E tu, sai ancora sognare?

Da cosa dipende la nostra capacità di ricordare o meno i sogni? Ha cercato di fare luce sul tema un esperimento condotto da un gruppo di ricercatori italiani, che fanno capo alla Scuola IMT per gli Alti Studi di Lucca.
31 Agosto 2025 | di

Dall’Antico Testamento agli albori della psicanalisi, i sogni hanno sempre incuriosito, affascinato, interrogato gli esseri umani. L’esperienza onirica ha sempre spinto l’umanità a chiedersi che significato potessero avere quelle immagini o quelle voci: un modo per la divinità o per i defunti di mandarci messaggi o, più prosaicamente, numeri da giocare al lotto? O invece una sorta di valvola di sfogo per i nostri desideri inconsci, o un modo per accedere a fatti rimossi dalla nostra memoria? Da molti decenni ormai la natura del sonno si indaga in maniera più scientifica, grazie a strumenti che ci hanno permesso di individuare le diverse fasi in cui si compone questo prezioso tempo di riposo fisico e di rielaborazione dell’attività cerebrale. La ricerca però ancora non è in grado di dirci con esattezza perché sogniamo, né perché alcuni credano di non farlo, dal momento che non ricordano mai queste esperienze notturne.

Per cercare di fare chiarezza su questo punto e indagare le differenze individuali sulla capacità di ricordare i sogni, un gruppo di ricercatori italiani, che fanno capo alla Scuola IMT per gli Alti Studi di Lucca, ha messo a punto un ampio e ben congegnato esperimento. In un tempo complessivo di quattro anni, hanno coinvolto, per un paio di settimane, circa 200 adulti sani. A tutti è stato chiesto di indossare durante la notte un apparecchio che serviva a documentare movimenti, durata e qualità del sonno e poi subito la mattina di registrare a voce il tipo di esperienza che ricordavano di aver avuto subito prima di svegliarsi. Non solo sogni veri e propri, di cui rammentavano il contenuto, ma anche quelli che sapevano di aver avuto, ma di cui era già sfuggita la natura, detti «sogni bianchi», così come i casi in cui i partecipanti non ricordavano nulla. Un sottogruppo di volontari è stato poi dotato di uno strumento portatile che consentiva di effettuare anche un elettroencefalogramma durante il sonno. Tutti sono stati sottoposti a un questionario generale prima dell’esperimento, in cui si misurava il loro livello di ansia, si chiedeva loro come percepissero la qualità del loro sonno, se fossero più nottambuli o più mattinieri, se durante il giorno tendevano a lasciar vagare la mente e quale fosse la loro attitudine verso i sogni (per esempio, se pensavano che avessero un significato o fossero una produzione del tutto casuale da parte del cervello). Dopo i 15 giorni dell’esperimento, veniva chiesto loro di effettuare una batteria di test cognitivi, relativi soprattutto ai diversi tipi di memoria.

Chi ai test risultava più suscettibile alle fonti di distrazione è risultato più facilmente capace di ricordare il contenuto dei sogni, così come i più giovani. Invece sapere al risveglio di aver sognato qualcosa non è sembrato dipendere dall’età, né dal sesso, ma da un sonno più lungo e leggero, dalla tendenza ad attribuire maggiore importanza all’esperienza onirica e dall’abitudine, anche durante il giorno, di sognare più facilmente a occhi aperti.

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Data di aggiornamento: 31 Agosto 2025

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