Il giro del mondo nell’Antropocene
Come evolverà la geografia nell’Antropocene, epoca geologica in cui l’uomo ha iniziato a impattare in modo rilevante sulla Terra? Il libro propone tre «giri del mondo» per scoprirlo.
Il primo riprende l’impresa de Il giro del mondo in ottanta giorni di Verne, attraverso un tour attorno alla Terra nel 2872 (mille anni dopo la pubblicazione del romanzo). Il viaggio diventa una riscoperta del passato, anche lontano (ad esempio, le varie migrazioni degli umani e il loro effetto sul pianeta), raccontando un possibile futuro, spesso con un pizzico di ironia, come quando approda nella società migliore del tempo, nella quale «tutto funzionava tranquillamente con il fotovoltaico, l’eolico, il geotermico, l’idroelettrico e l’energia delle maree»; peccato che «queste tecnologie fossero già disponibili alla metà del XXI secolo».
Il secondo giro è proposto attraverso le mappe geografiche di Francesco Ferrarese, elaborate a partire dall’ipotesi di un innalzamento di 65 metri del livello del mare, che si avrebbe in seguito alla fusione totale delle calotte glaciali.
La terza esplorazione si attiene alla situazione di oggi, rilevando le connessioni tra i cambiamenti climatici e le condotte umane, grazie alle ricerche fatte in molteplici settori (alimentare, industriale, energetico).
Le tendenze riportate riguardo al cambiamento climatico sono già in atto adesso: «Ce la possiamo ancora fare, ma abbiamo poco tempo».
Per rispondere efficacemente, è originale la metafora del rugby: andare indietro per avanzare (rinunciando all’ambizione di un progresso senza limiti), giocare di squadra e riscoprire il «terzo tempo», quello della festa condivisa, riempiendolo «di attenzione per l’Altro e per gli altri», per rafforzare «l’appartenenza a un unico mondo, all’umanità, a un’unica Terra».