Malattia, compagna di vita
La salute è un bene fondamentale che cerchiamo in molti modi di tutelare. Allo stesso tempo, la malattia fa parte della nostra esperienza umana, espressione del nostro limite di creature. Proprio nel mese di febbraio ricorre la giornata mondiale del malato, istituita da papa Giovanni Paolo II nel 1992 e celebrata per la prima volta l’11 febbraio 1993, giorno in cui si ricorda la Vergine di Lourdes. Alla madre di Dio, come anche a sant’Antonio, spesso vanno le invocazioni per lenire le nostre sofferenze fisiche, per alleviare il dolore dei malati, soprattutto per chi vive queste situazioni nell’isolamento e nell’abbandono. Percepiamo la malattia, specialmente se grave, come una «brutta bestia» da cui difenderci, da allontanare o da eliminare. Purtroppo non sempre è possibile… mi pare, però, interessante riflettere su questo tema confrontandoci con l’esperienza di san Francesco d’Assisi.
Francesco prova la malattia anche sulla sua pelle. È l’esperienza degli ultimi anni della sua vita, in cui è affetto da un grave malanno agli occhi. In una biografia, esso è associato all’eccessiva lacrimazione del santo, legata alla sua devozione per la passione del Signore; comunque egli si rifiuta di farsi curare: «Non si deve, per amore della vista che abbiamo in comune con le mosche, allontanare da noi, neppure in piccola misura, la luce eterna che viene a visitarci. Il dono della vista non l’ha ricevuto lo spirito per il bene del corpo, ma l’ha ricevuto il corpo per il bene dello spirito» (cfr. FF 1096).
La prospettiva di Francesco ci fa riflettere: egli dà molta più importanza all’anima e allo spirito che al corpo, mentre oggi sembra spesso il contrario. «Se uno ha la salute, ha tutto», diciamo: ma è proprio vero? Dovremmo recuperare una visione più completa, in cui la persona è unità di anima e corpo, entrambi da custodire. Il poverello d’Assisi non era in grado di sopportare la luce, portava una fascia sugli occhi e stava sempre nell’oscurità; ma proprio in questo periodo scrive il Cantico di frate Sole, lode a Dio per la bellezza e la bontà del Creato che lui non poteva vedere.
Spesso il male che sentiamo ci impedisce di riconoscere il bene che abbiamo: anche per Francesco il percorso non è semplice, pure lui si sente smarrito, ma non smette di confidare nel Signore e di affidarsi ai fratelli. Perfino la morte, esito finale delle malattie di cui era afflitto, è cantata da lui come sorella. Non dobbiamo però pensare che sia stato facile: anche Francesco vive un timore umano di fronte a questo evento e cerca consolazione nella presenza dei frati, nella preghiera, nell’amicizia. Francesco ci mostra che la malattia può essere vissuta in modo umano, nella misura in cui riconosciamo anzitutto la nostra e altrui umanità, e agiamo prendendocene cura.
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