Nel nome del Padre
Venivano a decine i bambini, ogni giorno. Lasciavano i villaggi e bussavano alle porte dei frati della Missione di Santa Teresa a Ibenga, in piena zona rurale, nel Centro Nord dello Zambia, chiedendo qualcosa da mangiare o da vestire. Molti avevano perso uno o entrambi i genitori per Aids, altri erano malati a loro volta. Vivevano spesso con i nonni o con i parenti che, pur dandogli un tetto, non potevano garantirgli i pasti, la scuola, l’assistenza medica. Eppure la missione, attiva tuttora, si trovava nel Copperbelt, la provincia nota per la sua ricchezza di minerali, una fortuna che però non ha mai migliorato la vita della povera gente, perché in mano di poteri stranieri. Come tanti Gesù Bambino, nati in un luogo senza futuro, i piccoli, alcuni di appena 2 o 3 anni, cercavano un posto in cui essere accolti. Ogni giorno era un supplizio per i frati vedere tanto bisogno e avere poco da dare.
Una situazione insostenibile, che però è presa di petto da fra Angelo Panzica, il quale, verso la fine degli anni ’90, fonda l’asilo per gli orfani e lo intitola al confratello Francesco Costantino Mazzieri. Non lo fa a caso: fra Francesco è un pezzo di storia dello Zambia e della Chiesa. È stato il primo missionario del Paese nel 1930, il primo vescovo cattolico dello Zambia e il prelato che alla fine della sua vita ha chiesto di ridiventare un semplice frate per operare proprio in questa povera missione. Oggi è sulla via della canonizzazione.
La preoccupazione per i bambini spinge fra Angelo a mobilitare i contatti nella sua Sicilia e, grazie al loro aiuto, riesce a costruire due aule, una cucina, un blocco di bagni per accogliere durante il giorno 40 orfani dai 2 ai 9 anni, sostenendo anche le spese per il cibo, la scuola e l’assistenza sanitaria. Fa costruire un alto muro intorno alla struttura, in modo che i bambini, una volta entrati, possano sentirsi al sicuro. Non solo, cerca volontari laici che seguano i piccoli in un percorso prescolare, in modo che un giorno possano accedere alla scuola pubblica con le stesse possibilità degli altri. Una cuoca prepara colazione e pranzo e uno spuntino da portarsi a casa, mentre un’altra volontaria cura un piccolo orto, da cui l’orfanotrofio attinge per i pasti. Il bisogno però cresce.
Dopo 15 anni di relativo miglioramento delle condizioni economiche del Paese, le crisi economiche globali, le guerre, il riscaldamento del Pianeta fanno ripiombare lo Zambia in un baratro di povertà. A Ibenga la gente vive soprattutto di agricoltura di sussistenza e i raccolti, anno dopo anno, sono sempre più magri a causa dei cambiamenti climatici. Agli orfani dell’Aids si aggiungono gli orfani della povertà, in stato di abbandono per la miseria dei genitori. Ma il peggio per i bimbi di Ibenga deve ancora venire. Nel gennaio del 2021 fra Angelo si ammala di covid e muore per le complicazioni della malattia. Viene meno l’ultimo missionario straniero, che poteva contare su aiuti esterni al Paese. Per i quattro frati che rimangono, tutti zambiani, portare avanti l’orfanotrofio diventa un’impresa impossibile.
A raccogliere il testimone di fra Angelo è fra Ilario Milenga: «Ero arrivato da appena due settimane quando Angelo si è ammalato. Un tempo breve ma sufficiente a farmi capire quanto amasse la sua missione. Un amore ricambiato, perché i bambini lo chiamavano “Abambo” , “papà”». Fra Ilario riflette. Sa di essere a un bivio e chiede al Provinciale di appellarsi a Caritas sant’Antonio, che gli accorda 7 mila euro per coprire le spese di un anno e dargli il tempo per capire il da farsi. «Quando si è sparsa la voce che avremmo riaperto – ricorda fra Ilario – ci siamo trovati con più di 100 bambini che chiedevano aiuto. A fatica ci siamo fatti carico dei 63 più vulnerabili; è stata una pena dover rinunciare agli altri. La vostra generosità ci ha però permesso di nutrire, educare e tenere al sicuro tutti questi bambini».
Il testimone passa ancora di mano e arriva a padre Gordon Fundaga che proprio in questi giorni ha mandato una nuova richiesta di aiuto a Caritas sant’Antonio: «Fra Gordon – spiega fra Valerio Folli, direttore di Caritas sant’Antonio – progetta di comprare dei semi di mais e costruire un mulino. L’intento è quello di auto prodursi in parte il cibo destinato ai bambini ma anche di creare una piccola economia in grado di sostenere l’orfanotrofio, visto che nella zona non ci sono mulini e i contadini sono costretti a fare molta strada per raggiungere il più vicino». Il sogno sta mettendo radici. Fra Angelo, che ora riposa nel cimitero della missione accanto a fra Francesco, ne sarebbe felice.
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