Un’etica da Nobel
Capita di rado che una singola «storia» racchiuda in sé tanti spunti di riflessione sulle sfide che ci attendono. Per questo vale la pena tornare sulla assegnazione del Premio Nobel 2024 per la Fisica a John Hopfield e Geoffrey Hinton, per il ruolo che hanno avuto nello sviluppo delle reti neurali, fondamentali per l’apprendimento automatico dei computer e il successivo boom delle Intelligenze artificiali (al plurale). E concentrare la nostra attenzione su cose che da noi non hanno avuto il giusto rilievo. Riguardano il secondo dei premiati, il britannico/canadese Hinton. Se andate alla pagina Wikipedia a lui dedicata scoprite che è presentato come «psicologo e informatico». E allora che cosa c’entra con la fisica? Qui siamo al primo dei nodi.
Intanto va detto che un premio Nobel per l’Informatica non c’è (andrebbe aggiunto per l’Economia), tuttavia sia Hopfield che Hinton si sono avvalsi della fisica statistica per realizzare gli algoritmi che permettono alle macchine di esplorare in profondità e in autonomia l’enorme quantità di dati presenti in Internet, quindi un aggancio con la disciplina c’è. Ma il punto più interessante non è questo. Nelle stesse motivazioni dell’assegnazione del Premio si dice che i riconoscimenti sono stati assegnati perché le reti neurali artificiali stanno rivoluzionando oggi la scienza oltre che la vita quotidiana. In poche parole, le Intelligenze artificiali sono una premessa per successive scoperte scientifiche. Prende forma una logica transdisciplinare destinata nel prossimo futuro a sconvolgere i rigidi compartimenti in cui è frammentato oggi il mondo della ricerca. Ma nella scelta di premiare Geoffrey Hinton l’aspetto che ci interessa di più riguarda il rapporto tra scienza e etica. Ai primi di maggio del 2023 Hinton ha compiuto un gesto che ha generato un enorme clamore. Ha lasciato Google, azienda nella quale ha lavorato per una decina d’anni, motivando le sue dimissioni con la volontà di poter parlare liberamente dei pericoli connessi a uno sviluppo incontrollato delle Intelligenze artificiali.
Nei commenti sulle sue dimissioni da Google si è messo in luce soprattutto il cosiddetto «rischio esistenziale» legato a Intelligenze artificiali in grado di assumere il controllo del Pianeta. In realtà, però, Hinton, spiegando il suo gesto, ha precisato che la crescita di questi algoritmi che si auto alimentano stava procedendo a una velocità superiore alle sue aspettative. C’era bisogno, insomma, di qualche forma di moratoria, perché il problema vero è quello della interazione della loro potenza con noi umani. Un esempio? Riguarda la guerra. Lui, come scienziato, è sempre stato contrario all’uso della tecnologia per armi letali che decidano da sole gli obiettivi da colpire. Basti pensare a che cosa accade già oggi coi droni. E in una intervista al «New York Times» ha aggiunto una considerazione fondamentale sui soldati robot. Ha osservato che se un Paese potente vuole oggi invaderne uno più piccolo, deve farsi necessariamente carico del costo umano da sostenere. Coi soldati robot questo non accadrà più. Anzi, queste armi costosissime genereranno profitti enormi per l’industria militare, diventando in tal modo un incentivo a colpire, a uccidere. Una persona così, capace di unire acume scientifico a scrupoli etici, se lo merita il Nobel, dubbi ce ne sono pochi.
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