«Restiamo umani»
«Le vite vanno salvate, sempre». Il giornalista Luciano Scalettari ha fatto di questo motto la guida del suo impegno civile, sia in terra che in mare. Scalettari è, infatti, tra gli ideatori di ResQ-People Saving People, progetto che ha come obiettivo quello di mettere in salvo le vite dei migranti che attraversano il Mediterraneo. L’associazione omonima, fondata nel dicembre 2019 e presieduta dallo stesso Scalettari, fa dunque salpare un natante per finalità umanitarie di ricerca e soccorso, intervenendo nelle acque tra Europa e Africa per recuperare i migranti.
«L’idea è venuta in mente a me e a Giacomo Franceschini, un amico operatore umanitario, durante un viaggio in automobile. Ci pareva, questo progetto, qualcosa di grandioso, ma altrettanto impossibile da realizzare. E invece… eccoci qui. Inizialmente abbiamo pensato di rivolgerci a una Ong, ma non eravamo in linea con ciò che loro volevano. E allora abbiamo deciso di andare avanti da soli: abbiamo coinvolto amici, e poi amici di amici. Alla fine eravamo in 18 e con questo gruppo di persone siamo andati dal notaio per tenere a battesimo ResQ-People Saving People. Da allora se n’è fatta di strada, anzi di acqua: oggi la società civile che ruota intorno a ResQ comprende quasi 10 mila donatori, una novantina di associazioni sostenitrici, i gruppi territoriali, una sessantina di volontari “operativi”».
La onlus ResQ-People Saving People nasce dunque per salvaguardare la vita e i diritti di chi si trova in pericolo nel Mediterraneo, attraverso missioni di aiuto via acqua. Ma non solo. «Per salvare vite in mare – chiarisce Scalettari – abbiamo costituito anche degli “equipaggi di terra”, la cui opera di sensibilizzazione è fondamentale per mobilitare la società civile e diffondere una cultura del rispetto della vita. Al momento sono già 11 in tutta Italia questi gruppi di terra, ma altri se ne aggiungeranno a breve, mettendo assieme tutte quelle persone e quei cittadini che vogliono sostenere il progetto». La nave di soccorso ResQ People è un’imbarcazione di 39 metri, per 370 tonnellate di stazza; è salpata per la prima volta il 7 agosto 2021 e, solo nelle prime due missioni, ha salvato 225 tra uomini, donne e bambini. «Da allora – chiosa il presidente – abbiamo fatto cinque interventi in mare, poi la nave ha avuto dei problemi tecnici e adesso (ma ancora per poco) è in cantiere per quelle riparazioni che le consentiranno di poter ritornare presto nel Mediterraneo».
Luciano Scalettari, prima di diventare presidente di ResQ, era un giornalista. «Sono diventato giornalista nel 1987 e dal 1992 ho sempre lavorato a “Famiglia Cristiana”, anche come inviato, seguendo in particolare il continente africano. Dal 1994 ho effettuato una sessantina di viaggi e reportage in almeno 30 Paesi africani. Questo retroterra mi ha permesso di affrontare il tema migratorio con occhi diversi: nessuno, ribadisco, nessuno, lascia la propria famiglia e il proprio Paese se non perché ritiene di non avere alternative. I migranti sono persone che fuggono da situazioni indegne di una vita umana e, benché consapevoli di correre rischi terribili per la propria incolumità, partono con la speranza di riuscire a garantirsi una vita migliore. Anche negli ultimi anni del mio lavoro al settimanale paolino, quando non ero più inviato e svolgevo il compito di vice-caporedattore, non sono mai riuscito a scordare l’Africa. E pure l’impegno con ResQ è un modo per mantenerne viva la memoria dentro di me».
Nonostante le migliaia di vite umane perse in questi «viaggi della speranza», ancora oggi quando si parla di immigrazione la politica pare scatenarsi, prefigurando scenari apocalittici. «In realtà è un falso problema – sottolinea Scalettari –. Gli arrivi complessivi sono solo leggermente incrementati, ma oggi l’immigrazione irregolare ha anche altri canali. Vorrei evitare le strumentalizzazioni della politica e focalizzare la mia attenzione su chi invece vuole agire: persone che salvano persone. È indegno cercare consenso e voti sulla pelle di questi uomini, donne, bambini. Chi si trova in pericolo in mezzo al mare non solo è un invisibile, ma pare non venga più nemmeno considerato un essere umano, visto che si ritiene lecito abbandonarlo al suo destino. Una delle poche voci di denuncia è quella di papa Francesco che parla di queste persone come di “vite di scarto” che dovrebbero invece essere la nostra prima attenzione. Per questo la nostra mission è stata e sarà sempre quella di salvare vite umane. Il nostro è semplicemente un servizio umanitario che si basa su un principio “sacro”: dare una speranza a chiunque si trovi in pericolo nel nostro mare».
Eppure, pare che il nostro mondo stia dimenticando l’umanità. Il 3 ottobre scorso ricorreva il nono anniversario della strage di Lampedusa (368 morti e più di una ventina di dispersi), una vicenda che abbiamo il dovere di ricordare. Papa Francesco la definì «una vergogna». Nonostante ciò si continua a perdere vite in mare: è accaduto, a Lampedusa, anche di recente. «Il progetto nasce appunto da un piccolo gruppo di amici, tra cui l’ex magistrato Gherardo Colombo, nostro presidente onorario, e Cecilia Strada, responsabile della comunicazione – insiste Scalettari –, stanchi di vedere morire migliaia di migranti nel tentativo disperato di attraversare il Mediterraneo. Per questo abbiamo deciso di rompere il muro dell’indifferenza e provare a metterci in gioco, con un unico obiettivo: non perdere la nostra umanità, perseguendo i principi imprescindibili e non negoziabili che proprio dell’umanità sono la base. Resto attonito dinanzi al costante tentativo di criminalizzare la solidarietà. ResQ salva persone in pericolo. Possibile che ci sia chi pensa che si dovrebbe lasciarle morire in mare o riportarle nei lager libici?».
A ben guardare non è solo una questione di umanità. Il progetto ResQ, infatti, con la sua opera dà anche attuazione al dettato costituzionale. «Per tutti noi – conclude il presidente – ResQ è anche un modo per realizzare la nostra Costituzione, la quale, riconoscendo la pari dignità delle persone, richiede di adempiere ai “doveri inderogabili di solidarietà” (articolo 2), tra i quali evidentemente anche quello di salvare chi corre pericoli per la propria salute o addirittura per la propria esistenza. La nostra Carta fondamentale è bellissima: non fa distinzione tra le persone o le nazionalità. Abbiamo il dovere di accogliere e proteggere chiunque sia impedito di godere delle libertà democratiche (che comprendono, appunto, anche la salute, il lavoro, i diritti civili…). Solo così onoriamo davvero la nostra bandiera, il nostro Paese, il nostro Continente».
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