Viaggio nell'arte delle stelle

Anestetizzati come siamo dalle luci artificiali e dallo smog, spesso oggi non ci rendiamo nemmeno più conto di quanto sia straordinaria la volta celeste sopra di noi. Di certo i nostri antenati erano molto più sensibili al tema. Parafrasando James Cornell in I primi osservatori. Alle origini dell’astronomia: «Nelle società primitive il cielo era una carta geografica, un calendario, un orologio e altro ancora, forse più di quanto gli uomini moderni potranno mai concepire. Il cielo era al tempo stesso una parte integrante della vita quotidiana e la presenza di un potere soprannaturale».
Mira dunque a invitare l'uomo moderno a guardare di nuovo il cielo, rileggendolo nelle testimonianze dell'arte, il libro di Giorgio Agnisola Viaggio nell'arte delle stelle. Dalle grotte di Lascaux alla Space Art (Donzelli Editore). Un itinerario appunto che, come scrive l'autore nella premessa, «ricostruisce il rapporto tra l’uomo e le stelle attraverso opere e luoghi dell’arte dalla preistoria ai nostri giorni: dai dipinti parietali di Lascaux alle immagini della dea egizia Nut; dai cieli di stelle delle basiliche paleocristiane ai grandi zodiaci dipinti dell’età rinascimentale e agli splendori delle carte celesti, agli esilaranti disegni satirici del XIX secolo; dai quadri romantici del primo Ottocento alle notti stellate di van Gogh, ai cieli simbolici del primo Novecento; dai paesaggi cosmici di Kiefer alle installazioni "stellari" dell’arte elettronica, fino all’arte astronomica degli ultimi decenni e alla Space Art».
Ma che c'entrano le grotte di Lascaux? Cosa hanno a che fare le pitture di animali realizzate dagli uomini di Cro-Magnon tra i 18000 e i 15000 anni nell'attuale Francia sud-occidentale con il cielo? «Si è ipotizzato che le pitture rappresentassero o almeno contenessero la registrazione di emblematici riferimenti alle stelle, al Sole e alla Luna - scrive Giorgio Agnisola -. La studiosa Chantal Jègues-Wolkiewiez, tra i primi ricercatori a occuparsi delle pitture di Lascaux nell’immediato dopoguerra, ipotizzò addirittura che l’insieme dei dipinti fosse una sorta di primitiva mappa del cielo». Da qui in poi il testo del critico d'arte segue il rapporto uomo-cielo attraverso i popoli Mesopotamici, «primi veri cercatori di stelle», gli Egizi... Dal Disco di Nebra (lastra in metallo con applicazioni, risalente all'età del bronzo, che raffigura con tutta probabilità un cielo stellato) si passa alle stelle nelle catacombe di Santa Priscilla (III secolo) e a Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna (VI secolo).
Dalla cometa di Giotto, dipinta nella Cappella degli Scrovegni a Padova (Adorazione dei Magi, 1303-1305) l'autore ci guida quindi attraverso le «stelle del malaugurio» e quelle dell'Immacolata. Riflette sull'astronomia e sull'astrologia, sui miti e le allegorie zodiacali, sugli osservatori e le carte celesti. Racconta cos'erano le stelle per i simbolisti e i post impressionisti, uno su tutti Vincent Van Gogh, la cui opera Notte stellata del 1889 è divenuta ormai un'icona universale. C'è infine spazio anche per i cieli dipinti di Anselm Kiefer, per l'arte elettronica e per la space art (arte astronomica) in questo saggio ricco di curiosità e spunti su cui riflettere. «Oggi - scrive ancora l'autore - c’è un’amplissima produzione di immagini che "reinventano" con una connessione inedita tra tecnica e immaginazione il cielo stellato: altri mondi, altri spazi, nuovi corpi celesti, vicini e lontani».