«Mi piace che tu insegni teologia»
Nei confronti dello studiare, Francesco d’Assisi nutriva qualche dubbio. Nella Regola bollata (1223), riguardo a chi voleva entrare nell’Ordine, afferma: «Quelli che non sanno leggere, non si preoccupino di imparare», ossia non è necessario essere uomini di cultura, desiderando solo «di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione» (Fonti francescane n. 104). Inoltre, nel famoso testo noto come La vera e perfetta letizia, Francesco dice a frate Leone che se anche tutti i grandi professori di Parigi fossero entrati nell’Ordine, non sarebbe stata questa «perfetta letizia». Tuttavia, il santo di Assisi, nel 1224, scrisse un biglietto a frate Antonio in cui lo autorizzava a insegnare teologia ai frati. In tal modo, si impegnava ad accogliere l’obbligo espresso nel concilio Lateranense IV (1215), per cui i predicatori dovevano avere una solida formazione teologica nell’annunciare la parola di Dio. Sant’Antonio assunse questo compito, divenendo il primo «professore» dell’Ordine dei frati minori.
La preparazione culturale, assieme ad altre virtù, a partire da frate Antonio venne sempre tenuta in conto nell’Ordine, anche se qualche sospetto rimase strisciante. Fatto sta che progressivamente l’Ordine si organizzò con centri culturali, chiamati Studia, in cui si impartiva una solida formazione teologica e culturale ai frati. Proprio grazie alla memoria di sant’Antonio, e ancor più per merito dell’incipiente Università di Padova, nel convento del Santo venne a costituirsi uno Studium importante per la formazione dei frati. A chi domandava perché i frati avessero biblioteche ben fornite di testi (e allora i libri erano un bene prezioso e costoso), san Bonaventura rispondeva che per predicare bene bisognava studiare bene e per bene studiare i libri erano un bene necessario! In questa logica comprendiamo il valore della Biblioteca del convento del Santo, i cui primi codici furono donati nel 1237 (compreso quello con i Sermoni di sant’Antonio): si tratta di una delle più antiche biblioteche francescane, che non ha mai avuto interruzione.
Com’era organizzato uno Studium francescano? Erano presenti alcuni livelli: il primo dava un’istruzione di base, il secondo prevedeva lo studio della filosofia, mentre il terzo era dedicato alle materie teologiche. L’iter completo, che sfociava nell’ordinazione sacerdotale, durava complessivamente dodici anni. I migliori proseguivano ancora gli studi per altri tre anni in un «Collegio» (identificabile con le attuali Facoltà) nel quale era stabilito un programma universitario gestito da docenti che avevano l’appellativo di «Maestri». Al termine del percorso si affrontava un esame finale, superato il quale si otteneva il titolo di «Dottore in Sacra Teologia». Nel 1363, un decreto di papa Urbano V unì in «consorzio» i vari Studia presenti nei più importanti conventi di Padova, con la possibilità di rilasciare il titolo dottorale, costituendo così una Universitas Theologorum integrata nell’Università patavina. Essa rilasciava titoli accademici riconosciuti e funzionò fino alla seconda metà dell’Ottocento, per venire poi esclusa dal riconoscimento accademico, nel turbolento contesto storico dell’epoca.
Nello Studium del convento del Santo confluivano non solo i frati locali, ma anche quelli di altre province italiane ed estere dell’Ordine per conseguire i gradi accademici che consentivano l’insegnamento. I docenti seguivano due correnti di pensiero teologico, che corrispondevano a due cattedre di insegnamento: una, in via Scoti, seguiva il più significativo esponente della tradizione francescana, frate Giovanni Duns Scoto (1265-1308), ed era finanziata dalla Repubblica Veneta; l’altra, in via Thomae, era orientata dalla dottrina della tradizione di Tommaso d’Aquino ed era assicurata dai domenicani del convento di sant’Agostino. Il dibattito culturale fu sempre molto animato, come pure la riflessione scientifica, che aveva avuto un impulso decisivo dalla traduzione dei testi del filosofo Aristotele e uno sviluppo importante con le novità di Galileo Galilei, docente a Padova dal 1592 al 1610 dove, come ebbe a scrivere, «consumai li diciotto anni migliori di tutta la mia età».
Un altro passaggio rilevante avvenne nel 1618, anno in cui l’Ordine dei frati diede una nuova impostazione agli Studia, introducendo la Ratio studiorum, cioè un ordinamento degli studi per riorganizzare le attività di insegnamento e apprendimento. Inoltre, un riconoscimento particolare allo Studium del Santo fu la concessione, da parte di papa Urbano VIII nel 1630, di poter dare il titolo di dottore in teologia a dieci studenti che avessero frequentato il terzo anno di studi magisteriali.
La storia successiva ha un’impronta totalmente diversa, segnata dal cambiamento culturale avvenuto nel frattempo; ma c’è un filo rosso che arriva fino ai nostri giorni. Nel mese di dicembre del 1945, nel convento del Santo, si dava avvio all’attività dello «Studio Teologico per Laici», iniziativa che idealmente voleva collegarsi alla tradizione dell’insegnamento teologico vissuto in quel luogo nei secoli precedenti. Se fino allora era riservato ai frati, all’indomani della Seconda guerra mondiale si apriva ai laici il progetto di una solida formazione cristiana. Fu un’iniziativa «profetica» che anticipava le varie «Scuole di formazione teologica per laici», aperte nel clima del concilio Vaticano II, e che continua ancora oggi nell’Istituto Teologico «S. Antonio Dottore», sito nella città di Padova, a meno di un chilometro dalla Basilica del Santo. Anche in questo modo facciamo memoria del compito che san Francesco aveva affidato a sant’Antonio: «Mi piace che tu insegni teologia».
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