10 Luglio 2024

Tesori d'Emilia

Dagli antichi incunaboli fino ai caratteri di Bodoni. Parma, Piacenza e Reggio Emilia si mostrano nell’inedita veste di culla dei libri, tra biblioteche storiche, musei e capolavori dell’arte e dell’architettura civile e religiosa.
Tesori d'Emilia
Uno scorcio dell’interno della cattedrale di Piacenza.
© Archivio Museo Cattedrale

Arte, scrittura, libri. C’è un filo conduttore che lega le varie espressioni dell’editoria: quella, per intenderci, che da Gutenberg in poi non ha mai smesso di considerare la carta stampata anche come l’esito dell’opera di artigiani dal talento rivoluzionario? L’Emilia, tradizionalmente terra di motori, di musicisti, di compositori e cantanti d’Opera, oltre che di inimitabili prelibatezze gastronomiche, sa declinarsi con un registro alternativo rispetto a quello degli (invidiabili) stereotipi per cui è conosciuta in tutto il mondo. Tra il fiume Po e l’Appennino tosco-emiliano si possono infatti rinvenire, come in uno scrigno segreto, i tesori nascosti di questa terra dove genialità e innovazione si sono sempre intrecciate, consegnandoci un patrimonio storico, paesaggistico e culturale ricco di suggestioni, come quelle evocate dal Museo Bodoniano che si trova all’interno del Complesso della Pilotta a Parma (https://complessopilotta.it), intitolato a Giambattista Bodoni, famoso per essere il padre dell’omonimo carattere tipografico. Il museo ospita una fabbrica del libro con strumenti da lavoro originali della sua officina, edizioni uniche e rare anche in seta e pergamena, un carteggio di 12 mila lettere e 80 mila pezzi della stamperia Bodoni. Attraverso un tavolo interattivo touch screen, è possibile sfogliare diversi volumi. Tra questi anche il celebre Manuale tipografico al quale Bodoni, d’origine piemontese, lavorò per tutta la vita.

Egli nacque a Saluzzo (Cuneo) nel 1740. Si fece le ossa a Roma nella stamperia di Propaganda Fide, la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. A 28 anni si mise a lavorare per i duchi di Parma dimostrando il suo talento. Ma fu, per l’appunto, il suo Manuale tipografico del 1788 a renderlo famoso anche oltreoceano dove collezionò gli elogi dello scienziato e politico Benjamin Franklin, uno dei padri degli Stati Uniti. L’opera Oratio Dominica del 1806, con traduzioni del Pater Noster in 155 lingue, divenne il più grande catalogo di alfabeti mai pubblicato. Le edizioni di Bodoni, considerate capolavori, definiscono il gusto tipografico moderno combinando eleganza, lusso e raffinatezza. Nel 1791 egli avviò la sua tipografia indipendente. In catalogo aveva autori antichi, e classici italiani, francesi e inglesi. Bodoni seppe dare una nuova veste ai libri, raggiungendo impareggiabili livelli di perfezione ed equilibrio. Per farlo, nella sua officina impiegava oltre 70 mila pezzi come punzoni in acciaio e matrici di rame. Aveva un’attenzione quasi maniacale per i dettagli, dal disegno iniziale delle lettere fino all’incisione e alle matrici, alla composizione grafica e alle diverse tecniche di stampa. E, non di rado, nei suoi lavori inseriva anche illustrazioni xilografiche o calcografiche.

Una sala del Museo ospita una libreria che raccoglie alcuni volumi di Bodoni, con le legature originali. Tra questi, le rarissime edizioni delle Odi di Anacreonte su pergamena di Baviera e delle Stanze di Poliziano stampate su seta. All’interno del Complesso della Pilotta, la Biblioteca Palatina, fondata nel 1761 dai duchi Filippo e Ferdinando di Borbone e inaugurata ufficialmente nel maggio del 1769 alla presenza dell’imperatore d’Austria Giuseppe II, sfoggia i suoi volumi storici, tra i quali manoscritti, codici miniati dell’XI e XII secolo, conservati in sale affrescate, come la Sala Dante dipinta da Scaramuzza con scene dalla Divina Commedia, e la Galleria Petitot – con il soffitto dipinto a cassettoni e rosoni a chiaroscuro – dal nome dell’architetto francese Ennemond Alexandre Petitot, cui si devono i disegni dei settecenteschi scaffali di noce, poi realizzati da Drugman.

Alla Pilotta si può vedere anche il Teatro Farnese che testimonia la magnificenza della corte dei duchi Farnese, sebbene le architetture seicentesche originali siano state ricostruite dopo i danni subiti dai bombardamenti degli Alleati nell’ultima guerra. Da non perdere nemmeno il Salone Maria Luigia con i libri disposti in nicchie separate da lesene corinzie, e la Sala De Rossi ricostruita, in prossimità del salone Maria Luigia, con le stesse dimensioni di quella precedente, demolita, con i medesimi sontuosi arredi e la decorazione in stile Impero. A Noceto (Parma) il Museo della Tipografia Fernando Libassi, presso il Centro museale Francesco Barocelli, espone macchine da stampa italiane e attrezzature di un tempo, nate dalle mani di abili artigiani, appartenute, in passato, all’antica tipografia La Grafica Nocetana.

Labirinto e biblioteche

Ispirato da Bodoni, un altro editore illuminato è stato il celebre bibliofilo e collezionista d’arte Franco Maria Ricci (1937-2020). Nato a Parma, Ricci studiò dai gesuiti e al liceo classico Romagnosi. Dopo essersi laureato in geologia e aver lavorato in Turchia nel settore petrolifero, iniziò la sua carriera di grafico esponendo i suoi lavori a New York. Nella sua carriera pubblicò la ristampa dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert. Nel 1982 lanciò la rivista «FMR». Le sue opere sono custodite all’interno del Labirinto della Masone, il più grande al mondo (www.labirintodifrancomariaricci.it). Sorge a Fontanellato (Parma) ed è stato costruito con 300 mila piante di bambù. Il complesso della Masone è composto da museo, biblioteca, spazi espositivi e dal Labirinto, frutto di una promessa di Ricci allo scrittore argentino Jorge Luis Borges di cui l’editore era amico. La storia del complesso racconta che «negli anni Novanta del secolo scorso, il giovane studente torinese di architettura Davide Dutto propose a Ricci un progetto affascinante, accettato con entusiasmo. L’idea consisteva nel ricostruire tramite software, ai tempi innovativo, la mitica Isola di Citera e le sue architetture, così come erano state descritte nel più prezioso fra i libri a stampa, l’Hypnerotomachia Poliphili». Il Labirinto combina elementi di labirinti classici e rinascimentali. All’interno del complesso della Masone, i cinquecento pezzi dell’eclettica collezione d’arte di Ricci, che procede per associazioni e parallelismi, coprono cinque secoli di storia dell’arte, dal Cinquecento passando per la grande scultura del Seicento, fino a quella neoclassica; dai busti dell’epoca di Napoleone alle opere di manieristi come Carracci e Cambiaso; da artisti legati al periodo aureo del Ducato di Parma come Boudard, Baldrighi e Ferrari alla pittura dell’Ottocento con Hayez. Il Novecento è rappresentato da opere di Wildt, Ligabue e Savinio.

Se ci spostiamo a Piacenza, qui scopriamo che la Biblioteca Passerini-Landi (www.passerinilandi.piacenza.it) vanta, tra le sue collezioni, un pezzo unico: il Codice Landiano 190, un manoscritto risalente al 1336 considerato il più antico, di data certa, della Divina Commedia di Dante. La data fu apposta dal copista Antonio da Fermo insieme al proprio nome e a quello del committente: il pavese Beccario Beccaria. Il codice riporta, oltre alla Divina Commedia, anche opere di Guittone d’Arezzo, Bosone da Gubbio e Jacopo Alighieri. All’inizio, nel 1774, il nucleo della biblioteca contava cinquemila volumi della libreria ex gesuitica. A questi si aggiunsero i volumi del conte Pier Francesco Passerini a cui è associato il nome del marchese Ferdinando Landi che ne raccolse la biblioteca, e poi i volumi della libreria Cardani di Modena. Nel 1799 entrarono a far parte della biblioteca i testi del Convento di Sant’Agostino. Nel decennio successivo, la biblioteca acquisì 7 mila volumi da altre corporazioni ecclesiastiche soppresse. Tra le donazioni ricevute, anche il salterio (un codice in pergamena, contenente i salmi) di Angilberga d’Alsazia (ca. 830 – 896/901), consorte di Ludovico II e imperatrice del Sacro Romano Impero.
A Reggio Emilia, invece, il settecentesco Palazzo San Giorgio dispone di un considerevole e prezioso patrimonio, in particolare di incunaboli, manoscritti, cinquecentine e antiche carte geografiche. Nello stesso edificio ha sede anche la biblioteca comunale intitolata ad Antonio Panizzi, esule a Londra nell’Ottocento, il quale diede grande impulso alla crescita e all’organizzazione della biblioteca del British Museum. 

Tra abbazie e cattedrali

A Parma, non lontano dalla cattedrale di Santa Maria Assunta, sorge l’abbazia benedettina di San Giovanni Evangelista. Il suo fiore all’occhiello è la Biblioteca monumentale che possiede un patrimonio di oltre 40 mila volumi ed è impreziosita da una spettacolare serie di affreschi cinquecenteschi che propongono una lettura originale della sapienza umana nel suo sforzo di ricerca della verità e della giustizia. Sulle pareti campeggiano gli affreschi di alcune carte geografiche, tra le quali una del Ducato di Parma e Piacenza che celebra la Signoria dei Farnese (www.monasterosangiovanni.com). Una vera rarità è il Codice 65 o Libro del Maestro, ospitato dal Museo Kronos della cattedrale di Piacenza (https://piacenzapace.it). È un manoscritto di pergamena del XII secolo, tra i più importanti d’Europa. Il testo riporta nozioni di astronomia, informazioni su usi e costumi della popolazione legati ai cicli lunari e al lavoro dei campi; e poi miniature che rappresentano i primi drammi teatrali liturgici d’epoca medioevale. Attraverso una serie di schermi touch screen, si possono «sfogliare» le pagine del Codice 65 ad altissima risoluzione. 

Un’altra tappa da non perdere è il borgo di Bobbio (Piacenza) dove sorge la possente struttura dell’abbazia di San Colombano che segnò il passaggio dal periodo gotico a quello rinascimentale. Solo in parte venne conservata la struttura dell’antica basilica protoromanica. Presso l’abbazia si trovano antichi codici e un nuovo scriptorium ovvero il luogo dove gli amanuensi ricopiavano i libri, soprattutto in epoca medioevale. Una quindicina di codici trascritti dai monaci e collocati nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, sono stati digitalizzati e si possono sfogliare ad alta risoluzione.

Da Zavattini ai comics

Cesare Zavattini (1902-1989), scrittore e pittore, fu uno dei più importanti intellettuali italiani legati al Neorealismo. A Luzzara (Reggio Emilia), suo paese natale, ha sede il Centro culturale Zavattini (www.fondazioneunpaese.org). Oltre alle attività della biblioteca, il Centro promuove rassegne, eventi culturali, laboratori didattici, esposizioni e pubblicazioni. È nato nel 2006 dalla Fondazione Un Paese, dando vita così a un polo culturale dov’è possibile visionare filmati e materiale afferente al Fondo Cesare Zavattini e ad altre collezioni. Ma Reggio Emilia guarda anche al presente e al futuro delle arti contemporanee con un’avveniristica Scuola internazionale di comics che organizza laboratori, workshop e incontri con gli autori, tra fumetti, illustrazioni, animazione e design. Fondata dal disegnatore Dino Caterini, la Scuola ha saputo evolversi negli anni proponendosi come una vera e propria accademia delle arti visive, grafiche, digitali, letterarie e musicali, arrivando ad abbracciare anche il cinema dal vero, quello d’animazione, la scrittura filmica e creativa, e i videogame.

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Data di aggiornamento: 10 Luglio 2024
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