26 Novembre 2025

Figli: dono e mistero

Crescere un figlio assomiglia a un’opera d’arte, in cui l’artista fa emergere una bellezza che precede l’opera stessa. È un orizzonte in cui non si è mai acquietati, mai arrivati, in cui il cambiamento, l’imprevisto la fanno da padroni.
Figli: dono e mistero

© Mary Long / Getty Images

«Ho letto con interesse l’articolo di Giulia Cananzi sul “Messaggero di sant’Antonio” di settembre: un’analisi chiara delle difficoltà dell’essere genitori oggi e alcune piste per un cambiamento. Sulla base della mia semplice esperienza (sono mamma di cinque figli, nati in sette anni, e oggi nonna di nove nipoti) vorrei proporre alcune riflessioni. Quando sono diventata mamma, mi veniva naturale dire “ho avuto un figlio” e così si diceva comunemente. Passati alcuni anni, mi sono accorta che pian piano si è iniziato a dire “ho fatto” un figlio.

Da questo ho capito che qualcosa di molto profondo stava cambiando nello sguardo dei genitori verso i propri figli o sul diventare genitori. “Ho avuto un figlio” per me vuol dire che il figlio è sì mio, perché fatto dall’amore e dall’unione di mamma e papà, ma questa è solo una parte della realtà: il cuore di questa esperienza è che, in verità, mio figlio è un dono, è altro da me, non è del tutto mio, mi è stato affidato (e capisco san Giuseppe, padre putativo) perché lo custodisca con rispetto come tesoro prezioso.

Pian piano ho constatato che per me mio figlio era un mistero: viene da noi, in lui ci riconosciamo, ma è qualcosa di inedito, insomma una sorpresa! Quindi il mio desiderio è stato scoprire giorno per giorno questa sorpresa, mettermi al suo servizio per far venir fuori la sua personalità che magari smentiva le mie aspettative, avere fiducia nella sua originalità. Ho dovuto mettermi in gioco per quella che ero e che sono, ho imparato ad avere fiducia che, se questo bimbo è stato dato a me, vuol dire che sono al posto giusto, sono per lui la mamma giusta. E questo nonostante e grazie a tutti i miei limiti, che mi pesano, ci intralciano, che lui mi sbatte in faccia facendomi un servizio di verità che per altre strade non sarei riuscita ad accettare.

Ho scoperto quindi di avere una gran responsabilità, ma pur sempre limitata, perché questo figlio non l’ho “fatto io” – ecco la trappola –: eccede tutti i miei progetti educativi, così a volte mi spiazza, scuote il mio mondo e le mie certezze. Capisco l’ansia dei genitori di oggi: fare di un figlio un uomo supera le capacità umane, se per figlio intendiamo il prodotto più o meno ben riuscito dei nostri sforzi. Crescere un figlio assomiglia di più all’opera d’arte, in cui l’artista fa emergere una bellezza che precede l’opera stessa. È un orizzonte in cui non si è mai acquietati, mai arrivati, in cui il cambiamento, l’imprevisto la fanno da padroni: per me l’esperienza più bella della vita».

Serena, abbonata da molto al «Messaggero di sant’Antonio»

La condivisione che Serena ci ha proposto offre un bello spunto su due sguardi diversi nei confronti dei figli. Una madre, che porta in grembo il figlio e lo cura in tutto quando è neonato, sa cosa significa dare la vita a qualcuno; tuttavia, questo legame così forte ha bisogno di diventare una giusta relazione. Chiaramente un neonato ha bisogno di tutto e per i primi tempi dipende in ogni cosa dalla madre, soprattutto. Ma è anche altro da lei, è una persona diversa che ha la propria autonomia, è unico e irripetibile. I genitori accompagnano la crescita insegnandogli come vivere: sicuramente hanno una parte decisiva nella formazione del figlio, ma non sono tutto. Né il figlio può essere tutto per loro, altrimenti rischia di diventare un idolo… e allora si vive nel tentativo di «produrlo» con i propri sforzi, come diceva la signora. Lasciare la presa è difficile – perché in fondo vorremmo sempre un po’ avere il controllo sui figli – ma è necessario perché davvero emerga quell’opera d’arte, che è insieme dono e mistero. 

Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»! 

Data di aggiornamento: 26 Novembre 2025
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