09 Settembre 2025

Il sogno di Zak

Ventiduenne con la sindrome di Down, Zak evade dalla residenza assistenziale per diventare un campione di wrestling. È l’incipit di «In viaggio verso un sogno» (Usa, 2019) di Tyler Nilson e Mike Schwartz.
Il sogno di Zak

© Seth Johnson

Il giovane Zak, di 22 anni, ha la sindrome di Down e la sua famiglia l’ha abbandonato. È piccolo, goffo, tarchiato, infantile, furbo, goloso di burro d’arachidi, e coltiva un desiderio impossibile: diventare campione di wrestling. Nome di battaglia: «il falcone di burro d’arachidi» (nota: l’attore Zack Gottsagen ha effettivamente la trisomia 21). Perciò evade dalla sua residenza assistenziale per anziani e intraprende (in mutande) un rischioso viaggio assieme a Tyler, conosciuto per caso. Il viaggio risulterà un itinerario di formazione. Tyler è un mezzo vagabondo indebitato, ha da poco perso un fratello e sopravvive facendo il pescatore di granchi senza licenza. È un tipo atletico, generoso e simpatico, ma selvaggio, vendicativo e indisciplinato. I due instaurano una progressiva confidenza e si promettono amicizia nell’imprevedibile percorso tra la Virginia e la Florida, lungo i fiumi, gli acquitrini e le paludi di un’America abbandonata da Dio e dagli uomini. Si unirà a loro la bella Eleanor, delicata, gentile e curiosa assistente sociale, che ha l’incarico di trovare Zak e ricoverarlo nuovamente. Tyler se ne innamorerà.

Nel film In viaggio verso un sogno (The Peanut Butter Falcon, Usa, 2019, di Tyler Nilson e Mike Schwartz) ci sono espliciti rimandi al romanzo di Mark Twain, Le avventure di Huckleberry Finn (1884), in cui un orfano fugge dalla civiltà a bordo di una zattera, lungo il Mississippi, in compagnia di uno schiavo nero. Secondo Ernest Hemingway, fu il racconto che fece svoltare la letteratura Usa verso una nuova lealtà alla vita, in direzione di una prosa asciutta, realistica, fotografica e in ascolto della voce di un outsider, di un estraneo. 

L’evasione geniale dalla casa di riposo ricorda Qualcuno volò sul nido del cuculo e riprende la filmografia sul riscatto e la liberazione del «diverso» dalle gabbie di un mondo paternalistico, dispotico, ghettizzante. Il buddy movie (film in cui due amici si gettano in una folle avventura) è uno dei generi cinematografici più amati, non solo in America. Pur con qualche semplificazione lacrimosa e romantica risolta in modo favolistico e persino fumettistico, l’etica del film In viaggio verso un sogno ha connotati biblici intriganti. Sembra che spetti agli ultimi, ai devianti, agli affamati salvare dalla miseria morale i «normali» e sciogliere il loro cuore di pietra, la loro carenza di speranza. E poi furono proprio pellegrini e viaggiatori a fondare i futuri Stati Uniti.

Come sempre nel cinema, lo spettatore s’identifica con il fuggiasco, che ha un anelito eversivo, butta il cuore oltre l’ostacolo, scommette sugli sconosciuti che incontra, spera in un lieto fine e in una terra promessa (la scuola di wrestling in North Carolina di cui parlava la tv). Usciamo dalla sala di proiezione fieri di essere stati giù (down), ma di non aver svenduto le nostre attese, cascasse il mondo. Il sogno di Zak entra nell’immaginario, acquista un nuovo spazio fantastico, vive del ritmo blues di una toccante colonna sonora, che galleggia sugli acquitrini silenziosi del Sud-est degli Stati Uniti d’America. Zanzare, fiumi fangosi, acque basse, magliette sudaticce, barche sfondate, angurie per sfamarsi. La teologia del «Dio disabile», poco conosciuta in Italia, ci va a nozze. L’eroe della speranza ha il volto di un giusto sofferente, che i dottori della legge non possono sopportare. Ma le prigioni sono troppo strette per chi confida nel desiderio di libertà. In questa trama di salvezza, Dio è l’alleato che ha provato la disabilità e non l’ha più dimenticata. Il suo corpo incarnato e poi risorto reca le cicatrici dei chiodi e delle lance degli aguzzini. Non è potente come pensavamo, ma lo preghiamo perché cresca e vinca la morte.

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Data di aggiornamento: 09 Settembre 2025

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