21 Marzo 2020

Il sacramento della confessione al tempo del coronavirus

Come va affrontata l'impossibilità di partecipare alla messa e agli altri riti liturgici che caratterizzano solitamente la Quaresima? In aiuto di tutti i credenti è intervenuto papa Francesco, ma anche un decreto pubblicato dalla Penitenzieria Apostolica.
La fede ai tempi del coronavirus

© Andrea Semplici

Inutile negare che un po’ tutti i credenti stanno vivendo in questo tempo con molta fatica e forse anche dolore l’impossibilità, per altro del tutto giustificata, di partecipare alla messa e agli altri riti liturgici che caratterizzano di solito questo tempo quaresimale. E, in particolare, la lontananza dal sacramento della confessione (in prossimità della Pasqua, per giunta!). Pensiamo in particolare agli anziani, e a cosa significa tutto questo per loro. Ma pensiamo soprattutto agli ammalati e ai loro familiari, nonché a tutti quanti, a cominciare dal personale medico e ospedaliero, vivono da giorni in prima linea. E, infine, e con ancor più dolore, pensiamo a chi sta morendo senza neanche la consolazione dei propri familiari accanto…

Papa Francesco ha preso decisamente posizione su questi aspetti, indicando alcune strade che è bene sapere. Durante l’omelia della Messa a Santa Marta di venerdì 20 marzo, con il suo solito stile colloquiale ci ha ricordato che «è molto chiaro: se tu non trovi un sacerdote per confessarti, parla con Dio, è tuo Padre, e digli la verità: “Signore ho combinato questo, questo, questo... Scusami”, e chiedigli perdono con tutto il cuore, con l’Atto di Dolore e promettigli: “Dopo mi confesserò, ma perdonami adesso”. E subito, tornerai alla grazia di Dio. Tu stesso puoi avvicinarti, come ci insegna il Catechismo, al perdono di Dio senza avere alla mano un sacerdote. Pensate voi: è il momento! E questo è il momento giusto, il momento opportuno. Un Atto di Dolore ben fatto, e così la nostra anima diventerà bianca come la neve». Papa Francesco si riferisce ai numeri 1451 e 1452 del Catechismo della Chiesa cattolica.

Ma non solo. La Penitenzieria Apostolica, a firma del cardinal Mauro Piacenza, ha pubblicato un decreto, che si può leggere sull’Osservatore Romano del 20-21 marzo, che «concede l’Indulgenza plenaria ai fedeli affetti da Coronavirus, sottoposti a regime di quarantena per disposizione dell’autorità sanitaria negli ospedali o nelle proprie abitazioni se, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato, si uniranno spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione alla celebrazione della Santa Messa, alla recita del Santo Rosario, alla pia pratica della Via Crucis o ad altre forme di devozione, o se almeno reciteranno il Credo, il Padre Nostro e una pia invocazione alla Beata Vergine Maria, offrendo questa prova in spirito di fede in Dio e di carità verso i fratelli, con la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà loro possibile. Gli operatori sanitari, i familiari e quanti, sull’esempio del Buon Samaritano, esponendosi al rischio di contagio, assistono i malati di Coronavirus secondo le parole del divino Redentore: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13), otterranno il medesimo dono dell’Indulgenza plenaria alle stesse condizioni».

In un’ulteriore nota, la stessa Penitenzieria ricorda che «la confessione individuale rappresenta il modo ordinario per la celebrazione di questo sacramento (cf. can. 960 CIC), mentre l’assoluzione collettiva, senza la previa confessione individuale, non può essere impartita se non laddove ricorra l’imminente pericolo di morte, non bastando il tempo per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti (cf. can. 961, § 1 CIC), oppure una grave necessità (cf. can. 961, § 1, 2° CIC)». E aggiunge: «Questa Penitenzieria Apostolica ritiene che, soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio pandemico e fino a quando il fenomeno non rientrerà, ricorrano i casi di grave necessità, di cui al summenzionato can. 961, § 2 CIC». Per concludere: «Spetta sempre al Vescovo diocesano determinare, nel territorio della propria circoscrizione ecclesiastica e relativamente al livello di contagio pandemico, i casi di grave necessità nei quali sia lecito impartire l’assoluzione collettiva: ad esempio all’ingresso dei reparti ospedalieri, ove si trovino ricoverati i fedeli contagiati in pericolo di morte, adoperando nei limiti del possibile e con le opportune precauzioni i mezzi di amplificazione della voce, perché l’assoluzione sia udita».

Niente di straordinario, in sé. La Chiesa da sempre cerca di esprimere in tutti i modi, normali o eccezionali, la misericordia di Dio, che è senza limiti e infinita. Non so quanto ciò ci sarà di consolazione e di aiuto spirituale e umano, ma è bello poter attingere comunque alla bontà di Dio!

Data di aggiornamento: 21 Marzo 2020

1 comments

21 Marzo 2020
Cari Frati Del Santo, grazie per quanto state facendo anche per me in questo duro periodo di isolamento e di paura. La vostra opera ci aiuta a sentirci tutti accolti dal Padre, nonostante il peccato, la miseria interiore, si facciano prorompenti nella paura di morire soli. Conto che continuiate ad alimentarci con la Parola, unica speranza di essere accettati dal Padre. Nonostante tutto. Grazie
Elimina
di Mabel

Lascia un commento che verrà pubblicato