Il richiamo delle radici
Natalità in drammatica flessione, popolazione sempre più anziana e le conseguenze di un lungo inverno demografico di cui oggi non si intravede la fine, ma che porta in eredità lo spopolamento soprattutto delle aree rurali e montane. Ad essere colpite non sono solo le regioni meno densamente abitate dello Stivale, ma, in modo sorprendente, anche quelle a maggiore vocazione industriale che, per loro stessa natura, dovrebbero attirare forza lavoro e nuove famiglie. Perfino la ricca Lombardia non si sottrae a questo trend demografico negativo.
Ma a salvarla, così come altre parti d’Italia, sono i nostri oriundi, come Tomás Poggi tornato dalla Patagonia o la famiglia Zotelo-Cornalò, discendenti di coloro che emigrarono all’estero in passato per cercare fortuna e che ora sono chiamati a ripopolare borghi e contrade. Come in Lomellina, in provincia di Pavia, un tempo terra d’emigrazione e di piccoli centri abitati in maggioranza da anziani. Qui alcuni comuni del territorio, con Cuore Argentino (cuoreargentino@gmail.com), un’associazione di Milano, stanno portando avanti un progetto strutturato di inserimento di italo-argentini che non costituisce un’iniziativa isolata ma che, per come è concepito e organizzato, potrebbe diventare davvero un modello da imitare.
Alejandro Librace, insegnante di spagnolo alle scuole superiori, è co-fondatore e presidente dell’associazione. È nato in Argentina da una famiglia d’origine italiana, ma vive in Italia da più di trent’anni. «Le attività dell’associazione iniziano nel 2015 grazie a un gruppo di persone già impegnate in ambito socio-culturale, con l’idea di mettere insieme le nostre competenze – ci racconta –. Sono persone arrivate in Italia tra i dieci e i trentacinque anni fa, con un background importante».
Lo statuto di Cuore Argentino prevede la promozione della cultura argentina attraverso cineforum, opere teatrali, presentazione di libri, recital di poesie, ma «tra gli obiettivi c’è sempre stato quello di aiutare chi ha bisogno di un consiglio o di essere indirizzato. In seguito alla pandemia di Covid-19 – prosegue Librace – molti argentini sono arrivati in Italia in modo avventuroso, magari dopo aver ricevuto promesse allettanti. Ma si sono ritrovati in difficoltà economiche e assistenziali. Questo ci ha spinto ad aiutare chi voleva, e vuole, trasferirsi in Italia, ma in modo organizzato e non avventuroso». Nel paese di Sartirana Lomellina (Pavia) c’era la necessità di ripopolare il territorio. Il comune ha manifestato l’intenzione di accogliere famiglie argentine disposte a stabilirsi lì. L’associazione si è attivata, e così è nato il progetto «I nòs gènt», coordinato da una socia di Cuore Argentino, Gabriela Corigliano, che vive a Sartirana, con l’aiuto dei volontari, dell’Associazione Auser e della sua presidente, Giancarla Panizza.
Doppia opportunità
Com’è la gestione burocratica degli argentini che arrivano in Italia? «Ogni caso fa storia a sé» è la risposta lapidaria di Librace. «Ma sono così tante le richieste di chi vuole venire qui che i consolati italiani all’estero faticano a farvi fronte. Per questo assistiamo al fenomeno di chi parte all’avventura alla volta dell’Italia come turista, ma poi arriva in una realtà che non conosce. Qualcuno magari non sa bene nemmeno la lingua italiana, e pensa di poter risolvere qualsiasi problema in quattro e quattr’otto. Ma non è così».
L’Argentina soffre da anni di una profonda crisi economica e sociale. Quindi, l’immigrazione in Italia di cittadini italo-argentini potrebbe diventare una doppia opportunità: per loro, che cercano lavoro e futuro nel Belpaese, e per l’Italia che cerca tecnici, manodopera ma anche laureati.
«La nostra Associazione fa da filtro – spiega Librace –. C’è chi arriva da Province diverse dell’Argentina, non solo da Buenos Aires, ma anche dalla Terra del Fuoco, da Córdoba, da Santa Fe. Sono persone che vivono già in piccole realtà, e quindi non hanno problemi, anzi cercano la tranquillità. L’Argentina soffre anche di problemi legati alla sicurezza urbana, soprattutto nelle città. Da maggio dell’anno scorso sono arrivate in Lombardia una decina di famiglie, una o due al mese; una cinquantina di persone in tutto. Noi favoriamo famiglie con bambini o ragazzi che si iscrivono alle scuole medie o superiori e costruiscono una rete di relazioni con gli altri coetanei, e diventeranno gli adulti che magari continueranno a vivere in quegli stessi luoghi, o rimarranno ancorati più a lungo a quel territorio, assorbendone storia e tradizioni».
Diffidenza sconfitta
Chi arriva in Italia è di solito già in contatto con Cuore Argentino, anche da un anno. «Noi spieghiamo come funziona la vita in Italia, come ci si deve adattare. Cerchiamo persone che abbiano determinate competenze, che conoscano un mestiere. Individuiamo le necessità di una determinata zona. Poi ognuno può migliorarsi, studiare, andare avanti». Chi arriva deve avere un minimo di disponibilità economica per poter prendere in affitto un’abitazione, per fare i documenti e vivere in attesa di inserirsi nel contesto lavorativo. «All’inizio forniamo indicazioni su alcuni lavori che possono iniziare a fare. Ci vogliono quei due o tre mesi per inserirsi e conoscere il territorio. Uno dei primi arrivati, che ha competenze informatiche, è stato assunto da una ditta privata per l’installazione della fibra ottica. C’è un grande lavoro di preparazione e di organizzazione, prima ancora del loro arrivo».
Dopo l’esperienza di Sartirana, anche un altro paese della zona, Pieve del Cairo, ha proposto a Cuore Argentino di ripetere la stessa esperienza, ed è già arrivata una famiglia. L’associazione non si ferma al solo inserimento. «Al Comune di Sartirana abbiamo chiesto una sala per organizzare attività, eventi culturali, e per facilitare l’incontro tra gli “argentini” e la popolazione locale. Lo stiamo facendo con un’associazione del posto, l’Auser, attraverso i corsi di italiano». Negli ultimi mesi la risposta degli abitanti è stata ottima. Dopo l’iniziale scetticismo, è scattata la solidarietà degli abitanti di Sartirana: c’è chi ha regalato una cucina, chi i materassi e altre cose che mancavano negli alloggi affittati dai nuovi arrivati. «A Natale – conclude Librace –, dopo che gli italo-argentini si sono incontrati in chiesa con gli altri fedeli per partecipare alle celebrazioni religiose, ogni diffidenza è scomparsa».
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