Tradimento. Rinascere nella verità

Solo nella verità possiamo camminare, altrimenti siamo statue di sale pietrificate a guardare il passato.
21 Aprile 2021 | di

«Sono stato frainteso» l’apostolo Pietro non lo può proprio dire. Il suo tradimento è a tuttotondo, scolpito nei quattro Vangeli, nessun occhiello innocentista, nessun catenaccio complottista. È tragico, limpidamente squadernato nei secoli dei secoli, parte integrante delle Scritture canoniche a noi consegnate come luce ai nostri passi. Non è accaduto a sua insaputa o per distrazione. Non era altrove al momento dei fatti. Pietro ha tradito Gesù. Si tradisce sempre una persona. Non c’è mai nulla di impersonale nel tradimento.

Si dice tradire una causa o una nazione ma si tratta solo sempre di persone, il fatto che siano tante non attenua l’effetto del tradimento, anzi, diventa una cascata. Il politico che tradisce la fiducia per denaro o per sciatteria o per impreparazione devasta la capacità di credere nell’altro senza la quale la vita civile è un inferno. Alimenta il sospetto, ci fa guardare l’altro con un pregiudizio negativo. Il tradimento del politico lacera il patto con ciascun cittadino.

Per questo il tradimento è il fatto più personale che esista. Per questo è devastante. Devasta la trama delle relazioni molto oltre le persone direttamente coinvolte. E, a differenza di altri comportamenti sbagliati, come un furto ad esempio, non è facile riparare il male fatto, qualche volta impossibile proprio. Ricostruire la fiducia richiederà mille azioni distese nel tempo, infinite attenzioni, una quantità di parole riparative che riconoscano l’altro, il suo valore calpestato, i suoi diritti ignorati. Non basta chiedere scusa, e a volte nemmeno si può.

Gesù muore, nemmeno Pietro può scusarsi. Eppure aveva una promessa sul capo, tu sarai Pietro, solenne promessa di Gesù e quindi, come dire, garantita, efficace. Eppure ha tradito. Eppure è santo, è capo della Chiesa, eppure. Che cosa c’è in mezzo tra il tradimento e la santità? C’è la possibilità di scoprire il proprio posto nella storia: non siamo Dio ma non siamo nemmeno dei dannati, mai. «Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere?» (Sal 130, 3). Santa pazienza che meraviglia. Siamo più importanti delle nostre colpe. C’è un amore che ci sostiene, ci mantiene importanti qualsiasi cosa facciamo, proprio qualsiasi.

Ma questo vale anche per i tradimenti degli altri. Non può cessare il credito di fiducia nell’altro. Sono altri «noi», traditori eppure capaci di rinascere. È chiaro che ci deve essere qualcosa che lo permette e non lo fa scadere nel gioco del prima dico, poi sdico e poi ricomincio. Rinascere richiede un contesto in cui la verità ha in qualche modo una casa. Gesù durante la sua predicazione inaugura in mille modi questa casa della verità: il giovane ricco, gli scribi e i farisei che vogliono uccidere l’adultera, i mercanti del tempio. Tutti rinviati alla verità di loro stessi. Se la verità ha una casa tra noi, se il contesto ci permette di riconoscerla, dal tradimento si può ripartire, se la società è avvelenata di menzogne anche la verità sembrerà una menzogna o un gioco perverso.

Ci sono le colpe, vanno squadernate e non nascoste, scolpite nelle pagine della verità. La grande lezione della Commissione per la verità e la riconciliazione del Sudafrica, o dei gaçaça, i tribunali popolari del Rwanda post genocidio. Quanti tradimenti da riconoscere per poi poter ripartire. Solo nella verità possiamo camminare, altrimenti siamo statue di sale pietrificate a guardare il passato. Pietro si rialza e va, fino al martirio. È una seconda nascita e ce ne può essere una terza e una quarta e una quinta. Infinite nascite. È la libertà di chi è infinitamente amato.

 

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Data di aggiornamento: 21 Aprile 2021
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