Giocattoli dal passato

Compagni di divertimento, ma anche di crescita, i giocattoli rispecchiano da sempre la società e le sue evoluzioni. Per questo non vanno mai davvero in pensione. Una mostra al Castello Piccolomini di Celano (AQ) spiega perché.
04 Settembre 2020 | di

Lala non sopporta che le tolgano il ciuccio dalla bocca. Appena questo accade, la piccola scoppia a piangere e in un attimo lacrime vere rigano quel simpatico visetto di plastica. È una bambola del 2020, Lala. Una delle tante che oggi si acquistano online o nei (pochi) negozi di giocattoli rimasti. Con tratti da caricatura e vagiti spacca timpani, Lala ha già conquistato migliaia di bambine. Ma già cento anni fa le sue antenate sortivano più o meno lo stesso effetto. Anche se non piangevano e non gridavano. Anche se i loro occhi erano più piccoli e la pelle in porcellana molto più fragile.

Tutto merito della magia del giocattolo. Uno strumento evergreen di crescita, ma anche uno specchio dei tempi che furono, che sono e che saranno. S’inserisce proprio in questo flusso temporale-narrativo la mostra «Plaisirs & jeux. Giocattoli dall’antichità agli anni ’50» al Castello Piccolomini di Celano (AQ) fino al 15 ottobre. Inaugurata nel 2017 a Chieti, e proseguita poi a Lanciano e a Pescara, questa mostra itinerante – curata da Lucia Arbace e Mariangela de Crecchio – riporta alla luce circa 180 oggetti legati al gioco e al mondo dell’infanzia. 

La selezione comprende pezzi made in Italy e non, tutti prestati da collezionisti abruzzesi. Si spazia dalle trottole alle bamboline snodabili, dai fischietti al gioco del cerchio e del bastone. «Sia l’oggetto più nobile che quello di minor pregio raccontano il quotidiano della piccola età che li viveva, tra gesti ripetuti di affezione e di cura – spiega Mariangela de Crecchio, maestra di scuola primaria e collezionista a sua volta di oggetti per l’infanzia –. I giocattoli e i libri sono veri e propri abitacoli della tenera età, tassello imprescindibile per lo svolgersi di una vita intera».

Non a caso gli antichi, dai greci agli etruschi, seppellivano i piccoli morti insieme con i loro giochi. La prima sezione (fotografica) della mostra è dedicata proprio a quei reperti di scavo, indispensabili compagni di vita e di morte. Molti secoli dopo, tocca ai giochi da tavolo, alle riviste per ragazzi e agli arredi in miniatura. Tante tipologie, un unico filo conduttore: la letteratura per l’infanzia. «La strategia della memoria – continua de Crecchio – agisce attraverso un percorso narrativo che attinge saperi da una preziosa letteratura che l’ha registrata: dai racconti di Finamore, De Nino e Pansa, alle riflessioni di Paola Lombroso. Dai “breviari delle buone maniere”, alla prosa sensuale di Jean Paul ne La sposa di legno fino a quella eccentrica di Tommaso Landolfi ne La moglie di Gogol. E ancora: dalle riviste per signorine del primo Novecento, ad esempio Cordelia, ai settimanali per giovani degli anni ’50, come Lo scolaro e Vera vita». 

In linea con questo taglio narrativo, il titolo della mostra riprende quello di un libro edito a Parigi nel 1900: Plaisirs & jeux di Gaston Vuiller. Il volume occupa un posto d’onore a Castel Piccolomini. Come pure un’altra lettura: La leggenda d’oro di Mollichina, scritta da Camille Mallarmé e illustrata da Duilio Cambellotti (Rocco Carabba Editore, 1915). «È la storia di una viaggiatrice che, accompagnata dal gatto Chiaro di luna, dal fratellino Gran di Sale e dal fido Pinocchio, incontra gli abitanti delle fiabe, delle leggende e dei racconti agiografici a lei più cari – chiosa la curatrice –. E, così facendo, traccia i sentieri di una narrazione densa di sottotrame, liberata dal continuo rimescolamento delle parti». 

Circolare come la vita

Proprio come Mollichina, anche i visitatori del Castello Piccolomini intraprendono un percorso variegato e circolare. Lungo la strada li attendono: un Pinocchio in legno del 1920, macchinine di latta, bambole in porcellana bisquit, mazzi di carte da gioco e un trenino elettrico Rivarossi del 1958. Dai trasporti all’industria cinematografica il passo è breve. Accostata a un proiettore anni ’50, ecco la lanterna magica, strumento composto da una scatola, una lente e una candela, utilizzato a partire dal XVII secolo per proiettare immagini alle pareti.

La vita è uno spettacolo, sembra suggerire il teatrino da camera d’inizio ’900 esposto assieme ai suoi burattini. Ma la vita è anche un cerchio, una strada che, tra alti e bassi, riporta sempre al punto di partenza. Nessun oggetto come il gioco dell’oca rende meglio l’idea. In mostra a Celano ci sono diversi esemplari sotto teca e molte varianti «a spirale». Che si tratti del gioco dell’oca, della civetta, della barca o dell’arlecchino, ciò che conta è la circolarità, le pause, gli ostacoli e le spinte propulsive che ognuno di questi «mondi in miniatura» regala al fruitore.

«Tutti questi giochi da tavolo evocano il gioco della vita e, dunque, in un certo senso insegnano a vivere» spiega Mariangela de Crecchio. Non è un caso che si siano modificati in base alle epoche. È proprio questa loro plasticità a renderli «eterni». Basti pensare come dietro al gioco della croce (ispirato alla via crucis) ci sia, in real­tà, la stessa struttura del gioco dell’oca. Ricetta che vince non si cambia. 

Riciclo e istruzione

Una sezione particolarmente curiosa della mostra al Castello Piccolomini è dedicata ai giocattoli artigianali di riciclo. Ambasciatore di questa tradizione abruzzese è Otello Rapini. Ogni sera questo artigiano usciva per le strade di Lanciano con un carretto, e i figli al seguito, in cerca di oggetti usati da trasformare. Nelle sue abili mani barattoli di latta diventavano, così, piattini per suonatori, carriole, pupazzetti e quant’altro la fantasia gli consigliava. 

Oltre che riciclati, c’è stato un tempo in cui i giocattoli erano anche istruttivi. Qualche esempio? Il puzzle a dadi illustrati, la tombola geografica, numerica o zoologica. Senza scordare il meccano, gioco di costruzione che richiedeva al bambino di applicarsi, collegando pensiero e azione. «Oggi purtroppo quella tipologia di giochi è sempre più rara – riflette la maestra de Crecchio –. Anche se il tema dell’assemblamento, come pure quello della progressione, si ritrovano spesso nei videogame, ciò che manca davvero nei giochi contemporanei è l’esperienza che stimola la mente, il “fare concreto” che alimenta la capacità logica». Una lacuna davvero pericolosa in fase di crescita, specie se associata all’impazienza. «I giovani non sono più abituati alla noia» conferma la curatrice. In una società frenetica e spesso insoddisfatta, la riscoperta di «vecchi cimeli» portatori di storia e valori può, dunque, aiutare ad aggiustare il tiro. 

«L’obiettivo ora è esportare la mostra di Celano in altre località italiane, rendendola sempre più ricca e connessa alle scuole» precisa Mariangela de Crecchio. E magari impreziosendola anche con qualche nuova perla… L’archivio di Stato di Chieti custodisce forse il più antico gioco dell’oca. Si tratta di una stampa del 1748 trovata nella coperta di un protocollo notarile di Bolognano. «Finora – conclude de Crecchio – non siamo riusciti a ottenere il prestito, ma abbiamo intenzione di continuare a insistere». E chissà che questa volta l’impresa si riveli – è proprio il caso di dirlo – un gioco da ragazzi!

 

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Data di aggiornamento: 04 Settembre 2020
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