Libyagate
Bisogna leggerlo l’ultimo libro di Nello Scavo, Libyagate. Inchieste, dossier, ombre e silenzi. Dovremmo leggerlo tutti, ma in particolar modo chi ha responsabilità di governo e per ben tre volte ha riconfermato lo scellerato patto con il governo libico per bloccare le partenze dei migranti dai porti della Libia. Dovremmo leggerlo tutti, e non solo perché da quelle righe si apprende che cosa patiscono quei «povericristi» che finiscono nei lager libici (violenze, torture, stupri, vessazioni di ogni tipo) nel tentativo di fuggire da fame e miseria, ma anche perché mostra inequivocabilmente i legami esistenti tra carcerieri libici e trafficanti di uomini, da un lato, e contrabbandieri di greggio e armi, trafficanti di cocaina e cosche mafiose, dall’altro. Dovremmo leggerlo, perché mostra, ancora una volta senza rischio di equivoci, che sotto la feroce uccisione della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia c’era il tentativo di bloccarne le inchieste che questi legami stavano portando alla luce, mostrando gli interessi economici che legano alcuni faccendieri e politici maltesi con i trafficanti.
Nello Scavo, inviato del quotidiano «Avvenire», da sempre indaga su questi temi e per questo vive sotto scorta da quattro anni. Ma le minacce subite non sono riuscite a zittirne la voce. Anzi. In questo volume Scavo pone domande che una coscienza non solo cristiana, ma semplicemente umana non può evitare: «L’Italia, con gli accordi con la Libia firmati per la prima volta nel 2017 dall’allora governo Gentiloni e riconfermati nel 2020 dal governo Conte e lo scorso febbraio dal governo Meloni, chi sta finanziando?», «È possibile accettare che persone umane vengano detenute nei lager libici pur di non vederle giungere alle coste dell’Europa o addirittura riportarle indietro qualora riescano ad arrivare?», «Che legami si sono instaurati tra politica italiana e alcuni tra i più feroci aguzzini libici ricevuti in modo più o meno riservato dalle nostre autorità?».
Domande alle quali, pagina dopo pagina, il volume dà puntuale risposta, elencando una lista di argomenti e fatti ben precisi e circostanziati, che lasciano poco spazio ai dubbi. Come il recente e voluminoso esposto che un gruppo di giuristi ha presentato alla Corte penale dell’Aja, in cui viene ricostruita la filiera della tortura che ha come protagonisti migliaia di migranti e con il quale si chiede che vengano processate le autorità libiche e i loro presunti complici: Italia e Malta. «Nella denuncia – spiega Nello Scavo – si sostiene “che il sostegno fornito dalle autorità italiane e maltesi alla Guardia costiera libica integra una forma di concorso nei crimini commessi contro i migranti, da cui deriva una responsabilità penale internazionale ai sensi dello Statuto della Corte”». Per quanto ancora potremmo dire di «non aver saputo»?