02 Febbraio 2024

Parola di Dio e discernimento

Perché la Parola di Dio è davvero così centrale nella vita dei cristiani, e in particolare nel discernimento vocazionale? Scopriamolo in vista della festa della Lingua di sant’Antonio!
Un frate francescano legge la Bibbia accanto a una finestra, nel Santuario della Verna (AR).
Un frate francescano legge la Bibbia accanto a una finestra, nel Santuario della Verna (AR).
© p. Paolo Floretta / Archivio MSA

Perché la Parola di Dio è centrale per noi? Perché noi cristiani siamo (o dovremmo essere!) così tanto legati alla Parola di Dio, alla Sacra Scrittura? Perché la Parola è fondamentale per la nostra vita di fede? Perché soprattutto nel discernimento vocazionale è irrinunciabile confrontarsi con essa e metterla al centro della nostra preghiera? Proviamo a dare qualche indicazione su questo.

Che cos’è la Parola di Dio?

Anzitutto dobbiamo chiarirci su una cosa: che cos’è la Parola di Dio! Attenzione, perché non è scontato, non è così come sembra! Noi pensiamo che Sacra Scrittura, Bibbia, Parola di Dio, siano tutti sinonimi… ma non è proprio così! Quand’è che nella chiesa usiamo l’espressione «Parola di Dio»? Lo facciamo durante la celebrazione della messa, al termine delle letture. E a cosa ci riferiamo? Certamente ci riferiamo al brano della Scrittura subito precedente, ma non solamente ad esso. O meglio: non ad esso preso in sé stesso. Ci riferiamo, infatti, a quella Parola in quanto è stata proclamata, pregata, ascoltata, assunta, vissuta, celebrata da una comunità di persone in carne ed ossaSolo quando la Scrittura incontra il cuore del popolo di Dio, solo quando il popolo di Dio, noi credenti, ci mettiamo in ascolto della Scrittura, allora questa diviene veramente «Parola di Dio». Infatti la «Parola di Dio» non è un testo scritto, ma un fatto, un evento, un accadimento! Essa è, infatti, anzitutto relazione: la relazione tra Dio e il suo popolo. La relazione tra persone vive (noi) e il Vivente (Dio).

E infatti questa relazione tra l’umanità e Dio assume proprio il nome di Gesù Cristo, che guarda caso è «il verbo che si fa carne», la Parola che si fa carne, la Parola che assume un corpo. La Parola di Dio è anzitutto Gesù Cristo, lui è la Parola che Dio dice sul mondo, lui è la Parola che viene, sempre! Anzi, ancora di più: questo evento, questo fatto, può accadere solamente perché in noi è presente lo Spirito Santo. Che è lo Spirito del Risorto, di Cristo Risorto. Che è lo Spirito del Padre, lo Spirito Creatore, che fa esistere e rinnova di continuo ogni cosa. Che è anche lo Spirito che soffia di continuo tra il Padre e il Figlio, cioè la loro stessa unione d’amore, in cui noi siamo immersi, in quanto fatti a immagine e somiglianza di Dio, immersi in questa dinamica con il Battesimo.

Allora è quello stesso Spirito che ha ispirato la Scrittura, che rende possibile l’accadere del nostro incontro con Dio in essa. Che rende possibile il fatto che Cristo stesso in noi ascolta il Padre che parla nella sua Parola, e risponde in maniera adeguata, ci permette di dire il nostro «sì» all’invito di amore del Padre. È solo attraverso lo Spirito Santo che noi possiamo veramente ascoltare la Scrittura, comprenderla, farla penetrare nel nostro cuore, lasciare che ci converta profondamente, che cambi la nostra vita, e che quindi tutto questo faccia accadere il miracolo della «Parola di Dio», quella Parola che non torna mai a Dio senza aver compiuto ciò per cui è stata mandata, quella Parola che rinnova sempre ogni cosa.

Perché tutto questo è fondamentale per la mia vita?

Se quanto detto non fosse sufficiente ad intuire perché questa Parola è davvero indispensabile alla nostra vita di cristiani (anzi, è indispensabile alla vita umana tutta), proviamo ad esplicitare un altro aspetto. Partiamo da una bella definizione di «cristiano» che ho trovato, che è questa: «Il cristiano è chi ha la capacità di vedere il senso interiore delle cose, la loro realtà più vera, e quindi di capire e scegliere ciò che è bene». Se «essere cristiani» vuol dire questo, allora certamente per «vedere bene dentro le cose» abbiamo bisogno di aprire gli occhi, di aprire le orecchie, di imparare a guardare con gli occhi giusti, ad ascoltare con le orecchie giuste. E quali sono gli occhi più giusti, le orecchie più giuste per vedere e sentire la realtà vera delle cose? Ovviamente quelli di Dio, cioè quelli di chi ha creato tutte le cose, di chi abita dentro tutte le cose, di chi sa il perché di tutte le cose! Allora il segreto dell’essere cristiani sta tutto qui: imparare a guardare con gli occhi di Dio, a sentire con i sensi di Dio!

E come si fa? Beh, bisogna frequentarlo, stare con lui, conoscerlo. E per conoscerlo, per stare con Dio, lo sappiamo abbiamo bisogno di alcune mediazioni, perché Dio non è a nostra disposizione direttamente (solo in paradiso lo vedremo finalmente «faccia a faccia»). E queste «mediazioni» nella vita del cristiano sono molte: la preghiera personale, la preghiera della Chiesa, la mia coscienza, il padre spirituale, i sacramenti, le relazioni, il creato, i poveri… e la Parola di Dio. Tra tutte queste mediazioni (tutte indispensabili alla nostra fede) la Parola di Dio (cioè, lo ripetiamo, il nostro incontro con Lui attraverso la Scrittura) è un mezzo potente perché, a differenza delle altre mediazioni, è scritta, è codificata, è fissata.

Questo significa che Dio si esprime in essa al massimo di ciò che è veramente: lì si incontra il volto di Dio proprio come Dio stesso parlerebbe di sé. Negli altri luoghi abbiamo sempre il rischio di modificare un po’ il volto di Dio a nostro piacimento, di fargli dire ciò che a noi fa un po’ più comodo. Nella Parola di Dio invece no! Mi spiego meglio: anche alla Scrittura possiamo far dire tutto quello che vogliamo! Ma se ci mettiamo con onestà davanti ad essa, e chiediamo il dono dello Spirito Santo, e la ascoltiamo «nella Chiesa» (cioè come comunità credente, e non come singolo battitore libero), insomma, facciamo della Scrittura la «Parola di Dio» (come abbiamo detto prima), allora è meno improbabile che riusciamo piano piano a scorgere chi sia Dio davvero.

E il Dio che scopriamo dentro la Scrittura, quando essa diventa Parola di Dio per noi, non è identico a quello che ci aspettiamo. Non lo è mai! Il compito della Parola di Dio è proprio questo: quello di smontarci, di rovesciarci le prospettive, di cambiare sguardo, radicalmente. In termini «ecclesialesi» si direbbe «convertirci». Infatti: «Non è cercatore chi, in modo più o meno nascosto, si sforza di affermare la sua mentalità, le sue idee, la sua ragione e finge di cercare mettendo in difficoltà chi non la pensa come lui. In realtà chi cerca è aperto. E ciò che cerca è esattamente un’altra cosa da quello che già possiede […]. Il cercatore cerca ciò che non ha ancora mentre chi difende la sua visione tenta di far vedere che la tua non va. Finge di cercare, ma in realtà non cerca proprio niente, semplicemente non vuole cambiare» (Rupnik, Il cammino della vocazione cristiana, p. 64). Ecco perché allora la Parola di Dio è fondamentale per la nostra vita: perché ci tiene in cammino, ci apre sempre nuovi orizzonti, ci mostra che Dio è sempre un po’ più in là. Ci libera dai nostri blocchi, ci insegna la via giusta, ci sorprende, ci affascina, ci sconvolge, ci turba, ci attrae, perché è sempre nuova, sempre più viva di quanto possiamo esserlo noi con le nostre sole forze.

Cosa c’entra tutto questo con il discernimento vocazionale?

Tutto questo, va da sé, è centrale, fondamentale, irrinunciabile nel discernimento vocazionale! Il discernimento vocazionale altro non è che imparare a mettersi in ascolto di Dio, imparare a stare con lui, imparare da lui come guarda le cose, come vede la nostra vita, imparare a rispondere ai suoi appelli come Cristo risponde in noi. Come pensiamo di poter fare discernimento senza stare attaccati alla Parola di Dio? Impossibile! Non servono tante altre parole in questo senso: o si sta con la Parola di Dio, oppure non si va da nessuna parte, letteralmente.

La festa della Lingua o della Traslazione

E, infine, cosa c’entra tutto questo con sant’Antonio e la festa della Lingua o della Traslazione? Il 15 febbraio, qui a Padova, noi frati francescani della Basilica di sant’Antonio celebriamo la festa della Lingua di sant’Antonio, o Festa della Traslazione. Si tratta di una celebrazione che ricorda alcune traslazioni del corpo di Antonio, avvenute tra il 1263 e il 1350 in Basilica, e in particolare due di queste. La prima traslazione, quella del 1263, a 32 anni dalla morte del nostro Santo (1231), a opera di san Bonaventura (in quel momento generale dell’ordine francescano, successore di san Francesco): in occasione dell’inaugurazione della nuova Basilica in suo onore, domenica 7 aprile 1263 (Ottava di Pasqua) il corpo di Antonio fu traslato dalla sepoltura originale (nell’attuale cappella della Madonna Mora, sotto l’altare, dove era stato posto nella terra il giorno dei suoi funerali, il martedì 17 giugno 1231), al centro della nuova Basilica, esattamente sotto la cuspide dell’Angelo. Fu proprio in questa occasione che Bonaventura, aprendo la cassa di legno, scoprì la lingua del Santo ancora vivida e incorrotta. E l’ultima traslazione, quella del 15 febbraio (ecco perché festeggiamo proprio oggi) 1350, quando il corpo di Antonio fu posto nell’arca eretta in suo onore, proprio dove lo troviamo anche oggi, a più di 670 anni di distanza.

Cosa ci dice il miracolo della Lingua incorrotta? Ci dice ancora una volta che sant’Antonio è il Santo della Parola: il Signore ha preservato quella Lingua che lo ha annunciato e testimoniato, con coraggio e passione. Antonio è diventato grande, e lo è ancora per milioni di pellegrini e devoti in tutto il mondo perché ha saputo stare in ascolto di quella Parola che gli dava vita, e ridonarla agli altri, di continuo, instancabilmente. Il ritrovamento della lingua incorrotta rappresenta quindi il sigillo di Dio sulla sua opera, il riconoscimento da parte del Padre che Antonio ha saputo e sa parlare di Lui, in maniera autentica e vera, e quindi «immortale», incorruttibile: «i cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mt 24,35). Attraverso sant’Antonio, il Signore, anche oggi, ci ricorda come la sua Parola salva la nostra vita, e ci invita sempre a tornare al cuore del Vangelo. Allora chiediamo a sant’Antonio di aiutarci sempre in questo cammino di sequela, di discernimento, di ascolto della sua Parola, perché essa possa sempre aprirci strade nuove (a questo link il santino della festa della Lingua con la preghiera a sant’Antonio).

Buon ascolto della Parola e buon cammino a tutti.

fra Nico – franico@vocazionefrancescana.org

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Data di aggiornamento: 13 Febbraio 2024
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