Il figlio unico
Lo status tipico dell’infanzia è la cucciolata: far parte di un insieme di fratelli e sorelle e vivere, come avviene per tutti i mammiferi, un apprendimento condiviso nel gioco e nelle esperienze di scoperta che sono indispensabili per farcela nella vita. Ma negli ultimi anni, il figlio unico si è imposto nelle famiglie italiane e non solo. In Cina, per tanti decenni, il governo lo rese addirittura d’obbligo come misura di contenimento delle nascite. I motivi della scelta dei genitori sono tutti validi: «Eravamo troppo grandi e non ce la siamo sentita», «Il parto è andato male e non volevo ripetere un’esperienza così devastante», «Abbiamo avuto paura che si creasse gelosia con il bambino già nato», «Stavamo bene così e non abbiamo voluto rischiare di compromettere la tranquillità raggiunta», «Lavora solo mio marito e temevamo di non poter sostenere economicamente una famiglia più grande».
Mi scrive Matilde: «Sono una mamma di quasi 45 anni con un figlio di 4, desiderato, voluto e messo al mondo senza pensarci. Vorrei un altro figlio, perché penso che Giacomo un giorno resterà solo. Ma fisicamente mi peserebbe e ho paura che qualcosa possa andare storto. Io e mio marito viviamo su un’altalena. Lo so che la felicità non è data dall’avere fratelli o meno, ma se non lo faccio mi sento in colpa. Allo stesso tempo so anche che non si fanno nuovi figli per fare compagnia a quelli vecchi. È così brutto essere figli unici?».
Va subito detto che il figlio più difficile da gestire è quello unico, che va educato e cresciuto come se in realtà non fosse «unico», evitando che si sviluppi verso di lui un’esclusività che diventa servizievolezza o eccessiva protezione. In caso contrario, si rischia di ritrovarsi con un «bambino tirannico». In realtà, in genere i figli unici sono molto socievoli, perché hanno bisogno di stare con i coetanei. I genitori devono aiutarli con molta determinazione: sport, asilo nido, scuola dell’infanzia, giochi condivisi con altri bambini, festicciole, pigiama party… Ogni occasione deve essere buona per fare esperienze assieme agli altri. Nel gruppo, sono preziosi compagni di gioco e di avventure.
Bisogna poi che i genitori stiano molto attenti a non proiettare sul figlio unico tutte le proprie aspettative. Come se quest’unico figlio dovesse rispondere ai desideri – consci e inconsci – di papà, mamma, nonni e «parentado». Sul piano emotivo, infatti, ciò risulta molto pesante per un bambino. E finisce che egli si ribella adottando comportamenti inadeguati, provocatori e trasgressivi, specie nell’adolescenza.I figli unici, dunque, vanno educati e cresciuti come tutti gli altri. Non hanno nulla di diverso a meno che non siano i genitori stessi a vederli tali.
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