10 Gennaio 2025

L’auto tedesca ha grippato?

Negli anni Ottanta del secolo scorso, circa 25 mila italiani si trasferivano ogni anno in Germania. La maggior parte di loro lo fece per ragioni di lavoro. Tra questi, c’era Salvatore Aranzulla...
L’auto tedesca ha grippato?

Negli anni Ottanta del secolo scorso, circa 25 mila italiani si trasferivano ogni anno in Germania. Una media più bassa rispetto a quella dei decenni immediatamente successivi al dopoguerra, ma comunque importante. La maggior parte di loro lo fece per ragioni di lavoro. Tra questi, c’era Salvatore Aranzulla (nella foto), allora ventiduenne, proveniente da Mirabella Imbaccari (Catania) che oggi racconta: «Era il 26 settembre 1986. Raggiunsi mia sorella a Calw, città del Baden-Württemberg, nel sud della Germania, 50 chilometri a ovest di Stoccarda. Lei viveva lì già da qualche anno». All’epoca le due strade principali che si aprivano a chi arrivava dall’Italia erano la gastronomia e l’industria. Salvatore scelse la seconda. «Già il 1° ottobre cominciai a lavorare come saldatore in un’azienda che produceva pezzi per trattori. Rimasi lì per quattro anni. Poi ricevetti un’offerta da Mercedes grazie a mio suocero che già vi lavorava. Le condizioni erano ottime rispetto all’impiego precedente. Prima guadagnavo 13 marchi all’ora, alla Mercedes tra i 19 e i 22. Lavoravo in linea come smerigliatore. La paga era molto buona, e c’era anche la soddisfazione di essere nell’impianto modello della marca, quello che veniva preso come riferimento per le nuove fabbriche, ad esempio in Brasile, Cina e Ungheria. Adesso il mio lavoro è più di controllo, le mansioni che svolgevo prima le fanno soprattutto dei robot».

Anche la presenza italiana in fabbrica è calata sempre più. «Negli anni Novanta eravamo 2600, ora circa 800. Non c’è stato ricambio tra italiani, ci sono molti stranieri, ma non dal nostro Paese». L’industria automobilistica tedesca vive uno dei suoi periodi più difficili. Per la prima volta, un marchio tedesco, nello specifico la Volkswagen, sta valutando la possibile chiusura di impianti all’interno dei confini nazionali. Non c’è stato l’atteso boom delle auto elettriche, e la concorrenza cinese ha reso poco competitive, a livello di prezzi, le vetture europee. Salvatore Aranzulla conferma questa tendenza: «Non è un momento eccezionale. Da noi c’erano molte aspettative, e sono stati fatti notevoli sforzi per realizzare auto ibride, in particolare l’auto Classe S, ma la risposta non è stata forte come ci si aspettava. Ora l’impianto ne produce sempre meno. All’inizio si lavorava su tre turni e uscivano 150 auto nuove al giorno. Ora i macchinari sono azionati solo di mattina, ma non di pomeriggio e sera. Purtroppo è carente la domanda interna». 

In Germania, Salvatore Aranzulla si è creato la sua famiglia: «Ho incontrato mia moglie qui. È del mio stesso paese, ma non ci conoscevamo. Si era trasferita con la famiglia quando era molto giovane. Abbiamo due figli, uno è cuoco, l’altro lavora nell’e-commerce. In tutti questi anni ho cercato di scendere in Sicilia almeno tre volte l’anno, ma fra poco andrò in pensione e, per quanto la mia casa sia sempre in Germania – qui ho anche i miei nipoti –, ogni volta che tornerò in Italia non avrò scadenze, potrò rimanere quanto vorrò. Non so come sarebbe stata la mia vita se fossi rimasto in Italia. Tra i miei amici di un tempo, c’è chi ha continuato a fare il falegname, chi è diventato assicuratore e chi medico. Forse io sarei rimasto a fare il meccanico. Era quello che facevo prima di partire. La Germania mi ha dato la possibilità di costruir­mi una felicità e un futuro, ormai presente – conclude Salvatore –, ma mi sento ancora profondamente, italiano».

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Data di aggiornamento: 10 Gennaio 2025

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