La «sapienza» del dono
Donare, si sa, fa bene sia a chi riceve sia a chi dona. Ma non solo. Spesso il dono innesca percorsi virtuosi, capaci di moltiplicare la generosità a favore di molte, moltissime persone anche attraverso i secoli. Ne è un esempio la Biblioteca Antoniana, realtà della Basilica del Santo «che ha preso avvio, già dai tempi di frate Antonio, grazie alle donazioni di alcuni fedeli benestanti». A raccontarlo è fra Alberto Fanton, dal 2009 bibliotecario di questa prestigiosa realtà, scrigno di cultura, di arte e di fede cui ogni anno attingono, in presenza, all’incirca 350 studiosi da tutto il mondo, che diventano, online, diverse centinaia. «Difficile quantificare il numero esatto di volumi qui conservati – spiega fra Alberto –. Di certo si aggirano attorno ai 70 mila», un numero esorbitante se si pensa che essi sono giunti sempre e solo attraverso lasciti e donazioni. «Non esiste un vero e proprio atto fondativo della Biblioteca – continua fra Fanton –, ma da varie fonti sappiamo che di certo essa era in uso già ai tempi di Antonio e che si era costituita grazie, appunto, a donazioni di testi fatte ai frati (per esempio, da vedove abbienti che “adottavano” gli studenti pagando i “libri di testo”) per permettere loro di formarsi nell’arte della predicazione, apprendendo i fondamenti biblici e teologici. Tra i volumi più preziosi abbiamo, ad esempio, una copia dei Sermoni antoniani (Codice Tesoro 720) sulla quale i frati studiavano: lo desumiamo dall’atto testamentario (1237) eseguito da un canonico della cattedrale, tal Magister Aegidius, nel quale si dice che essa, già prima della donazione formale, era in uso dai frati».
«Numerosi documenti antichi – prosegue il religioso – attestano altri importanti lasciti, come quello del 1240, effettuato da un altro canonico, Uguccione: una Bibbia glossata in 25 volumi manoscritti, miniata, risalente alla prima metà del 1200 e realizzata a Parigi. Un dono inaspettato quanto preziosissimo per i frati che di certo non avrebbero mai potuto permettersi di acquistarne una». A queste prime donazioni, in genere di testi a carattere religioso, fecero seguito quelle utili alla preparazione filosofica dei religiosi, che cominciarono di lì a poco a formarsi e anche a insegnare nelle università (a fine ’400 venne loro affidata, per esempio, la cattedra di Metafisica all’Università di Padova), e anche altri volumi per così dire «mondani», come una Chiromanzia di Galeotto Narni, del 1400, che prova come i francescani fossero pienamente inseriti nella vita della loro epoca.
Tra cultura,arte e bellezza
La parte preponderante della Biblioteca è costituita da oltre 800 manoscritti, alcuni risalenti addirittura al IX secolo («stiamo parlando dell’epoca di Carlo Magno» chiosa fra Fanton), compresi 41 libri corali del 1300, in pergamena, ornati da bellissime miniature e utilizzati dai frati per la preghiera liturgica. Vi sono poi circa 200 incunaboli (volumi stampati con caratteri mobili) e oltre 3 mila edizioni del XVI secolo (le cosiddette cinquecentine). «A tutto ciò – sottolinea fra Alberto – si aggiunge poi l’Archivio musicale, costituitosi attorno alla metà del 1600 e che raccoglie almeno in copia la musica utilizzata dalla Cappella musicale del Santo, che sin da allora accompagnava le liturgie in Basilica. Si tratta di oltre 9 mila partiture: copie degli spartiti che servivano per la formazione dei musicisti (come quelli di Galuppi o di Bach…) ma anche spartiti autografi di frati compositori (come quelli di Francesco Antonio Vallotti, una cui statua troneggia all’ingresso della Biblioteca) e del “primo violino e capo di concerto” della Cappella, Giuseppe Tartini».
Ma nella sala principale secentesca della Biblioteca sono custodite anche due altre «chicche» davvero uniche, pur non essendo libri: i mappamondi, perfettamente conservati, opera del cartografo padre Vincenzo Coronelli (1650-1718). La Biblioteca rappresenta una miniera per chiunque voglia documentarsi o studiare le origini dell’Ordine fondato dall’Assisiate: «Basti citare, per esempio, uno degli esemplari iniziali di Ordo breviarii et missalis francescano – racconta ancora il frate bibliotecario –, vale a dire un calendario delle Messe e festività liturgiche, risalente alla seconda metà del Duecento». Un volume che dimostra una volta di più che i documenti conservati nella Biblioteca Antoniana, pur non essendo moltissimi rispetto ad altre biblioteche, sono però di altissima qualità.
«La sfida più grande che, come ogni biblioteca conservativa, ci troviamo oggi ad affrontare – conclude fra Fanton –, è quella di “dare vita” al materiale custodito. Noi esseri umani, infatti, tendiamo a reificare la realtà, interessati solo a sfruttarla. Il nostro compito qui, invece, è di restituire identità a questi reperti così preziosi, per traghettarli verso il futuro e donare loro molti altri anni di vita».Fra Alberto Fanton non lo dice, ma la sua opera di bibliotecario, oltre a essere estremamente qualificata, è anch’essa molto preziosa, per la passione infusa e la presenza assidua che garantiscono una competente, ampia e flessibile risposta alle richieste dei fruitori e visitatori della Biblioteca. Insomma una presenza, la sua, che è un altro dono in una realtà nata da molti doni che hanno attraversato i secoli.
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