Siamo tutti turisti
Un pensiero contradditorio, un tarlo: da un lato l’estate nel 1939, «gran galà, feste mondane, voglia di vivere», vacanze in Versilia e al Sestriere, ultima estate di pace. Il primo settembre i nazisti invasero la Polonia e tutto cominciò. Dall’altro lato, l’estate di quest’anno, 2023: il boom del turismo, la voglia di viaggiare, di affollarsi a Venezia e Firenze, in Puglia, sulle Dolomiti o sul Sentiero degli Dei nella costa amalfitana. Attorno vi è un mondo, vicino e lontano, che va in pezzi. I mercenari di Wagner che potrebbero infiammare le frontiere con quella stessa Polonia. Il labirinto sanguinoso e senza via di uscita della guerra in Ucraina. La minaccia atomica oramai non più tabù. E l’Africa che, fra Mediterraneo e Sahel, dal Niger al Sudan, non conosce la parola futuro.
E, nello stesso tempo, in Italia, le previsioni sul turismo sono da vertigine: 127 milioni turisti, italiani e stranieri, si stanno affollando in ogni luogo della penisola. Passeranno mediamente tre notti e mezza fuori casa: 442 milioni di pernottamenti. Non è facile districarsi nella geografia dei dati: in Trentino si aspettano 52,6 milioni di presenze. Il 15,4% in più rispetto allo scorso anno. In Veneto le presenze saranno poco più di 73 milioni: Venezia è una scintillante calamita, ma a Padova nei primi sei mesi del 2023 hanno già dormito 575mila turisti, 135mila in più rispetto al 2022. 22% in più a Milano, 10% in più a Napoli. L’11% di crescita è la media nazionale.
Non si erano mai visti così tanti turisti. In estate a Positano, 10 mila residenti, arrivano fra i 17 e i 24mila turisti al giorno. Nel corso del 2023 sono attesi 765 mila arrivi in Basilicata (meno di 600 mila abitanti). Economia trainante, il turismo: vi è chi calcola che rappresenti l’11% del Prodotto Interno Lordo. E alle stime statistiche sfugge quasi quel 25% di turisti che riescono a non registrarsi. A Venezia, oramai da un anno, il numero dei turisti quotidiani ha scavalcato quello dei cittadini residenti nel centro. Ad aprile dello scorso anno, nella città lagunare, si provò a raffrontare le presenze registrate nelle strutture ricettive con i cellulari intercettati dalle celle alle quattro del mattino: ebbene, la stima è che, tra calli e campi, vi fossero almeno ventimila non residenti «sconosciuti».
Le città scricchiolano, cambiano pelle e antropologie, nascono ovunque «locazioni turistiche», il rumore delle ruote dei trolley è oramai una sonorità urbana, i prezzi si impennano, scompaiono le botteghe. Eppure il turismo è un’idea di libertà, di tempo liberato, una piccola felicità personale. Come se ne esce? Come se ne esce in questi tempi in cui la guerra è una nuvola minacciosa a poca distanza dalle nostre vacanze?
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