La famiglia che ripulisce la storia

La vicenda di Claudio, Anna, Davide ed Eva Zen, padre e tre figli, che, per sola passione civica, trascorrono le loro domeniche ripulendo i cippi disseminati sul Grappa a memoria dei caduti della Prima guerra mondiale.
10 Settembre 2021 | di

Per la famiglia Zen di San Giacomo di Romano d’Ezzelino (Vicenza), ai piedi della Valsugana, l’appuntamento con la storia è un momento da condividere non appena il clima, la montagna e, più di recente, la pandemia, lo consentono. Essere una famiglia che «ripulisce la storia» è per loro un fatto naturale e istintivo, frutto di un’educazione che ha radici lontane quanto profonde. Nessuno l’ha chiesto loro. Non vengono pagati e non rincorrono ringraziamenti. Lo fanno per il gusto di farlo, nel nome stesso della storia. Così per papà Claudio, 56 anni, escavatorista, e i suoi tre splendidi figli, Anna 22, Davide 18 ed Eva, la più piccola, di 12 anni, ripulire cippi commemorativi della Grande guerra, evitando che si cancelli la memoria di chi ha perso la vita tra le montagne del Grappa, è un atto di civica passione.

Una missione famigliare iniziata dieci anni fa: «A oggi siamo arrivati a una quarantina di cippi ripuliti – racconta soddisfatto papà Claudio –, e altri ne abbiamo in cantiere. Il tutto in maniera libera, come il nostro spirito». Tutto è iniziato in modo spontaneo e fortuito. Semplicemente, al posto della gita fuori porta, la famiglia Zen ripiegava su vecchi cippi dimenticati e bisognosi di una ripulitura. Col tempo, la «squadra famigliare» ha fatto esperienza e si è specializzata, al punto che oggi vengono contattati dai comuni per mettere mano ai cippi dimenticati. Ecco perché vedere un’intera famiglia con questo spirito, non lascia indifferenti. Ed ecco perché, poi, sono iniziati a piovere i primi inaspettati riconoscimenti: militari e civili, italiani e stranieri, incluso quello dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ai tre fratelli, nel 2015, è stata anche conferita la prestigiosa spilla d’oro della Croce Nera d’Austria.

Ma papà Claudio insiste: «Non facciamo cose speciali né tantomeno gesta eroiche. Puliamo ciò che la storia e ancor prima gli uomini tendono a cancellare». La contabile operativa della famiglia resta la piccola Eva, che ricorda anche oggi la prima volta che papà Claudio la portò davanti a un cippo: «Avevo cinque anni, quando con i miei due fratelli andammo a ripulire una lastra di pietra su cui si leggevano a stento le scritte. Alla sera, il cippo era diventato bello quanto leggibile». Papà Claudio ha respirato la memoria fin da ragazzo quando, nella sua famiglia contadina, i nonni Francesco e Giuseppe, tornati vivi dalla Prima guerra mondiale, narravano le gesta compiute al fronte. Claudio è cresciuto così a pane, latte e storia.

Ma c’è una data e un nome preciso per la sua folgorante vocazione: «Avvenne durante l’adunata nazionale degli Alpini di Bassano del Grappa, nel 2008, cui partecipai con la mia divisa storica da ardito del 1918, confezionata con le mie mani. In quell’occasione ebbi l’incontro che mi segnò per la vita. Fu quello con il reduce di Rotzo, nel vicentino, Cristiano Dal Pozzo (mancato nel 2016, a 102 anni, e dalla granitica devozione antoniana che l’ha portato per settant’anni come pellegrino in Basilica ogni primo dicembre – giorno del suo genetliaco –, in segno di ringraziamento al Santo per averlo fatto tornare dal fronte), alpino del deserto, che nel ’43 partecipò alla guerra d’Africa. Il vecchio alpino gli disse che «fin da giovane, andava a ripulire i cippi militari sull’Altopiano, perché gli pareva di ridare vita ai caduti». A Claudio quella frase spalancò un mondo: «Le parole del vecchio alpino mi risuonano tuttora dentro come una consegna» confida.

C’è qualcosa di intimo nel raccontarsi di Claudio, mai banale o scontato. Lo si intuisce distintamente vedendolo poi lavorare sulle lapidi, con una delicatezza che va oltre il restauro stesso: «Ho insegnato ai miei figli che non stiamo ripulendo solo una pietra, ma pezzi di vita. Non c’è piacere più appagante, dopo aver faticato nel ripulire una lastra di pietra o di marmo, che avvertire questa consapevolezza». «Però il riconoscimento più bello – conclude Claudio –, ci arriva dalla gente che ci avvicina per capire che cosa stiamo facendo. Iniziano con qualche domanda e finiscono sempre con il ringraziarci per quello che facciamo». È questa la vera medaglia al merito «storico» che la famiglia Zen si è meritata sul campo, perché «la storia si fa anche con piccoli gesti». 

 

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Data di aggiornamento: 15 Settembre 2021
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