Falsi profeti
Di chi possiamo fidarci? La storia degli uomini è piuttosto infestata di falsi profeti e sia l’Antico che il Nuovo Testamento se ne occupano in più luoghi e in tempi diversi. Vuol dire che affidarsi a falsi profeti è un rischio frequente e che è il caso di stare molto attenti.
La saggezza popolare è piuttosto tagliente su questo punto e più che dare consigli sui criteri da seguire per orientarci, ci istiga alla resa: «Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio». Una massima che è in sé piuttosto contraddittoria se ci si pensa. Come si fa a dire che è migliore l’esatto contrario di una cosa che abbiamo appena dichiarato essere un bene? Non ci sogniamo nemmeno di dire «salvare un bambino in pericolo è bene, non salvarlo è meglio», oppure «amare è bene, non amare è meglio».
Ma la sapienza popolare più che teorie raccoglie distillati di esperienza, e questa massima racconta che gli uomini e le donne hanno un assoluto e naturale bisogno di fidarsi, e però capita, spesso, che la fiducia sia tradita, mal riposta. Che chi si presenta sotto il segno della luce in realtà poi si riveli menzognero e truffatore. Tra tanti libri dell’Antico Testamento in cui se ne parla, in Geremia si trova un doppio avvertimento molto particolare: «Essi curano la ferita del mio popolo, ma solo alla leggera, dicendo: Bene, bene! Ma bene non va» (Ger 6, 13-15, ripetuto in 8,10-11). In un’altra traduzione troviamo: «Va tutto bene e invece non va bene niente». I falsi profeti sono falsi ottimisti. Illudono le persone. «Alla leggera» è straordinario. Vuol dire che non riconoscono la fatica del mondo e spacciano risposte semplici a problemi complessi «e non si vergognano affatto, non sanno neppure arrossire» (Ger 6,15 e 8,12).
Non è facile vivere, e bisogna dirlo. Da soli è ancora più difficile, e infatti i veri profeti dicono che si può vivere se Dio è con noi, se insieme ascoltiamo la sua voce. Ma i falsi profeti sono abilissimi e si spacciano per Dio: «Vanno dicendo: Così parla il Signore, mentre invece il Signore non ha parlato» (Ez 22,28) perché in realtà «profetizzano secondo i propri desideri» (Ez 13,1). Anche questo è strepitoso. Si impossessano della parola di Dio per i propri scopi. Dicono di credere, usano la fede, perché non si può non credere a niente, perché credere gli uni negli altri e, per chi lo incontra nel mistero della sua vita, credere in Dio, è parte costitutiva di noi, ed è facile, ahimè, ingannare quando l’inganno corrisponde al desiderio più vero che abbiamo.
L’Angelo viene a Maria da una promessa e il suo annuncio contiene una promessa, che Maria liberamente accoglie, dopo aver liberamente obiettato con una dichiarazione di realtà: «Com’è possibile, non conosco uomo», ma riconoscendo nella risposta dell’Angelo esattamente la storia della fiducia da cui il popolo ebraico era nato. Ecco è questo. Possiamo fidarci di Dio e da questa fiducia ben riposta, perché le promesse Dio le ha mantenute, fino a quella che la morte non è l’ultima parola, possiamo dentro di noi trovare quel punto di luce, quella sapienza che ci fa riconoscere i falsi profeti.
Comunque il Vangelo una sintesi piuttosto decisa ce la dà: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la legge e i profeti» (Mt 7,12). E nessuno, davvero nessuno di noi vuole essere respinto, allontanato per motivi di decoro, deportato, aggredito per motivi di genere o provenienza. Nessuno vuole essere insultato o lasciato morire. Alla fine non si può chiamare cristiano quello che è il suo contrario. Tutto qui.
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