Il vicino di ombrellone
L’aspettavamo da tanto e finalmente è arrivata: l’estate, e con lei le vacanze, e il piacere di starsene al mare sotto l’ombrellone con serenità. Già, ma poi ecco che si palesano la pancetta, il capello bianco, la ruga... Insomma, anche quest’anno siamo arrivati impreparati alla prova costume! E così, il nostro sguardo si volge immediatamente attorno per scrutare gli altri corpi e trovare in un certo senso «consolazione» in eventuali imperfezioni: mal comune mezzo gaudio, si sa. E se il nostro occhio dovesse «cadere» sul nostro vicino di ombrellone e questo fosse una persona con disabilità, che cosa penseremmo dei nostri «difetti»? Ne saremmo ancora tanto rammaricati?
A tal proposito, mi viene in mente una riflessione che l’avvocata e docente americana Rebekah Taussig esprime nel suo libro Felicemente seduta. Il punto di vista di un corpo disabile e resiliente (Le Plurali Editrice, 2022): «Tutti i corpi, spesso anche quelli più giovani, fanno casini, cambiano taglia, si stringono e si gonfiano, si ribellano e disobbediscono, si rompono e guariscono, si rompono ancora e si rimettono insieme tutti storti, […] ci parlano, lavorano per noi, si stancano, soffrono e gioiscono». Ecco che qui si pone al centro della discussione una questione rilevante: il cambiamento come parte di ognuno di noi. Con il passare degli anni, infatti, il nostro corpo subisce una trasformazione, un processo degenerativo, a volte lento a volte più immediato. Nelle sue varie forme e sfaccettature, quindi, la disabilità è una condizione che riguarda tutti e tutte... Ma proprio tutti e tutte!
Dovremmo essere abituati a questo modo di percepire il corpo, dato che negli anni sono di gran lunga cambiate le rappresentazioni proposte dai media. Ad esempio, nei social, che sono un mondo molto più interattivo rispetto a televisione, cinema e altre forme di comunicazione di massa, abbiamo la possibilità di osservare un maggior numero di corpi «non conformi». Quindi, non dovremmo più avere paura di guardarli. Eppure, se ancora oggi, di fronte a ogni minimo cambiamento del nostro corpo, la reazione è la vergogna e il rifiuto, probabilmente c’è ancora tanta strada da fare! Sarebbe più facile giungere a una maggiore consapevolezza e accettazione di sé, se ci riconoscessimo nella diversità del corpo altrui, e prima ancora se considerassimo tale «non conformità» come un valore aggiunto.
Nell’incontro con l’altro, nella relazione, si andrebbe così ben oltre la superficie, il limite, sia nostro, sia di chi ci è prossimo. Questo è quello che accade, per esempio, quando ci abbracciamo. Nel momento in cui non accettiamo l’abbraccio da parte di qualcuno o ci rifiutiamo persino di toccare con mano un corpo «difettoso», maleodorante o ferito nell’animo, facciamo fatica a riconoscerci nella diversità altrui. Come spesso ho affermato nel corso della mia esperienza di educatore e formatore, il corpo è un po’ il nostro «biglietto da visita» – totalmente slegato da status sociale e/o luogo di origine –, ciò che ci accompagna nel nostro viaggio di accettazione del limite, non solo fisico ma anche interiore, psicologico ed emotivo. Che dire, allora? Anche quest’anno, occhio al vicino di ombrellone! Vi auguro una buona estate! Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook o Instagram.
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