I cuochi dell’Osteria della Gioia
Il re dei risotti all’Osteria della Gioia è un ragazzone di 40 anni e di 170 chili: «È l’unico in grado di cucinare a puntino un risotto per cinquanta persone. Ci vuole fisico, oltre che passione». Ride Alberto Roccato, presidente dell’associazione «Gli Amici di Elena», di Rovigo, organizzazione di volontariato che si occupa dell’integrazione di persone disabili. Il re dei risotti è uno dei venti tra adulti e ragazzi disabili coinvolti in un progetto di «formazione culinaria», a cui partecipa anche Caritas sant’Antonio: un progetto che mira a facilitare l’autonomia personale, creando al contempo professionalità da inserire in lavori protetti. L’associazione è nata nel 2006 come costola di un’altra associazione, l’Unisport, che però, avendo solo una natura sportiva, non permetteva ai volontari di fare progetti in altri ambiti, mentre i ragazzi avevano tanti bisogni diversi: «Abbiamo chiamato la nuova associazione “Gli amici di Elena”, perché proprio in quel periodo era morta prematuramente una ragazza seguita da Unisport, che ogni volta che entrava in palestra diceva: “Parola d’ordine: divertirsi”». Una frase, diventata motto, che ben descrive il modo di lavorare dei volontari accanto alle persone disabili.
L’idea dell’Osteria della Gioia nasce quasi per caso: «Avevo trascorso alcune vacanze con i ragazzi – racconta Alberto – e mi ero reso conto che non avevano alcuna autonomia, specie nel cibo. Che cosa avrebbero fatto se per qualche ragione nessuno avesse potuto cucinare per loro?». Da qui l’idea di creare un progetto mirato «per cucinare una pastasciutta senza danni». In un appartamento di proprietà dell’associazione, i volontari iniziano a riunire un paio di volte alla settimana i ragazzi in cucina. Si fa insieme un piano di battaglia: che cosa cuciniamo? Che ingredienti servono? E poi via all’«operazione pastasciutta»: chi va a fare la spesa, chi si arma di pentole e padelle. E poi tutti ai fornelli appassionatamente. L’apoteosi è l’assaggio, la gioia di gustare ciò che si è fatto insieme. La «gioia», appunto. Ce n’è abbastanza per un sogno in più, un’osteria più che un ristorante, ruspante abbastanza da garantire ai ragazzi la libertà di essere se stessi: «Ci siamo accorti che alcuni ragazzi mettevano l’anima in quello che facevano, concentrazione massima, voglia di riuscire e gran divertimento. Perché non pensare a un progetto ad hoc?».
L’Osteria della Gioia nasce da questa intuizione e da un contesto accogliente. «Il comune di Villanova del Ghebbo (RO) ci ha da sempre adottato, vedendoci come una parte importante dell’animazione sociale e culturale del paese. Nel 2016 ci assegna la metà dell’ex scuola media e, poi, con un finanziamento, paga la ristrutturazione più pesante». Mentre si aspettano i locali, il progetto viaggia a gonfie vele: prima la collaborazione con l’istituto alberghiero «Cipriani» di Adria, poi un imprenditore di Rovigo mette a disposizione un giorno alla settimana la sua Chef Academy, dove ragazzi e volontari, incorniciati da vaporosi cappelli da cuoco, sembrano i concorrenti di MasterChef. Intanto, ad aprile 2021, finita la ristrutturazione, manca l’ultimo miglio. Ed è a questo punto che interviene Caritas sant’Antonio, donando impianti per la cucina, attrezzature, mobili per la sala, divise e persino l’insegna esterna, per un totale di 30 mila euro.
Tutto è pronto per accendere i led e aprire i battenti: «Siamo operativi da ottobre – spiega Alberto –, per ora solo su prenotazione, anche se siamo già in grado di fare catering. I clienti sono molto impressionati dai ragazzi, seri nel lavoro, affettuosi, originali e disarmanti nella loro immediatezza. Di recente una nostra ragazza ha fatto notare a una cliente che non si dovrebbe usare il cellulare a tavola, men che meno poggiarlo sul tovagliolo. Un bagno di verità, che fa bene a tutti». Ma anche per i ragazzi è un’esperienza che cambia la vita: «Per la prima volta non sono coloro che ricevono, ma coloro che danno. Un capovolgimento del modo di percepirsi, che aumenta la dignità e aiuta l’indipendenza». Esperienza ineguagliabile anche per i volontari: «Lavorano fianco a fianco, alla pari con i ragazzi disabili. L’unica differenza è che devono vegliare sulla loro sicurezza, salvo poi venire rimbrottati da qualcuno dei ragazzi per non essere stati del tutto ligi alle regole». Non è facile, ammette il signor Alberto: «Sono ragazzi che hanno tanti bisogni. Eppure di una cosa sono sicuro, che dopo mia moglie e i miei figli sono le persone che in assoluto mi vogliono più bene al mondo. Una gioia che non ha prezzo».
Segui il progetto su www.caritasantoniana.org
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