Notti africane
A Boussé sta calando la sera, fuori dalle capanne fervono i preparativi per accendere i fuochi e cucinare il to, la tradizionale polenta burkinabé ricavata dal miglio. Il buio ha ormai avvolto l’Africa: solo il calore delle fiamme fa trasparire un po’ di luce. Da queste parti non arriva l’energia elettrica, i più abbienti e gli edifici pubblici hanno un generatore alimentato a nafta. Per il resto della popolazione l’oscurità è una compagna di vita. Il buio accende i misteri e le leggende. Gli africani credono molto nelle leggende, per loro la notte non è solo una parte del giorno dove il sole si nasconde dietro la terra. La notte è il «luogo» dove si fanno brutti incontri, dove i jinn sferrano la loro cattiveria senza pietà, dove gli animali feroci del bush attaccano i villaggi. Per noi bianchi, abituati alle luci notturne delle nostre città, l’Africa rimarrà sempre un mondo sconosciuto e impenetrabile.
Quando la brousse va a dormire, ovunque deve regnare il silenzio degli uomini. È una legge non scritta. Solo alla natura è permesso bisbigliare. Le ombre lunghe dei baobab sembrano non finire mai, si dissolvono sfumando nelle radure, per scomparire totalmente dinanzi al primo ostacolo naturale. La leggenda narra che i baobab, nei tempi che furono, si radunarono nella brousse per inscenare una protesta contro la pioggia e il vento che rovinavano la loro lussuosa chioma e disturbavano la loro quiete. Per anni attesero il verdetto del Dio della natura, fino a quando un giorno, ormai inaspettata, arrivò la severa punizione: «Da oggi in poi vivrete con la testa sotto terra. Le vostre fronde non vedranno mai più la luce. Diventerete degli alberi ciechi» esclamò senza nessuna pietà il Dio Supremo. Da quel giorno i baobab diventarono delle piante senza foglie, se non, per grazia di qualche subalterno del Grande Dio, nella stagione delle grandi piogge. Sbalordisce osservare questi alberi con le radici rivolte verso l’alto, come se stessero a guardare il cielo, ancora una volta, per chiedere perdono a Dio.
Gli alberi sono preziosi nel Sahel, l’ombra che creano è di vitale importanza per gli abitanti. Senza quell’ombra, che si proietta sulla terra già al sorgere del sole, diventerebbe molto arduo sopravvivere alla canicola delle ore centrali della giornata. A queste latitudini la vita umana dipende anche dall’ombra, per questo gli alberi sono più importanti di qualsiasi altra cosa. L’albero fa parte della vita di ognuno e del quotidiano della socialità: sotto gli alberi ci si raduna per discutere di affari, per raccontare favole ai bambini, per tramandare la storia non scritta nei libri, per spettegolare dei fatti del villaggio. In Africa non si vive mai in solitudine, è impossibile. Sarebbe la fine dell’esistenza.