Genitori al tempo della performance (III^ parte)
Come farsi aiutare
Trovare un aiuto tra le mille proposte dei territori e i mille Soloni dell’educazione, però, è difficile. Secondo quali criteri bisogna valutare? «Innanzitutto, partire dall’idea che un problema complesso non può avere risposte semplici e veloci, né risposte che vanno bene per tutti – riassume Lucangeli –. Eviterei tutte le progettualità che si basano sulla critica dei genitori, perché rischiano di suscitare reazioni incontrollate, e tutte quelle che definiscono come debba essere un genitore e quali regole debba seguire, perché la realtà è troppo complessa per essere cristallizzata in formule. Consiglierei di cercare invece quelle esperienze che consentano innanzitutto di capire come si è adulti in questa epoca del mondo e, poi, come si è padri e madri consapevoli in questa epoca del mondo. E quindi invece di una mindfulness ci sarebbe bisogno di una parentalfullness, cioè di un percorso che consenta di diventare genitori in pienezza di sé».
Sembra più facile a dirsi che a farsi. Lo stress, la performance, le mille richieste della società, i tempi stretti non spariscono neppure con la consapevolezza. «L’ideale sarebbe iniziare a formarsi quando si decide di diventare genitori, perché è un cambiamento d’identità. Un processo che richiede pazienza e tempo e che non si risolve “in dieci semplici lezioni”. Le progettualità dei territori che fanno questo tipo di esperienze – che sono tantissime e non necessariamente cliniche – sono un accompagnamento al tempo del vivere. Non ti dicono che genitore devi essere ma ti aiutano a trovare le tue modalità di essere genitore in un dato contesto, quindi all’interno della complessità in cui viviamo oggi. Fuori da queste esperienze collettive, nessuno ti aiuta a riflettere su che madre o padre vuoi essere per questa creatura, in questo dato momento. Ci vuole una pazienza di maturazione che oggi la società non asseconda, mentre persino per far maturare le ciliegie ci vuole un anno».
Che cosa può succedere se questa maturazione genitoriale non avviene? «Faccio un esempio – risponde Lucangeli –. Dopo il periodo del figlio re, a un certo punto, il bambino delizioso a cui sei abituata, altera il suo umore, diventa uno sconosciuto che non sei più in grado di gestire. Non sai cosa fare, perché, risucchiata dalla performance fino a quel momento, non ti sei mai presa il tempo per la consapevolezza di te e per imparare a modulare il tuo di umore. E così non sai più gestire la complessità emozionale e affettiva di un altro umano. A questo punto ti dai la colpa di tutto e corri ai ripari, o almeno così pensi. E quindi cerchi le soluzioni che ti sembrano migliori, a problema scoppiato. Incominci a mettere regole e paletti mai visti prima, a inserire il latino e l’atletica, ad arginare l’arginabile. Ma il risultato è che metti sotto assedio tuo figlio, un cambiamento per lui incomprensibile, visto che è stato re fino all’altro giorno, e che lo soffoca. E così, reagendo d’emergenza, cuci la toppa sul vecchio vestito ma cucendo la toppa rompi il vestito».
Per arginare questi corto circuiti pericolosi è importante sapere come matura un bambino: «Devi conoscere cosa aspettarti da tuo figlio in ogni fase della sua vita, perché lo devi prevenire, devi comprendere i suoi tempi del cambiamento. Essere genitore di un bambino di 6 anni è totalmente diverso da esserlo di uno di 12. Ma soprattutto devi porti un obiettivo da perseguire costantemente: io da madre come voglio accompagnare questo mio figlio? Come voglio essere madre nella sua memoria? Magari posso accettare che mi trovi debole in alcune cose, per esempio non sono una grande cuoca, né posso accompagnarlo a calcio, ma voglio, invece, che viva come forza la mia attenzione a come si sente, a cosa ha bisogno in qualsiasi momento».
Per un’altra madre e un altro figlio potrebbe essere diverso: «Magari proprio il cibo, preparato con amore, diventa la cura che nutre anche la sua anima». Al fondo di tutto c’è una questione d’identità: «Sono un genitore consapevole nella misura in cui ho preso coscienza di chi sono io. È per questo che è sempre più urgente per il bene dei bambini aiutare gli adulti a capire come si è adulti in questa epoca del mondo».
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