18 Gennaio 2025

In preghiera per l’unità

Inizia la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: occasione per riscoprire la ricchezza della fede.
In preghiera per l’unità

© iStock / Getty Images Plus

Dal 18 gennaio al 25 gennaio si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, un tempo propizio per dedicare attenzione a un tema non secondario. Infatti, l’unità dei cristiani non è una tra le tante questioni da affrontare nell’ambito cristiano, ma ha un’importanza davvero rilevante, perché è in gioco la credibilità della testimonianza cristiana. Prima della sua passione, Gesù prega così il Padre: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato». In questo modo, l’unità dei cristiani diventa testimonianza dell’unità di Dio e favorisce la nascita della fede negli altri: se siamo divisi, la credibilità viene minata.

Un passo necessario, quindi, è quello di camminare per questa strada dell’unità, partendo anzitutto dalla preghiera. La nascita della Settimana risale al 1908, quando Paul James Francis Wattson, episcopaliano, propone di celebrare un ottavario (in effetti non è una settimana ma sono 8 giorni) per domandare a Dio «il ritorno di tutte le altre pecore all'ovile di Pietro, l'unico pastore». Per diversi anni, la Chiesa cattolica ha vissuto questa iniziativa non come preghiera comune con gli altri cristiani, ma come occasione per pregare per il ritorno a Roma dei fratelli separati. Le cose sono cambiate grazie all'abate francese Couturier che cercò, negli anni Trenta, di orientare la preghiera verso la richiesta di riconciliazione tra i battezzati: «non si prega per la conversione ad una chiesa, ma per una conversione a Cristo»; l’unità che cerchiamo è quella «che Dio vorrà, con i mezzi che Egli vorrà».

Il tema di quest’anno è «Credi tu questo?» (Gv 11,26). Qual è il centro della nostra fede? Sicuramente un riferimento importante è la Professione di fede (il “Credo”) che recitiamo; essa è stata stabilita nei Concilii di Nicea (325) e di Costantinopoli (381), ma ci sono delle questioni relative al testo. In particolare, una delle cause dello scisma d’Oriente è proprio il filioque: questo termine compare nella versione latina del Credo Niceno-Costantinopolitano, quando si dice che lo Spirito Santo «procede dal Padre e dal Figlio», ma si tratta di un’aggiunta del VI secolo (per sottolineare la divinità del Figlio di Dio contro l’eresia ariana), rispetto alla formula originaria in cui l’espressione «e dal Figlio» (filioque appunto) non era presente. Questo ha portato a discussioni e contrasti tra Oriente e Occidente, fino allo scisma del 1054. In realtà, un aspetto importante della questione è quello linguistico: in Oriente si parlava greco, in Occidente latino. Ogni traduzione è un po’ un tradimento, per cui quel «procede», in latino si diceva procedit, mentre in greco ἐκπορεύεται. Questo secondo termine significa «trae origine»: si sta dicendo che lo Spirito Santo trae origine dal Padre, nel suo essere. Infatti il Padre è la fonte della vita trinitaria, il principio senza principio; sia il Figlio che lo Spirito traggono la loro origine dal Padre. Il termine procedit, invece, è più generico, non indica un’origine sostanziale; dice san Tommaso d’Aquino: «Noi ne facciamo uso per designare una qualunque origine; si dice ad esempio che la retta procede dal punto, che il raggio procede dal sole, il fiume dalla sua sorgente, come in ogni specie di altri casi. Così, dal fatto che si ammette l'una o l'altra di queste parole che evocano l'origine, si può concludere che lo Spirito Santo procede dal Figlio» (cfr. Summa theologica, Ia, quaestio 32) . Così, ad esempio, l’espressione di Gesù: «Ricevete lo Spirito Santo» rivolta ai discepoli dopo la Risurrezione (cfr. Gv 20, 22), indica un caso in cui lo Spirito procede dal Figlio. Capiamo bene, quindi, che in latino si può dire che lo Spirito procede anche dal Figlio, ma nella traduzione greca la cosa non regge, perché non si può dire che lo Spirito trae la sua origine divina dal Figlio!

Questa del filioque sarà anche una questione tecnica - sicuramente c’erano altri elementi (a livello politico e religioso) che hanno portato allo scisma - ma mette in evidenza un aspetto importante: la comunicazione. Non è facile comunicare bene, spesso c’è il rischio del fraintendimento, soprattutto quando si usano lingue o linguaggi diversi e non si conosce bene la cultura dell’altro. Una delle attenzioni del movimento ecumenico è proprio questa: promuovere la reciproca conoscenza delle confessioni cristiane, per cogliere il valore e la ricchezza che ciascuna custodisce.

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Data di aggiornamento: 18 Gennaio 2025
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