Ricominciare… «Daccapo»
«Lo sai quanto mi fa piacere sapere che questa biciclettina farà felice una bambina? No! ’un lo puoi sape’!», mi dice ridendo Valentino, un virtuoso signore di «appena» 80 anni, lavoratore volontario nell’officina per il recupero biciclette. Lo si trova in un angolo del grande capannone, intento, con le sue grandi mani sporche di morca, ad avvitare vitine su una piccola bicicletta rosa.Alcune realtà spesso passano inosservate, faticano a emergere o a restare in piedi, nonostante le forti potenzialità, complice anche il fatto di essere sbocciate in comunità marginali. Le loro sono però piccole grandi storie costruite con l’impegno e la generosità di persone – quasi «eroi» della porta accanto – che dedicano la loro vita alla sostenibilità.
Ci troviamo a Lucca. Qui è attivo un ambizioso progetto: «Daccapo», un sistema di riuso solidale basato sul riciclo e sul riutilizzo di beni altrimenti destinati a divenire rifiuti, creando intorno al recupero e all’abbellimento degli oggetti inutilizzati occasioni professionali e di formazione rivolte a soggetti svantaggiati. Negli anni, «Daccapo» è diventato un laboratorio di buone pratiche che ha consentito di promuovere stili produttivi e di consumo diversi e più inclusivi. È diventato, soprattutto, un luogo di accoglienza, di solidarietà e di incontro di esperienze e culture. Un’officina di umanità. Perché la storia di «Daccapo» è, appunto, essenzialmente la storia di una rete solidale locale, formata da persone che mettono a disposizione parte della propria esistenza per aiutare il prossimo. Proprio perché ben ancorata al territorio e in contatto diretto con chi lo abita, questa realtà è inoltre un forte punto di riferimento per la città di Lucca e tutta la sua provincia, delle quali riesce a intercettare bisogni e fragilità difficili da individuare a volte per le stesse istituzioni.
Una seconda opportunità
Le origini del progetto risalgono al 2003, quando l’associazione locale «Ascolta la mia voce», formata da un gruppo di volontari, si aggirava con un carretto per i quartieri della città, raccogliendo mobili, libri, vestiario ed elettrodomestici usati, con lo scopo di donarli a chi ne aveva bisogno. Un’attività che è andata avanti così fino al 2013, anno in cui è scesa in campo la Caritas diocesana di Lucca. Da allora la raccolta e la distribuzione gratuita sono andate perfezionandosi e ampliando il proprio raggio d’azione solidale. E, nel frattempo, l’associazione «Ascolta la Mia Voce» ha fondato anche una cooperativa sociale, «Nanina», nata con l’obiettivo di creare una solida struttura impegnata in ambito ambientale e sociale, utilizzando l’economia circolare come strumento.
A oggi «Daccapo» dispone di diversi centri di riuso adiacenti ad altrettante stazioni ecologiche sul territorio; qui vengono messi in atto vari servizi, tra cui la ricezione e la distribuzione di materiali, lo stoccaggio di vestiti e oggetti ingombranti, la distribuzione gratuita di beni di prima necessità, l’emporio solidale e diversi laboratori artigianali nei quali si trasformano gli oggetti di uso quotidiano che altrimenti finirebbero in discarica. Tutto ciò viene realizzato sia tramite donazioni dei cittadini, sia grazie a una stretta collaborazione con le società locali di raccolta rifiuti. Il progetto è uno strumento che Caritas utilizza per sensibilizzare le comunità nel campo della sostenibilità ambientale e dell’economia circolare, offrendo opportunità lavorative a persone svantaggiate o con passati difficili.
Fatta eccezione per le non poche situazioni di particolare gravità segnalate dai servizi sociali – a oggi purtroppo in aumento a causa della pandemia –, gli oggetti solitamente non vengono devoluti a titolo gratuito, ma vengono venduti a prezzi simbolici: una maglia può costare tra 1 e 5 euro, mentre i mobili per una cucina si possono acquistare anche per 100 euro. Il pensiero che sottende a questa logica è quello di dare dignità a chi acquista e di non farlo sentire a disagio per la propria situazione. «Chi si rivolge a “Daccapo” ha il diritto di sentirsi a tutti gli effetti una persona libera di scegliere e inclusa socialmente» spiega infatti Alessandro, presidente della cooperativa sociale «Nanina».
Il progetto a oggi gestisce «numeri» importanti: ogni anno in media arrivano all’emporio circa 150 tonnellate di beni che trovano una seconda occasione di utilizzo. Questo grande volume di materiale genera lavoro e, con i ricavi della vendita e altri incarichi che generano entrate, «Daccapo» riesce ad avere dipendenti che animano una sartoria, una falegnameria e una ciclo-officina, luoghi dove l’artigianalità e la fantasia consentono a molte persone di realizzarsi. Chi opera a «Daccapo» ha in genere dei trascorsi complessi: c’è chi è immigrato da lontano, in cerca di un futuro; chi spera in un riscatto o in una nuova possibilità e ci sono anche giovani che, tramite il volontariato, indagano sulla propria identità sociale e spirituale.
Incontri
Oltrepassando la guida su cui scorre il grande portone in metallo, ci ritroviamo ai piedi di una montagna costituita da cose: è il cuore di «Daccapo». A un primo colpo d’occhio sembra solo disordine, ma, prendendosi il giusto tempo, osservando con coinvolgimento quella montagna fatta di tanto per non dire di tutto, ponendosi le più svariate domande sulle possibili storie di ogni singolo oggetto, se ne riesce a percepire la personalità. I ragazzi presenti, dipendenti, volontari o inseriti in un percorso di formazione, hanno organizzato lo spazio ordinando con cura ogni tipo di cosa, dai mobili agli elettrodomestici, passando per i vestiti, i libri e le cianfrusaglie di ogni genere. Un piccolo manichino color avorio è appoggiato a una scura cassettiera in noce: sembra avere uno sguardo sereno, forse consapevole che in quel luogo gli sarà concessa una nuova opportunità.
Nell’aria si respira un misto di essenze, che riporta la mente al passato, generando una sana nostalgia. Ma a un certo punto questo profumo si mescola con quello del legno di abete appena tagliato. Seguendone la scia, si giunge alla falegnameria, dove Osula e Osas stanno lavorando alla costruzione di una libreria commissionata da una scuola elementare di un comune vicino. Sono molto scrupolosi, trattano il materiale con cura, quasi accarezzandolo durante le varie lavorazioni. Si nota la loro passione per quel mestiere e una certa forma di gratitudine per quel pezzo di abete che adesso permette loro di guadagnarsi da vivere. I due ragazzi nigeriani hanno un trascorso simile: hanno lasciato il loro Paese nativo per avere l’opportunità di costruirsi una vita migliore. Dopo un lungo e drammatico viaggio che li ha portati in Italia attraverso il Mediterraneo, hanno trovato a Lucca e a «Daccapo» una nuova casa e la possibilità di imparare un mestiere.
Alla fine del turno di lavoro, mi ritrovo a scambiare due parole con Osas nel suo piccolo appartamento. Mi racconta che, dopo essere arrivato in Italia circa sette anni fa, ha intrapreso, tramite il servizio civile, un percorso di inserimento nel quale ha imparato il mestiere di falegname. Adesso ha un contratto da dipendente nella cooperativa «Nanina»: «Finalmente riesco ad avere una mia indipendenza» mi confida con un sorriso, senza però distogliere lo sguardo dal quaderno sul quale sta studiando per poter prendere la patente di guida. Anche questa è una «seconda vita». E già, perché alla fine «Daccapo» non offre una seconda possibilità solo agli oggetti, ma anche, e soprattutto, alle persone.
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