Il Villaggio sant’Antonio ha compiuto 70 anni
Il Villaggio Sant’Antonio nasce a Noventa Padovana, comune nella periferia della città di Padova, nel 1955, per volontà dei frati minori Conventuali della Basilica del Santo, come terzo orfanotrofio dopo quello di Fanna, in Friuli, e di Villa Tron a Padova. Per quest’opera, sin dall’inizio, è stata chiesta la collaborazione delle suore francescane Missionarie di Assisi, in modo da garantire la presenza di figure di riferimento maschili e femminili. Negli anni, l’orfanotrofio si è trasformato in collegio, con la costruzione di scuole primarie, secondarie e l’apertura di una scuola professionale che costituiva una porta d’accesso al mondo del lavoro, soprattutto in Mediagraf, il luogo dove anche adesso si stampa il «Messaggero di sant’Antonio». Ancora oggi un gruppo di ex allievi ogni mercoledì presta servizio di volontariato nel Villaggio, oltre a collaborare con la Basilica per il presepio, la solennità di sant’Antonio e la preparazione degli ulivi per la Domenica delle Palme.
Con il passare del tempo e il mutare delle necessità sociali, grazie anche alla generosità di numerosi benefattori, il Villaggio Sant’Antonio si è aperto alle persone con disabilità, dando vita, nel 1985, al primo Centro diurno e, l’anno successivo, alla prima Comunità alloggio; per un periodo ha accolto anche minori in difficoltà in alcuni appartamenti del territorio e nella Barchessa (uno stabile che fa parte del complesso). La mission del Villaggio Sant’Antonio si ispira all’amore per il Vangelo e alla carità di sant’Antonio, nello stile della fraternità, vissuta tra gli ultimi, voluta da san Francesco d’Assisi. Attualmente il Villaggio accoglie sessanta persone adulte con disabilità nei Centri diurni («Fratello Sole» e «Sorella Luna»), venti persone adulte con disabilità nella Comunità Tau («Il Giglio» e «Il Noce»), una decina di persone con disabilità del territorio per il progetto Porziuncola («Dopo di noi»), una trentina di bambini dalla prima elementare alla prima media nel doposcuola «HappyCentro». Il tutto è vissuto da quattro frati (tra cui chi scrive) insieme a quattro suore, che vivono e operano nel Villaggio con l’aiuto di numerosi volontari, in uno spirito sinodale, che auspica la collaborazione di tutte le vocazioni per la missione e la pastorale.
Festa grande
Il 24 maggio di quest’anno abbiamo celebrato il settantesimo anniversario del Villaggio. La giornata della nostra festa è iniziata con qualche goccia di pioggia e quindi con un poco di timore che tutta la preparazione andasse in fumo. Suor Giovanna, venuta per l’occasione da Loreto, ci ha però detto che sant’Antonio ci avrebbe protetto perché da sempre si prende cura dei suoi fanciulli del Villaggio. Insieme abbiamo recitato, mentre preparavamo la location, una preghiera che lei stessa ha ereditato dalle consorelle anziane: «Sant’Antonio per pietà, un po’ di sole per carità». Dopo aver preparato l’altare, le sedie e i tavoli, il sole ha iniziato a fare capolino tra le nuvole, ma qualche goccia antipatica ancora ci rovinava la festa. Poi è cominciata ad arrivare la gente: i genitori degli utenti, i volontari, i dipendenti, il gruppo degli ex allievi. Il sole finalmente si è fatto più coraggioso, asciugando le ultime tracce della pioggia mattutina.
Alle 10.00 è arrivato il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla. Gli abbiamo indicato la sede della celebrazione, ma lui ha preferito salutare tutti, uno per uno: «La Messa può aspettare». Il Piccolo Coro fra Daniele (intitolato a fra Daniele Reitano, giovane frate che è mancato improvvisamente proprio nel maggio di due anni fa) ha dato inizio ai canti liturgici e la Messa, con qualche decina di minuti di ritardo, è cominciata. Il segretario del vescovo ci ha sussurrato all’orecchio che proprio in questo giorno monsignor Cipolla celebrava il cinquantesimo di ordinazione, ma non voleva che si sapesse per non rovinare la festa del Villaggio, spostando l’attenzione su di lui. Invece l’abbiamo gridato ai quattro venti e la festa è risultata ancora più familiare. Nell’omelia, monsignor Cipolla ha ricordato la forza dei genitori, il carisma del Villaggio, l’importanza della cura, la gioia che si respira varcando il cancello sempre aperto.
La festa è continuata con il pranzo condiviso, anche grazie a tanta Provvidenza da parte dei negozi del paese di Noventa. Al piano terra di Villa Giovannelli, prima sede dell’orfanotrofio, abbiamo preparato una mostra delle attività del Villaggio con oggetti e fotografie storiche e più recenti. Una sala era dedicata al ricordo di padre Mario Tomasi, giovane frate che ha dato la vita per salvare un ragazzo che stava finendo sotto un’automobile.
Il 20 maggio avevamo avuto un anticipo della ricorrenza, ospitando nella Cappella del Villaggio per tutto il giorno la reliquia del Santo. Fra Giovanni Milani l’ha introdotta in processione con gli ex allievi che la portavano a spalla. Per loro, che hanno vissuto l’infanzia come orfani al Villaggio proprio settant’anni fa, Antonio è uno di famiglia, il papà mancato nella loro casa. Dalle 9.00 alle 19.00 c’è sempre stata molta gente: chi piangeva, chi voleva toccare la reliquia, chi chiedeva grazie e chi ringraziava per averle ricevute. I frati ascoltavano, confessavano e pregavano; fra Giovanni spiegava e benediceva. Il tutto si è concluso con la Messa alle 18.30.
A pranzo, avevamo voluto fare una sorpresa a due coppie anziane, molto legate al Villaggio, che purtroppo non possono più uscire di casa. Non avevamo avvisato, è stata una decisione dell’ultimo momento, ma quando ci siamo presentati da Remina e Luciano con sant’Antonio, loro erano felicissimi: «Quante volte abbiamo visitato sant’Antonio e oggi è lui a venire a casa nostra!». Gabriella e Bruno, invece, erano preoccupati: «Non abbiamo fatto i “mestieri”!» (cioè «la casa è in disordine», ndr). Ma questo non è mai stato un problema: sant’Antonio è uno di famiglia per tante persone, e non solo qui in Veneto!
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