in netto contrasto con l’insegnamento del Vangelo, e perfino con gli appelli di papa Francesco, e ora di papa Leone XIV.
Non c’è dubbio che la Chiesa americana fa valere la sua forza economica, la sua capillare presenza istituzionale, la sua capacità di rappresentanza politica, ma oggi è una Chiesa che in termini di qualità del Vangelo esprime molto poco. E questo è un po’ triste se pensiamo a cosa ha rappresentato la Chiesa americana nella storia del XX secolo. È stata la Chiesa che ha approfondito il dialogo tra il cattolicesimo e la democrazia. Ha consentito di fare in modo che papa Pio XII superasse la tradizionale teologia dell’indifferenza verso i regimi politici, e cominciasse a cogliere il fatto che nella democrazia c’è la possibilità di evidenziare elementi evangelici. Inoltre la Chiesa americana è stata quella che al Concilio Vaticano II ha promosso con più forza il diritto alla libertà religiosa. È una Chiesa che tradizionalmente ha svolto una funzione importante nel processo di aggiornamento ecclesiale, manifestando la capacità di trasmettere il Vangelo all’altezza dei bisogni dei tempi. Oggi, purtroppo, la Chiesa degli Stati Uniti è ripiegata su se stessa, sulle sue strutture e istituzioni, sulle sue risorse economiche, sulla sua forza politica. È una Chiesa che non sembra in grado di rispondere alle attese degli uomini e delle donne di oggi con una lettura dei segni dei tempi capace di restituire forza al Vangelo affinché parli in termini universali. Credo che papa Francesco abbia cercato di fare i conti con questa realtà promuovendo fin dove poteva un ricambio del corpo episcopale schierato su posizioni non certo coerenti con le sue. Il mutamento ha lasciato la Conferenza episcopale americana nelle mani di una linea che ha poco a che fare con quella di papa Francesco. Faccio un esempio significativo: Washington ha tagliato i fondi federali per il servizio cattolico di soccorso ai migranti. Cioè Trump ha disdetto un impegno che era stato formalizzato dal governo precedente. La Conferenza episcopale americana ha intentato una causa contro il governo federale. Il fatto che abbia utilizzato uno strumento legale la dice lunga. La causa legale non è infatti stata accompagnata da una denuncia teologica sul modo con cui viene calpestata la dignità umana dei migranti. L’esempio è indicativo della povertà teologica della Chiesa statunitense. Hanno usato i mezzi legali invece della teologia della dignità dell’uomo. Il nuovo Pontefice, Leone XIV, che viene dalla Chiesa americana, ma ha arricchito il suo bagaglio culturale con gli studi romani e con l’esperienza pastorale in America Latina, potrebbe incidere in modo significativo su questa situazione. Non a caso, per spiegare la scelta del suo nome ha fatto un richiamo a Leone XIII che aveva affrontato la questione sociale sulla base della tutela della dignità della persona.
Qualche osservatore ha definito papa Francesco come un Pontefice autenticamente ambientalista. E non poteva essere diversamente per chi si ispira a san Francesco in un mondo in piena crisi ecologica. Del resto, il Creato è l’espressione dell’amore di Cristo per l’umanità.
Se l’uomo, in quanto frutto della creazione, continua a rapportarsi con l’ambiente in nome del puro dominio, finisce per distruggere quella creazione di cui è figlio. Su questo punto papa Francesco ha introdotto due elementi. Il primo non è solo l’idea della progressiva distruzione della natura da parte di chi si approccia ad essa con la sola categoria dello sfruttamento, ma il fatto che, operando con questo tipo di categoria si incrementano le ingiustizie e le sperequazioni, e quindi il numero di quegli ultimi ai bisogni dei quali la Chiesa è chiamata dal Vangelo a provvedere. Sotto questo profilo, Bergoglio ha saldato la cura per il Creato con la giustizia sociale. C’è poi un secondo elemento: per quanto in maniera ancora accennata, nell’enciclica di papa Francesco Laudato si’ emerge la volontà di scindere l’etica del dominio della natura dal messaggio biblico poiché la legittimazione della conquista indiscriminata del Creato è stata motivata a lungo sulla base dell’esortazione biblica «Vai, moltiplicati e domina la natura», senza tenere conto che questa formulazione era condizionata dalla mentalità di uomini che traducevano la rivelazione nel loro linguaggio e con le categorie del loro tempo. Papa Francesco ha cominciato a introdurre il concetto della necessità di svolgere un lavoro ermeneutico sul nesso tra Scrittura e dominio della natura che aiuti a comprendere come il discorso biblico sia anche altro, e come quel tema sia storicamente condizionato. Bergoglio lo ha fatto sottolineando come nel libro della Genesi ci sia anche il tema della cura della natura, e non solo del suo dominio, in modo da svincolare l’etica dello sfruttamento indiscriminato del Creato da ogni legittimazione scritturistica.