Conoscere per capire
Ottobre. Le scuole sono iniziate, le Università riaprono le porte per un anno che speriamo possa essere vissuto «in presenza». Perché studiamo? Qual è la conoscenza di cui abbiamo bisogno per il mondo di oggi? Un mondo che va sempre più veloce, che è sempre più complesso da decifrare e da vivere. Come scriveva Eliot: «Tutta la nostra ignoranza ci porta più vicino alla morte». Non è certo l’informazione che ci aiuta (anzi spesso è così caotica e urlata che ci disorienta). Ancora Eliot si chiede: «Dov’è la conoscenza che abbiamo perduto nell’informazione?». Non sono le nozioni, che diventano subito obsolete e ormai si trovano tutte sul web, anche se è sempre più difficile discernere, se non si hanno gli strumenti!
Due spunti, che vengono dalla tradizione cristiana, ci possono indicare una direzione. Il primo: la conoscenza è sempre integrale. Vanno bene le discipline, le specializzazioni, ma senza perdere di vista i nessi, i legami, le reciproche interferenze tra i diversi ambiti. Conoscere oggi vuol dire soprattutto illuminare connessioni e valorizzarle, perché di fatto «Tutto è connesso» (Laudato si’, 16). A questo proposito, Pascal scriveva: «Ritengo impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, non più di quanto lo sia conoscere il tutto senza conoscere le parti». Il secondo spunto: la conoscenza non è un atto intellettuale, ma un atto d’amore. È l’amore che fa uscire la realtà e le persone dall’invisibilità e ci consente di conoscerle davvero, prendendocene cura. «Quello che conosco, lo conosco perché amo», scriveva Tolstoj.
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