Paziente al centro
«Caro direttore, in questi anni si stanno diffondendo in molte parti d’Italia sedi di gruppi di medicina privata e convenzionata. Per esperienza personale, ho apprezzato la loro efficienza e la capacità di rispondere alle mie necessità in tempi più rapidi di quelli della sanità pubblica, a fronte di una spesa chiaramente maggiore. Queste strutture, tuttavia, non sono economicamente accessibili a tutti: per molti l’alternativa è tra l’attesa e la rinuncia. Tengo a precisare che la sanità pubblica è una buonissima realtà, soprattutto in alcune regioni. Eppure la recente narrazione data dalla stampa locale e nazionale evidenzia la carenza di personale sanitario: una sanità pubblica in continuo affanno contro una sanità privata in lenta, ma costante, espansione (anche se spesso i camici bianchi sono gli stessi, operanti sia da un lato che dall’altro). In tale contesto, mi permetto di condividere la sensazione che vi sia una deriva verso un modello di sanità americano, cioè in mano agli operatori privati. Vedo sempre più un Paese in cui chi può opta per il servizio offerto dal privato (ove trova maggior disponibilità in termini di tempi e professionalità) e chi non può è “costretto” a rivolgersi al servizio pubblico, quale che ne sia lo stato di salute. La Costituzione ci ricorda che l’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Corrisponde proprio all’utilità sociale avere una sanità pubblica capace di garantire le cure agli indigenti e, se possibile, a tutti i cittadini. Un sistema come quello americano, per me, non è per forza un male, ma è necessario che un’eventuale transizione venga esplicitamente dichiarata dall’amministrazione pubblica, all’interno di uno sguardo d’insieme sulla società».
Lettera firmata
In merito alla questione proposta, è interessante la recente ricerca a cura del Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo, «I dilemmi del Servizio Sanitario Nazionale presente e futuro», che confronta le percezioni degli italiani (su base statistica) con i dati reali del sistema sanitario, aprendo alcuni possibili scenari e sollecitando risposte da parte delle istituzioni, soprattutto in riferimento al rapporto tra pubblico e privato. Ciascun approccio ha i suoi pregi e difetti, ma rimane il principio basilare della garanzia dell’assistenza sanitaria essenziale per tutti, soprattutto per i poveri: a questo fine, non è sufficiente aumentare la spesa per la salute, ma è necessario rimuovere le cause sociali delle disuguaglianze, legate all’ambiente di vita, all’educazione, all’accesso alle strutture e alle informazioni. Inoltre, è fondamentale riportare il paziente al centro della riflessione sulla sanità: non è semplicemente una macchina da aggiustare quando qualcosa si rompe, per cui c’è bisogno di un professionista che risolve il problema grazie a una certa tecnica, ma una persona di cui prendersi cura.
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