28 Gennaio 2022

La vocazione di Pietro e Andrea

Può l’arte aiutarci davvero nel nostro incontro con Dio? Ci facciamo guidare dal Caravaggio, con la sua «Vocazione dei santi Pietro e Andrea».
Michelangelo Merisi da Caravaggio, Vocazione dei santi Pietro e Andrea, 1602-1604.
Michelangelo Merisi da Caravaggio, «Vocazione dei santi Pietro e Andrea», 1602-1604.
Public Domain

Oggi vi proponiamo un viaggio spirituale un po’ insolito. Normalmente siamo abituati a dare avvio alle nostre proposte di preghiera e meditazione attraverso la lettura di un brano biblico, quindi di un testo. Oggi invece vi suggeriamo di entrare in preghiera partendo non da un testo scritto con l’inchiostro, ma con il colore e il pennello, dalla mano di uno dei più grandi artisti della storia: Caravaggio! Ringraziamo il giovane Mattia, studente di storia dell’arte all’università e giovane in ricerca vocazionale, per il suo contributo, che ospitiamo con orgoglio in questo spazio.
Buona lettura e buona preghiera a tutti!
fra Nico – franico@vocazionefrancescana.org

 

L’arte e l’incontro con Dio di Mattia

Ad ormai un anno dall’inizio della pandemia, mi rendo conto di quanti cambiamenti sono avvenuti, nel giro di poco tempo, all’interno della mia vita, nelle mie relazioni sociali, nelle azioni reputate naturali, ma oggi considerate invece preziose e non scontate. Ho e abbiamo assistito alla trasposizione di quest’ultime all’interno delle piattaforme informatiche, dalla visione reale di una persona, si è passati alla sua immagine virtuale veicolata attraverso le moderne tecnologie. Ho riflettuto su come l’arte sia uno di quei mezzi che al primo sguardo riescono già ad imprimere emozioni, sensazioni e suggestioni nel nostro animo creando figure, suoni e forme capaci di rimanere nella mente.

Quale mezzo più espressivo dell’arte è in grado di fare tutto questo? Ripensando alla mia esperienza mi chiedo: «quante volte davanti a un quadro o a un’altra opera, mi sono commosso per ciò che mi trasmetteva?». Per questo vorrei, infatti, partire nel raccontare la mia testimonianza proprio dalla grande passione che nutro verso quello sconfinato universo artistico, dalla pittura alla scultura, dall’architettura alla musica, specialmente quella sacra, poiché in esse ritrovo una straordinarietà unica, un dono che Dio ci ha fatto e che continua a regalarci una bellezza che è specchio opaco di quella bellezza eterna del Padre che, per dirlo alla Dostoevskij, «salverà il mondo», e io aggiungo, continuerà a salvarlo nel segno del Suo Amore incondizionato per noi! Da qui parte la mia esperienza, dal capire di essere un figlio amato dal Padre, di averLo accanto e sentirLo vicino in ogni situazione.

Arte e vocazione? Un’opera…

Quando penso alla vocazione all’interno dell’arte e a un’opera che ha segnato la mia ricerca vocazionale, una delle prime immagini che mi vengono in mente è senz’altro quella che Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, realizzò per la Cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei francesi a Roma. La chiamata in oggetto è quella di Matteo, il pubblicano che decide di seguire liberamente Cristo per diventare Suo apostolo.

Non voglio dilungarmi troppo nell’analizzare questa incredibile opera artistica, ma vorrei soffermarmi piuttosto su un altro quadro, meno conosciuto, ma altrettanto affascinante e incisivo che, per la mia esperienza, ha molti aspetti innovativi e per me molto toccanti. Si tratta di un’altra vocazione, quella dei primi apostoli, dei fratelli Simone (Pietro) e Andrea, dei pescatori che Gesù incontra e chiama sulle sponde del Lago di Tiberiade.

La spettacolarità del dipinto del Merisi è quindi quella di essere non solo una delle poche raffigurazioni dell’evento, ma anche, a mio avviso, una delle più veritiere rappresentazioni dei sentimenti umani dei protagonisti, di quei dubbi che provo anche io, di quelle ansie e paure che ognuno di noi quotidianamente si pone, chi in vista di una chiamata alla vita religiosa, chi di fronte a scelte per la sua personale vocazione nel mondo e nella società. Caravaggio, straordinariamente, enfatizza, mi fa immedesimare, non nel momento in cui Pietro e Andrea stanno ancora lavorando o hanno già seguito Cristo, ma nel lasso di tempo che intercorre tra i due, quando, titubanti e emozionati, chiedono «ma chiami proprio noi, ti vuoi veramente servire di due poveri pescatori?».

Lo sfondo

Curiosamente l’opera, datata tra il 1603 e il 1606, riproduce pochissimi dettagli che la fanno ricondurre all’episodio evangelico, nemmeno all’ambientazione, seppur non molto descritta, riportata da Matteo. Dal Vangelo di Matteo (Mt 4, 18-20): «18 Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19 E disse loro: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini". 20 Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono».

Osserviamo ora lo sfondo. È scarno, povero, essenziale possiamo dire, privo di qualsiasi riferimento esterno all’episodio evangelico, nulla riconduce al Lago di Tiberiade, anzi, mi sembra di essere al chiuso data la penombra retrostante. Forse l’artista voleva, in questo modo, proprio calare la scena nella nostra interiorità, nel nostro animo che troppo spesso è soggetto a continui riferimenti visivi. Il Merisi vuole liberare lo spazio, renderlo il più semplice possibile, affinché possiamo immedesimarci con i personaggi, rivivere la scena con sguardo attento e cuore aperto.

Le figure in primo piano e i gesti

In primo piano compaiono Simon Pietro e suo fratello Andrea. Il primo, avvolto in un mantello color ocra, è rivolto verso l’estrema destra dove, con occhi fissi e vividi, guarda un giovane Gesù. Ha appena lasciato il lavoro sulla barca tanto che, quasi affannato, tiene ancora nella mano destra due pesci, probabilmente uno storione e un «San Pietro» che quindi alluderebbero al suo futuro nome (Cèfa, Pietro) e alla sua chiamata a Principe degli Apostoli, capo della Chiesa di Cristo in terra. Il fratello di quest’ultimo, Andrea, è invece connotato da una lunga e folta barba mentre, con l’indice, punta la mano verso il Suo petto.

Sembra chiedersi «ma ti rivolgi a me?». Il gesto che compie Andrea l’ho provato anche io, tante volte, anche solo con il pensiero mi sono puntato il dito e mi sono chiesto se il Signore non si sbagliasse, ho messo le mani in avanti ponendo di fronte a Lui tutte le mie perplessità che in parte diventavano un peso sempre più grande. Tra l’altro, questa posizione dell’Apostolo risulta molto simile a quella che, nella Cappella Contarelli in San Luigi dei francesi a Roma, Matteo compie verso di sé assicurandosi che Cristo stia indicando lui. In questo particolare io percepisco una forte carica, è la prima cosa che viene in mente il chiedersi «perché io» e Gesù, quando sente la nostra disponibilità, non tarda a farci comprendere quale è la nostra direzione di vita.

Caravaggio, come in una sinfonia, cela, dietro gli arti superiori, dei significati ben precisi che rispecchiano la mia ricerca vocazionale. Se notiamo bene, vediamo che le mani dei due fratelli non sono pulite, anzi, sono grezze, dure, robuste, solcate e segnate dai calli per il duro lavoro, intrise dalla salsedine del mare. Anche i loro volti rispecchiano tale condizione, le lunghe barbe e le fronti corrugate enfatizzano la vecchiaia dei due personaggi. Perché Caravaggio si spinge così oltre? Perché dipinge Pietro e Andrea con un’età così tarda e distante da quella reale che potevano avere al momento dell’incontro con Gesù? Poiché il Merisi, reduce anche dall’esperienza personale, voleva mostrare la condizione umana di lavoro, ansia e paura che caratterizzava i due fratelli prima di vedere il Messia, che caratterizzava anche me quando non incontravo il Signore. Pietro e Andrea non avevano ancora gustato quell’acqua di salvezza che scaturisce dalla Parola di Cristo, quell’acqua che lava via ogni colpa e rende puri, felici e capaci di donarsi agli altri. Quante volte, con la scusa di essere preso da mille impegni, non dedicavo almeno una parte del mio tempo al Signore, mi sentivo distante da Lui e, quindi, stanco dentro, infelice, incapace di riprendere le forze per seguirlo. Capivo che tralasciavo qualcosa di essenziale per me, mi rendevo conto che così non andavo avanti, citando Pier Giorgio Frassati, vivacchiavo, sì, ma non vivevo!

Ma ecco che l’incontro con Lui, per i due apostoli fisicamente, per me tramite vari contatti e l’aver trovato il blog in internet, si manifesta, arriva. È il momento di «lasciare le reti». Cosa fare però? Grande domanda che mi sono posto. Il primo passo è stato quello di intensificare la preghiera, di parlare con il Signore anche solo mettendomici di fronte, in silenzio. Come il Merisi mostra, anche i due fratelli sono emozionati, quasi sconcertati. Non deve essere stato semplice per loro. I gesti di quest’ultimi evocano proprio questo: prima Pietro mostra un pugno ben chiuso quasi in segno di fermezza e del voler restare lì dov’è, poi, avvicinandoci al centro del quadro, apre la mano quasi affinché Gesù possa prenderla e guidarla, addirittura ricalca la forma di quella di Cristo stesso che indica un’altra via, quella della salvezza e sembra sussurrare quel «Venite e vedete» riportato nel Vangelo di Giovanni (Gv 1, 35-42).

Un movimento indotto

L’opera induce al movimento, è dinamica come ogni scelta! Certo, i due discepoli hanno un momento di esitazione come tutti, ma poi aprono la mano, si lasciano guidare, si affidano e confidano in Gesù. Anche per me è avvenuto questo. Dopo la tanta paura nel parlare di ciò che sentivo, prendendo coraggio, mi sono fatto avanti, mi sono affidato e continuo giorno dopo giorno a farlo, a sperare nel Padre che non ci abbandona ma custodisce amorevolmente nella Sua infinita Provvidenza e sicuro che, come scrive San Paolo (Rm 8,31-34), «… se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?». Ho iniziato quindi a prendere contatti con i frati e mi sono deciso nel saper ascoltare in primis cosa il Signore mi diceva in vari modi.

Non è stato semplice, però, capendo come Gesù mi è stato e continua a starmi accanto, ho fatto quel passo avanti, ho teso come Pietro la mia mano. Ecco dunque quanto occorra fidarsi, rischiare, buttarsi non in un baratro cieco ma in una luce d’Amore. Non è una perdita di tempo, anzi, è la scoperta che c’è, esiste quel qualcosa per cui anche io posso spendermi e dedicare la vita, il suo nome è Cristo! Il mio invito, carissimi giovani in ricerca, è dunque questo: fidatevi, fidatevi e fidatevi ancora, non temete di aprire le vostre mani alla carezza del Padre!

Una libertà interpellata

La vocazione tuttavia non è una chiamata imposta, bensì un invito libero che il Signore sussurra a noi. Anche nel quadro notiamo che il gesto di Cristo è semplice, è un indice rivolto verso un’altra direzione, non tocca direttamente i due discepoli ma basta quello sguardo, quegli occhi che chiedono «vuoi seguirmi?». La scena rimane sempre incentrata anche in quella mano di Pietro che, se seguiamo le direttrici spaziali sulle quali si imposta il dipinto, è al centro esatto del quadro, ad indicare la fondamentale importanza di quel gesto, di quella svolta che cambierà per sempre la vita dei due fratelli. Quella mano aperta, insieme al colore del mantello di Pietro, indica il cambiamento e invita tutti noi a riflettere.

Geniale, da parte di Caravaggio, è anche la scelta di contrapporre due reazioni all’invito di Gesù: quella della scelta convinta di seguirLo e poi quella del ripensamento. L’indice di Andrea, se messo in relazione con l’indice di Cristo, non indica solo l’accertarsi che la chiamata sia rivolta a noi, ma evidenzia anche la nostra tendenza, quella che è stata la mia, al tornare indietro, al chiedersi «ma proprio me dovevi chiamare, io, con i miei limiti e difetti?».
Sì, il Signore si serve di noi come siamo, non pone una competizione per poterlo seguire, utilizza i nostri doni e talenti perché possano veramente essere dei semi pronti a germogliare nel servizio ai fratelli.

Se notiamo, infatti, i due Apostoli non si presentano già pronti e sistemati quando Gesù gli invita, restano come sono, mi ricordo come anche io quando ho iniziato a sentire il Suo invito, non ero e non sono certamente perfetto. Pietro, addirittura, tiene ancora i pesci in mano. Cristo non li vuole sradicare completamente da ciò che facevano prima, ma converte quel loro pescare i pesci, nel cercare e aiutare gli uomini, nel riunirli insieme in una «rete» d’Amore che tesserà la loro vita nella luce della salvezza. 

«19 E disse loro: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini"». (Mt 4, 19). 
Queste parole di Gesù, per me, rivestono tanta importanza. Anche io prima di iniziare il gruppo San Damiano avevo tanta paura di non essere all’altezza, ero titubante, mi chiedevo anch’io, come Pietro, se bastavo per così com’ero. Ecco che però ho sentito il bisogno di abbandonarmi come i primi Apostoli alla Sua volontà.  In quel momento mi venne in mente una frase del venerabile papa Giovanni Paolo I: «Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri». Egli, contraddistinto da un’evangelica e santa umiltà, come successore di Pietro, si affidò al Signore con tutto sé stesso, convinto che Dio opera in noi servendosi di tutto ciò che possiamo offrire per donare la vita nel servizio, nella cura e nella vicinanza ai fratelli. Mi sono detto, quanto è vera questa frase e quanto parla alla mia vita!

Simboli di una vita nuova

Infine vorrei soffermarmi su un altro aspetto meraviglioso dell’opera. Se guardiamo con attenzione, i pesci di Pietro e la fascia bianca (che risalta tra gli abiti di Gesù) sono altri due simboli molto efficaci e geniali. I pesci, come nella tradizione pittorica più antica, rimandano alla moltiplicazione dei pani. Il bianco della fascia di Gesù rimanda a quel lenzuolo bianco della Passione, al sudario posto sul corpo di Cristo e ritrovato nel sepolcro il giorno di Pasqua da Giovanni e Pietro. Caravaggio non mette a caso questi simboli, ma li relaziona tra loro. Dai pesci di Pietro e Andrea, dal diventare «pescatori di uomini», scaturisce la nuova vita, una vita nella luce della Resurrezione, un’esistenza piena, perché ritrovata e vissuta alla sequela di Gesù Risorto!

Carissimi giovani in ricerca, il mio augurio è proprio questo: fidatevi, seguite e vivete nella consapevolezza che Dio Padre ci ama infinitamente e per noi riserva sempre e solo il bene. Se Egli susurra questo invito, non abbiate paura di seguirLo, confidate in Lui! Che quei pesci e quelle reti possano diventare la chiave per aprire il nostro cuore all’Amore. Presentiamoci anche noi come i primi discepoli così come siamo, spendiamo la nostra vita per gli altri, usiamola, doniamola per servire i fratelli nella gioia, nella letizia e nella fraternità! Tendiamo la mano, anzi, apriamola a Colui che ce la prenderà con cura di Padre e dirà «Vuoi seguirmi?».

Mattia, 20 anni, Rovigo – info@vocazionefrancescana.org

Data di aggiornamento: 28 Gennaio 2022
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