Se i folli aiutano i tossici

Un progetto che sembra al limite dell’assurdo, portato avanti da suor Simona Villa, missionaria e medico chirurgo, che salverà in Togo decine di giovani dalla tossicodipendenza.
05 Marzo 2024 | di

Dietro le quinte, ma nel cuore dei progetti. Succede a molte suore, che ogni giorno, nel continente africano, si affannano a prestare servizio nelle periferie umane, offrendo assistenza diretta ai più poveri. L’ultimo miglio, lo chiamano gli esperti, che, tradotto, significa «la manovalanza del bene». Suor Simona Villa è una di loro, tra le più attive in Africa occidentale. Ma non aspettatevi la suorina oleografica di certi racconti missionari: studi di medicina a Milano, Misericordina, è in Togo da molti anni ed è primario di chirurgia all’ospedale Fatebenefratelli St.Jean de Dieu di Afagnan, che a suo tempo ha organizzato da zero. Caritas sant’Antonio l’ha intercettata per l’appoggio dato ai progetti di Grégoire Ahongbonon, il «Basaglia d’Africa», in Togo, il primo a creare una rete di cura e assistenza ai malati mentali, abbandonati o legati, spesso fino alla morte, a ceppi nei villaggi, perché ritenuti preda di una possessione diabolica. Progetti a cui ha partecipato anche Caritas sant’Antonio, in varie occasioni. 

Il metodo Grégoire di accoglienza, cura, reinserimento sociale, spiritualità portato avanti in Togo e in Benin, grazie all’associazione San Camillo De Lellis, suor Simona è riuscita a integrarlo nel suo costante impegno a favore dei malati, dentro e fuori la sala operatoria, perché la persona «bisogna curarla tutta». Pochi come lei sono accanto ai rifiuti della società, i malati mentali, i giovani drogati trovati nei centri di Grégoire, con sintomi psicotici. «Ma la tossicodipendenza va trattata in apposite strutture, che in Togo non esistono» afferma. Da qui la richiesta a Caritas sant’Antonio di ristrutturare un vecchio edificio della San Camillo, a Tokpli, nella prefettura di Yoto, al confine con il Benin, per farne un centro di recupero per i tossicodipendenti, in collaborazione con la diocesi di Anetto. Il primo centro di questo tipo in Togo. Una responsabilità istituzionale, oltre che umana e spirituale. Dalla buona riuscita dipende, per esempio, l’attenzione delle autorità e quindi la possibilità di creare un’esperienza pionieristica e replicabile, e soprattutto di assicurarsi la sostenibilità futura.

«La situazione dei giovani è gravissima, oppressi dalla povertà e dal non senso, incappano nella spirale della droga. Qui si trova soprattutto marijuana, perché si coltiva facilmente, ma ci sono anche dei miscugli chimici di sostanze, che girano nelle scuole. È uno sfacelo!». Per queste ragioni molti muoiono, altri cadono nella malattia mentale, altri finiscono in carcere. Le famiglie sono disgregate e incapaci di reagire. «Ma il problema dei problemi è che se anche trovassero la forza di smettere, che prospettive avrebbero in un Paese in cui non c’è lavoro e in cui il primo problema, appena ci si alza, è procurarsi il cibo per la giornata?».

Non resta che una piccola risposta, una breccia di luce: «Ho ideato il centro di Tokpli come un centro di accoglienza, tagliato sulla tossicodipendenza, lontano dai circuiti della droga. Ci saranno 20 posti, perché si tratta di pazienti da seguire in modo particolare». L’idea si innesta sul metodo Grégoire: «Il centro sarà autogestito dai pazienti, che a turno si avvicenderanno nelle incombenze domestiche. A capo del centro metteremo un ex paziente ed ex tossicodipendente, che proviene dal centro di Zooti di Grégoire e che oggi è aiuto infermiere. A sostenerlo, un altro ex paziente, esperto di agricoltura, per improntare orto e allevamenti e insegnare un mestiere ai ragazzi. Il lavoro è la migliore terapia per tenere i giovani lontano dalla droga e far loro vedere una prospettiva».

La richiesta arriva a Caritas sant’Antonio il 22 giugno 2023. C’è da rifare tetto, infissi, impianto idrico ed elettrico, fosse settiche, verniciature e possibilmente una «grotta Mariana, come piace a Grégoire, perché tutto si fa in nome di Dio». La richiesta è di 35 mila e 400 euro. Il progetto viene chiuso il 14 gennaio 2024, i primi ragazzi entrano il mese scorso, ed è presto per fare bilanci. Ma la cosa più bella è il «come» si è arrivati a concluderlo: «A turno, durante questi mesi – racconta suor Simona –, abbiamo portato i pazienti del centro di Grégoire di Zooti, ormai esperti in varie manualità apprese al centro stesso, a Tokpli. È stato bellissimo, anche se ci ha richiesto più viaggi e controlli, perché i malati psichiatrici hanno sempre bisogno di essere rassicurati, ma se riescono a fare ciò che gli chiedi, riacquistano fiducia nel futuro. Una grande occasione di riabilitazione!». Alla bravura ormai indiscussa, suor Simona aggiunge il suo grande cuore: «Oltre a dirvi un grosso grazie, vi chiedo ancora una cosa: l’avventura comincia adesso e abbiamo bisogno di tanto sostegno e preghiere perché il progetto possa aiutare tanti giovani a ritrovare la strada».

Segui il progetto su www.caritasantoniana.org.

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Data di aggiornamento: 05 Marzo 2024

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