La Bibbia al Santo
Una delle attività che ha sempre impegnato i frati della Basilica è lo studio delle Sacre Scritture: anima della teologia, cuore della predicazione e nutrimento quotidiano della vita cristiana. Provando a recuperare alcune tracce che testimoniano la dedizione alla Parola di Dio, sicuramente dobbiamo partire dalla pietra miliare che è sant’Antonio. L’Assidua (tra le prime biografie del Santo) afferma che egli «con grande impegno coltivava l’ingegno senza sosta ed esercitava lo spirito con meditazioni; né mai, di giorno o di notte, secondo il tempo disponibile, desisteva dalla lectio divina. [...] Affidava le sue letture a una memoria tenace, tanto che in breve meritò di possedere in abbondanza una scienza della Scrittura per tutti insperata».
Un vero appassionato della Bibbia, che con feconda curiosità sapeva partire dal senso letterale dei testi per ricavarne insegnamenti da applicare nella vita quotidiana: lo faceva attraverso il metodo allegorico, tipico del suo tempo, che consisteva nell’andare oltre le parole cogliendo interpretazioni ulteriori. Ad esempio, nei suoi Sermoni, la rimozione della pietra del sepolcro di Gesù è interpretata come la rivelazione dei misteri di Cristo, che erano coperti dal velo della legge (cfr. Sermone per la Pasqua del Signore (1) II, 9). Anche l’iconografia del Santo ci rimanda alla Bibbia: talvolta, è rappresentato con il libro delle Scritture e una fiamma, a indicare la passione e la forza della Parola che si sono manifestate in lui.
Una delle testimonianze più importanti degli studi biblici al Santo è fornita dal fondo che si trova presso la Biblioteca Antoniana. La presenza di due inventari, uno della fine del Trecento e l’altro del 1449, indica che i testi di contenuto biblico erano già circa un quarto del totale, un numero significativo. Tra i volumi presenti ci sono pergamene, incunaboli e altre edizioni del testo della Bibbia, si trovano salteri, commentari biblici, concordanze (testi che riportano le occorrenze delle parole più rilevanti all’interno della Bibbia), altri sussidi biblici e anche opere ebraiche del XVI secolo.
Alcuni frati biblisti
Compiendo un rapido volo, tratteggiamo alcune figure di frati che hanno coltivato gli studi biblici. Il primo è un certo fra Luca Lettore, morto attorno al 1274, che nei suoi scritti dimostra una conoscenza sbalorditiva della Bibbia: egli segue l’impostazione di sant’Antonio, di carattere pastorale, con continue citazioni delle Scritture, senza però indulgere in episodi edificanti del quotidiano. In tal modo vuol far risaltare la centralità della parola di Dio, senza cadere nel devozionismo o nel miracolismo.
Un altro studioso che incontriamo è padre Padovano Grassi di Barletta, teologo al concilio di Trento, morto nel 1562. Di lui si ricorda, in particolare, il Concilium Pauli, una raccolta di passi delle lettere di san Paolo, che sembrano contraddire altri passaggi biblici. La struttura è un dialogo tra Didimo, che pone domande, e Filoteo, che offre soluzioni. Ad esempio, Didimo osserva che Paolo, nell’incipit delle sue lettere, dovrebbe definirsi amico di Cristo e non servo, dato che Gesù ha chiamato i suoi apostoli amici e non servi. Filoteo risolve la questione con molte citazioni bibliche che mostrano la presenza di un servizio per amore diverso dal servizio per timore.
Degno di nota è anche padre Bonaventura Luchi, che nel 1744 assume la cattedra di Sacra Scrittura a Padova: nei suoi scritti prevale l’attenzione al senso letterale e alla storicità della Bibbia, in funzione di critica di fronte alle tesi del razionalismo. È un’epoca che preannuncia una svolta decisiva nell’interpretazione delle Scritture e il nostro autore è attento alle istanze del suo tempo, con le quali si confronta rimanendo però spesso legato a schemi convenzionali.
«Che Santa Scrittura! Che volumi sì veramente degno di formar la perenne lettura, e il pascolo perenne dell’anima e del cuore umano! [...] Oh buoni ascoltatori [...] abbiate giornalmente sotto gli occhi e nelle mani questo volume divino, in cui tante sono le gemme di paradiso quante le parti». Sono parole accorate quelle che troviamo nelle Lezioni Scritturali di padre Pier Giuseppe Casser (morto nel 1822), testimonianza della passione del frate per la Bibbia, ma anche indice dell’invito che in quel tempo si faceva alla lettura delle sacre pagine, contrariamente a ciò che spesso si pensa.
Sempre nel XIX secolo, un altro illustre biblista è padre Luigi Minciotti, che insiste sull’importanza di tornare ai testi ebraici dell’Antico Testamento, quelli originali, spesso messi in secondo piano dal testo latino della Vulgata: un anticipatore del movimento di ritorno alle fonti che si svilupperà soprattutto nel secolo XX.
Per chi fosse interessato, una più dettagliata storia degli studiosi della Bibbia si trova nel testo di padre Angelico Poppi, La tradizione Biblica al Santo (in Storia e cultura al Santo di Padova, Neri Pozza). E il ricordo conclusivo va proprio a lui, padre Angelico, insigne biblista del nostro tempo, ricordato soprattutto per le Sinossi dei vangeli, un testo che permette di leggere in una stessa pagina i brani paralleli dei vangeli. Quest’opera esprime la sua dedizione e passione per le Scritture: si chiedeva, nel contributo citato sopra, «qual è stato il frutto d’una tanto intensa applicazione allo studio della Sacra Scrittura?» Penso che per lui si possa rispondere così: una familiarità semplice e viva con la persona di Gesù Cristo.
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