Fede, questione di relazione
«Caro direttore, con molto interesse ho letto il suo editoriale titolato “Tutti nasciamo poveri”. In verità, si nasce nudi, ma non sempre poveri. Inoltre, penso sarebbe opportuno far menzione del quarto abito, cioè quello della fede, forse il più importante di tutti, perché ci permette l’avvicinamento all’universo e al Signore».
Lettera firmata
Ringraziamo il gentile lettore per la sua riflessione e i suoi spunti. Quanto afferma invita anzitutto a riflettere sull’ambiguità che spesso è presente nelle parole che usiamo, specialmente quando sono espresse in formule sintetiche, come può essere un titolo o uno slogan. In questi casi, tentiamo di dire un concetto in poco spazio e ciò comporta una forzatura, che può suggerire un’interpretazione diversa da quella che l’autore intendeva. Nell’editoriale di dicembre, si parla della nascita come «esperienza di povertà», nel senso che in quel momento siamo bisognosi di tutto, totalmente dipendenti dalle cure degli altri. Nel testo non si parla di persone che nascono «povere», termine che può essere giustamente riferito alla condizione economica e sociale in cui si trovano nel venire al mondo; non è in questo senso che si è utilizzata l’espressione «esperienza di povertà».
Molto interessante è la sua proposta di un quarto abito, la fede. In realtà, credo che questo possa essere inserito all’interno dell’abito relazionale, pur avendo una sua specificità. Nel riferirci alle relazioni, un elemento che si era sottolineato è la fiducia, cioè la capacità di fidarci. Aspetto basilare della fiducia è ritenere vere le cose che mi vengono dette: quando dialogo con un mio amico, suppongo che sia sincero, che mi dica le cose come stanno. Un altro aspetto è reputare l’altro capace di fare una certa cosa: parliamo del «meccanico di fiducia», perché lo riteniamo abile nel riparare le auto. Un terzo aspetto, più impegnativo, è quello delle scelte personali che facciamo, specialmente nella relazione con gli altri: ad esempio, il fidanzamento è un percorso di fiducia reciproca, nel quale ci si mette in gioco a partire da alcuni segni promettenti.
Ci sono sicuramente anche altri aspetti, ma possiamo riconoscere che la fede condivide questi elementi, in quanto si tratta della relazione di fiducia con Dio. Credo in Dio perché ritengo vera la sua parola, ma ancor di più perché lo reputo capace di fare qualcosa per me (soprattutto amare e perdonare). Alla fine, però, la fede si misura con le mie scelte personali: su che cosa sto costruendo la mia vita? Sulla roccia del Signore o sulla sabbia della mia autoaffermazione? Illuminante, riguardo a questo tema, è il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei, che offre la testimonianza di diversi personaggi biblici, di ciò che per fede hanno compiuto. La fede non è tanto una questione di pensieri e parole, ma soprattutto un modo concreto di vivere con il quale mostro che Dio è il Signore della mia esistenza.
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