12 Aprile 2023

Colpo su colpo

La lettera molto intensa di un lettore offre spunti di riflessione sul tema della violenza giovanile, soprattutto a proposito del coordinamento dell’azione educativa tra scuola e famiglia.
Colpo su colpo

© mrohana / Getty Images

«Non c’è niente da fare, ogni volta che accade un evento violento a scuola o per la strada, protagonisti i giovani, ci sono sempre le solite contumelie a fare da contraltare. “Non c’è da preoccuparsi, sono cose che accadono dalla notte dei tempi, poco più che ragazzate”, sono i commenti. “Poco più”, appunto, di un po’ di bullismo becero, di ideologie attraversate da smemoratezza e poca attenzione. Così facendo nella scuola, come nella vita, le violenze aumentano. A ben notare, i comportamenti dei più giovani ricalcano atteggiamenti mal radicati nel vivere quotidiano del mondo adulto: il mirino è puntato sul più fragile, il più apparentemente debole, il meno attore professionista, quello che viene da fuori, da lontano, così diverso per colore, origine, modo di sentirsi.

La scuola non è nella condizione di autoassolversi, di ribaltare la situazione in altri ambiti, perché il gruppo dei pari e la platea plaudente nascono proprio al suo interno. La didascalia per cui “nel mio istituto non ci sono aiuole incolte né erbacce cattive qua e là” è un’inutile giustificazione. Più verosimile sarebbe contare, senza se e senza ma, su un corpo docenti sempre più spinto e sospinto dall’entusiasmo del proprio ruolo educativo-formativo; forse occorrerebbe incentivare quell’area ben definita di maestri e professori che devono risultare esempi “costitutivi”, perché costituiscono il perimetro da cui apprendere il valore primario del rispetto.

Ultimamente c’è un dispendio inusitato di pugni, calci, ginocchiate, di zigomi gonfiati; come ai miei tempi, certo, soltanto che in questo presente obliquo e sgangherato la scazzottata non finisce con qualche occhio pesto, ma spesso, sempre più spesso, c’è chi rimane a terra cancellato, per chi e per che cosa non è dato saperlo. Come più volte ho tentato di dire in passato, il vero boia di questo terzo millennio è l’indifferenza che alberga nei gesti quotidiani, che mina alle fondamenta l’importanza dello stare insieme, del rispetto di ognuno e di ciascuno.

Quando di mezzo ci vanno i giovanissimi è necessario, prima ancora delle punizioni, delle prediche nazional-popolari sul rispetto delle regole, andare al nocciolo della questione: la diaspora della condivisione scuola-famiglia, come se una delle due parti invece di partecipare al bene comune avesse deciso di proseguire il cammino di esempio educativo per proprio conto, optando per un nuovo ruolo genitoriale, quello del sindacalista pronto a tutto per consentire al proprio pargolo di continuare a svolgere la parte di battitore libero. Dimenticando però che quella libertà è tale perché significa responsabilità, non certamente un’arringa basata sull’incapacità di fare scelte condivise».

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Data di aggiornamento: 12 Aprile 2023
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