Al ritmo delle stagioni

Perché – a tavola e non solo – è importante rispettare la stagionalità? In un mondo sempre più globalizzato e dominato dalla regola del tutto e subito come è possibile tornare a sincronizzarsi con il ritmo delle stagioni? La cronobiologia insegna…
07 Maggio 2025 | di

È un lunedì d’inizio marzo ma fuori il termometro segna 20 gradi. In una piccola e curata bottega di frutta e verdura veneta il signor Carlo serve l’ultima cliente della giornata. La donna chiede un chilo di taccole, quei fagiolini piatti che in passato segnavano l’arrivo della primavera, ma che ormai si trovano in tutte le stagioni. «Signora lasci perdere, quelle italiane non gliele vendo. Sono fresche di ieri, ma sembra che abbiano una settimana. Venga domani, che arrivano le taccole dal Marocco: più economiche e soprattutto più buone!». La signora annuisce un po’ delusa, poi sbircia la lista della spesa sullo smartphone: «Allora mi dia due zucche, per favore». «Certo – le fa eco il commerciante –. Le messicane sono speciali, molto più dolci di quelle mantovane dello scorso ottobre». «Ottimo» sentenzia la donna. «Aggiunga anche tre grappoli di uva cilena e per oggi siamo a posto». Se le «scelte antistagionali» della signora vi fanno sorridere, provate a pensare quante volte avete gustato una spremuta di arance in agosto. Beh, sappiate che – visto che si tratta di frutti invernali che in estate giungono in Italia dal Marocco e dalla Spagna – anche voi, almeno una volta nella vita, avete sabotato il ritmo delle stagioni. E non siete gli unici. «Nel mio negozio il 50% della merce è “fuori stagione” – conferma il signor Carlo –. Ho provato più volte a rispettare le stagioni e la filiera corta, ma ormai non è più possibile. Colpa del cambiamento climatico che ha stravolto i tempi delle nostre coltivazioni».

Di questo avviso è anche Francesco Giardina, agronomo responsabile consumi di Coldiretti, intervistato a TG1 Mattina lo scorso 25 marzo: «In questo momento nei campi italiani tutte le produzioni che normalmente arrivano intorno a maggio sono già presenti. In media abbiamo calcolato un mese di anticipo su ogni coltivazione». Con tutti i rischi del caso… «Qualche giorno fa un improvviso calo della temperature ha già causato grosse perdite di pesche nettarine e albicocche in Emilia Romagna». Per non parlare delle piogge persistenti che, ad esempio, nel 2024 hanno ridotto drasticamente la produzione dei piselli nel vicentino, portando anche all’annullamento della storica «sagra dei bisi» di Lumignano. Poco male, avrà pensato qualcuno, di questo passo – complice la globalizzazione – vorrà dire che mangeremo angurie d’inverno e cavolfiori d’estate. In realtà, però, secondo una recente indagine condotta dal marketplace della spesa online Everli, il 92% dei consumatori italiani conosce gli effetti benefici di una dieta stagionale (sulla salute, come pure sull’ambiente), anche se poi solo il 47% di essi sceglie di acquistare e consumare con costanza cibi di stagione (in caso di dubbi su quali siano potete consultare la tabella di Altroconsumo a questo link: www.altroconsumo.it/alimentazione/fare-la-spesa/consigli/calendario-frutta-verdura). In linea con questa indagine è anche quella presentata nel 2024 da Orsero, in collaborazione con Ipsos e «Corriere della Sera», sul consumo di frutta degli italiani: per il 51% degli intervistati è la stagionalità che influenza la scelta d’acquisto.

Uno spartiacque – quello del rispetto delle stagioni – che vale non solo a tavola, ma un po’ in tutti gli ambiti della vita quotidiana. Basti pensare a chi d’estate si chiude in palestra anziché fare attività all’aria aperta, a chi indossa la t-shirt in dicembre e il maglione in agosto, perché lavora in un centro commerciale climatizzato, a chi per Natale sceglie un bel viaggio tropicale e in estate va a sciare in mezzo al deserto, a Dubai. In una società sempre più improntata sul tutto e subito capita sempre più spesso di scordare che la vita e la Terra hanno tempi propri. E non solo loro… «Viviamo in un ambiente abitato da ritmi (giorno, notte, luce, buio che compongono stagioni, anni, ere) – spiega lo psichiatra Antonino Minervino, presidente della Società italiana di medicina psicosomatica –. Anche noi umani siamo abitati da ritmi. Ogni nostro organo è dotato di un orologio biologico sincronizzato con un orologio centrale soprannominato masterclock che si trova in una parte specifica del cervello. Proprio questi ritmi dentro di noi devono essere sincronizzati con i ritmi dell’ambiente che abitiamo e di cui facciamo parte. In caso contrario, viene a crearsi una “dissincronia” che apre la strada a problemi di salute».

Un esempio su tutti? «La tragica caduta della qualità del sonno – spesso classificata come insonnia – che, nonostante colpisca milioni di persone nel mondo, non è ancora considerata un problema di salute pubblica». Per non parlare dei disturbi dell’umore, di quelli metabolici e delle malattie a questi collegate come l’obesità, il diabete, il tumore… Globalizzazione e riscaldamento climatico a parte, a farci perdere il senso della stagionalità è stata, secondo Minervino, «la cultura delle 24 ore su 24, 7 giorni su 7» che ha reso tutto sempre disponibile a essere comprato, annullando la necessità dell’uomo di sincronizzare parte della propria vita anche attraverso la disponibilità di beni e servizi. In questo scenario dominato dall’unica imprescindibile esigenza di aumentare le vendite e i profitti, però, c’è ancora margine di manovra. Pur nella consapevolezza che, complice l’evoluzione tecnologica, la nostra specie sta attraversando un cambiamento epocale inarrestabile, sta a noi trovare il modo di evitare i danni evitabili.

Che fare, dunque, per mantenere viva la sincronizzazione tra corpo umano e ambiente, preservando così il ritmo delle stagioni, secondo un approccio bio-psico-sociale? «Anzitutto – risponde Antonino Minervino, esperto di cronobiologia, ovvero la disciplina che studia come riportare gli eventi biologici alla loro ritmicità essenzialegodersi la luce del sole il più possibile, perché è un prezioso elemento di sincronizzazione biologica. In secondo luogo, evitare di essere distratti su ciò che possiamo fare: nel piccolo delle nostre azioni quotidiane abitano potenzialità incredibili! Altra regola d’oro: cercare di ri-innamorarsi del sonno e non considerarlo un incidente della giornata. Noi trascorriamo un terzo della nostra vita dormendo, il che significa che il sonno non rappresenta una parentesi della veglia, ma è un altro modo di vivere. Non meno importante: dedicare tempo a una buona alimentazione “di stagione” sia in termini di qualità che di quantità, considerato che, il più delle volte, il cibo che consumiamo è molto distante dai reali bisogni del nostro corpo. Infine: dare valore alla qualità delle relazioni tra le persone. Mai dimenticarsi dell’importanza di essere genitori per i figli, figli per i genitori, amici per gli amici…». Quella stilata dal professore, tuttavia, non è una lista di regole fisse. Piuttosto un invito ad ascoltarsi. Perché se è vero che per natura siamo tutti degli «orologi viventi», la capacità di sincronizzarci con noi stessi e con l’esterno è già insita in noi. Tutto sta a saperla liberare…

Rinascere a 33 anni

Chi è riuscito ad ascoltare i propri ritmi e a sincronizzarli con quelli esterni è senza dubbio Tommaso D’Errico, romano, classe ’82, una laurea in scienze della comunicazione, che a 33 anni ha lasciato il suo lavoro di grafico nella Capitale e si è trasferito in un borgo di montagna dell’alta valle Maira, in Piemonte. A determinare questa scelta radicale, un’esperienza di woofing, ovvero di volontariato rurale, durata qualche settimana, proprio in quel luogo a 1.400 metri di altitudine, presso una famiglia che viveva di artigianato e agricoltura. Dopo tre anni sulle Alpi durante i quali ha scritto due libri e ha aperto il blog Al ritmo delle stagioni, oggi D’Errico vive con il suo gatto sull’Appennino tosco-romagnolo tra gli alberi e il silenzio, vicino a un paesino a 600 metri sul livello del mare. Ormai è uno scrittore a tempo pieno, anche se buona parte dell’anno la passa su e giù per le montagne in cerca di storie da raccontare. Non a caso si definisce un «montanaro nomade». Mentre lo raggiungiamo al telefono sta guidando in direzione Bologna per presentare la sua ultima fatica Io non ho paura del lupo, scritta in collaborazione con l’omonima associazione che mira ad assicurare la conservazione del lupo in Italia e in Europa e la sua coesistenza con le attività dell’uomo. «Per tutta l’estate sarò in giro a presentare il libro – spiega D’Errico –. Con l’arrivo dell’inverno, però, tornerò al raccoglimento e alla scrittura, chiuso in casa davanti alla stufa». Un approccio, insomma, decisamente stagionale…

«Quando vivevo in città il mio rapporto con il ciclo delle stagioni era nullo: tra inquinamento e aria condizionata, sentivo caldo in gennaio e freddo in agosto. Ho scoperto davvero le stagioni quando mi sono trasferito in montagna. Quel ritmo ciclico mi ha riempito di pace, attesa e nostalgia, modificando il mio carattere e sviluppando in me pazienza e accettazione. Attraverso il rapporto con la natura e gli animali, ho riscoperto i ritmi intrinseci della vita e quel senso del limite che troppo spesso oggi l’uomo dimentica». Oltre alla scrittura e ai viaggi, oggi Tommaso dedica le sue giornate all’orto, ai lavori domestici (su tutti la pulizia della stufa che, per un montanaro doc, è quasi un rito), alla fotografia e alla ricerca di tracce nel bosco. «Sì, trascorro molto tempo da solo, ma si tratta di una solitudine relativa. In questi anni ho conosciuto tante persone straordinarie (come i protagonisti del suo progetto Montanari 2.0 – Storie di sognatori con i piedi per terra, iniziato nel 2021) e ho raccolto molte esperienze di ripopolamento in alta quota, attività che continuo a portare avanti. Nel frattempo, sto lavorando anche ad altri progetti editoriali inerenti il rapporto tra umani e fauna selvatica. L’idea è di raccontare gli animali, ma anche chi li studia» preannuncia lo scrittore. «Beato lui – penserà qualche lettore –, ma non tutti possono permettersi di vivere nella natura, senza timbrare il cartellino». «Nemmeno io potrei – ribatte D’Errico –. Ma preferisco vivere così, con poco, al ritmo delle stagioni, piuttosto che tornare alla mia vecchia vita!».

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Data di aggiornamento: 07 Maggio 2025

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