Credere. Questione di fiducia

Ci sono tanti modi di credere. E poi c’è quello che ci ha insegnato Gesù: il credere in un Dio che è amore, per tutti, anche per chi non amiamo e non ci ama. Un credere che è un volare sulla strada, liberi.
22 Febbraio 2022 | di

Ci diciamo credenti. Con diversa spavalderia. Chi sfodera e brandisce il proprio credere e c’è da aver paura anche, e non poco, quando i faccioni escono dallo schermo, insieme alle urla. Gridare la propria fede a volte è forse necessario, ma la grazia deve rimanere, c’è bisogno della grazia di sentirsi amati e mai aggrediti. Una grazia remota, antico amore che viene da Dio, un segno, un imprinting che rimane in chi ha frequentato il Signore così tanto che ne è un poco immagine, stigmate emotive, spirituali, indelebili. Una benevolenza radicale. Che meraviglia. Poi c’è chi nella fede si accomoda e crede di credere. Pensieri composti. Parole composte. Vite composte. Appena un po’ di malevolenza, appena qualche giudizio ben assestato sul vicino di casa o sulla nuora o suocera, e anche su questo e quello, giusto per sentirsi vivi sui social.

La fede come ricovero, lunga eterna minorità, un camminare guardando il suolo, se non tocco il bordo allora va bene, se salto due piastrelle, questo si può, questo non si può, se lo dice la Chiesa, o il buonsenso, o la paura, so che in fondo non ci credo davvero, però. E la bellezza del mistero di vivere, che è profondità in cui avventurarsi, inesauribile grandezza dell’essere noi qui e grandezza di Dio, diventano rinuncia, a pensare, davvero pensare, ciascuno di noi, come si traduce in amore il trascorrere del giorno, il morire e il risorgere e il gridare anche. Gesù ha potuto gridare, vicino a Dio ha potuto, eccome ha potuto, ha gridato in croce ma non contro di noi. Per la verità del suo dolore, ha gridato: «Dio mio Dio mio, perché?».

Credere è l’evento esistenziale più importante. Perché è impossibile non credere proprio in niente. Possiamo non credere in Dio, e nemmeno nell’uomo, molti lo dicono e ripetono. Ma di fatto un poco in alcuni uomini dobbiamo credere. In chi ci fa il pane ad esempio, crediamo che non lo avveleni per noi. O in chi guida il tram e il treno, pensiamo che non si schianti, a nostro e a suo vantaggio. In chi ha costruito la casa in cui abitiamo. Pensiamo che anche se l’ha costruita male e al risparmio e imbrogliandoci, comunque l’avrà costruita che tendenzialmente sta in piedi e non crolla proprio oggi.

A parte i casi estremissimi di malfidenza ostinata e continua, in generale noi crediamo anche oltre le necessità materiali. In un fondatore di comunità che ci raffigura il mondo come lo desideriamo, in un politico che ci rappresenta oppure dà voce alla rabbia, nella scienza che sia pure con tentativi ed errori ci migliora la vita, o in una filosofia in cui riconosciamo comprese le nostre attese. O in un complotto, una Grande Truffa, ragnatela che ci avvolge vischiosa. Oppure nei maghi, o nei promettitori seriali di soldi o sicurezza. Quanto è multiforme il nostro credere. Anche il credere nel Dio della Bibbia. Perché c’è anche chi crede in Dio attraverso le mille forme della sua diffidenza. Crede che il suo credere sospettoso sia davvero fede. Che tutti siano in malafede tranne lui. Lui e pochi carbonari eletti. E che ci sia una zona franca del nostro piccolo bene in cui Dio non c’entra. La mia casa. La mia convinzione.

E poi c’è il credere in Dio che è amore, per tutti, anche per chi non amiamo e non ci ama, e credere nello Spirito che accarezza le nostre rigidità e le piega, e possiamo chinarci e abbracciare, basta chiederlo, e credere nel Figlio, che per il fatto di avere la nostra natura umana ci è modello e compagno dello stesso credere. Credere e correre, volare sulla strada, liberi, per aiutare come si può, scalmanati, amati.

 

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Data di aggiornamento: 22 Febbraio 2022
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