Pio X e il Santo
Lo scorso agosto ricorrevano i 120 anni dell’elezione a papa di Giuseppe Sarto, salito al soglio pontificio con il nome di Pio X. Ricordato come il Papa del catechismo e della difesa dell’integrità della fede cattolica, ha avuto un legame particolare con sant’Antonio e con i frati della Basilica. Proprio a questo è dedicata una memoria scritta dal venerabile Placido Cortese nel 1937, pubblicata poi nel primo fascicolo del 1970 della rivista «Il Santo». Così attacca padre Cortese: «Non si può pensare un veneto che non sia devoto del Santo di Padova, e Pio X era veneto schietto. Sappiamo che a Riese c’era, nella chiesa parrocchiale, l’altare di sant’Antonio. Perciò con la grande devozione per la Vergine crebbe, nella sua tanto cara chiesa natia, anche quella per il Santo che fu suo protettore speciale». Giuseppe era nato durante la Tredicina del Santo, il 2 giugno 1835, e aveva passato otto anni presso il seminario di Padova, avendo certamente occasione di visitare frequentemente la Basilica.
Come per frate Antonio, l’inizio della fama di Giuseppe Sarto è legato alla predicazione: era poco conosciuto nella sua diocesi di Treviso, avendo studiato a Padova, ma dopo essere stato lodato per la sua quaresima a Godego (TV), viene invitato a predicare in cattedrale, proprio il 13 giugno 1866, per la festa di sant’Antonio. Questo discorso veniva molto apprezzato dai trevisani, di cui padre Cortese riporta una testimonianza: «L’umiltà esaltata; un felice parto di giovane ingegno. Durava un’ora e un quarto. Belle immagini; stile fiorito». Nel 1880 viene invitato dai frati a tenere in Basilica il panegirico di san Francesco e l’anno successivo a predicare la Tredicina, per la quale, secondo tradizione, venivano chiamati i migliori oratori sacri della Penisola. Ricevendone notizia, in una lettera del marzo 1880, don Giuseppe si esprime così: «Io restai di sasso pensando come il Reverendissimo Padre Generale, che probabilmente non mi ha mai sentito, abbia azzardato d’invitarmi per una occasione così solenne, qual è quella della Tredicina del Santo in codesta Basilica. [...] A qualunque modo io farò del mio meglio per tirar fuori dal mio povero cassetto il nuovo e il vecchio; mi raccomanderò al Taumaturgo, perché mi ottenga la divina assistenza per lodar Lui che ha tanto glorificato il Signore [...] e negli ozii che spero mi saranno riservati consacrerò al caro sant’Antonio i miei poveri studii».
La predicazione è un successo, tanto che don Giuseppe viene invitato di nuovo nel 1884; già nel settembre dello stesso anno diventa vescovo di Mantova e nel 1893 patriarca di Venezia. Come tale interviene alle celebrazioni del centenario per la nascita del Santo nel 1895 e negli anni successivi; in particolare, scrive una lettera, datata 23 gennaio 1898, in occasione dell’inizio della pubblicazione de «Il Messaggiero di S. Antonio»: «Colla massima compiacenza ho visto il primo numero del periodico Il Messaggiero di S. Antonio, pubblicato per opera dei Reverendi Padri di codesta Religiosa famiglia, e faccio voti che anche questo contribuisca a diffondere la divozione al Santo dei Miracoli, dei quali non ultimo il Pane che, prova manifesta di grazie d’ogni genere, provvede all’indigenza di tanti poveri».
Altra occasione in cui come patriarca è presente in Basilica è il grande pellegrinaggio organizzato per propiziare le grazie del Santo di tutto il mondo, il 18 agosto 1901; al termine della Messa, si rivolge dal pulpito ai fedeli che gremivano la Basilica parlando dello scopo del pellegrinaggio: «Ma qual è questo scopo? Forse di togliere dal mondo il male? [...] Ecco il fine, lo scopo del nostro pellegrinaggio: la conversione dei peccatori, fra i quali siamo noi; ma per grazia di Dio, oggi convertiti e santificati da’ Sacramenti; ma è necessario che ci ritempriamo al combattimento, facciamo costante guerra al male, che si trova in noi stessi». Al termine, dopo la solenne processione in Basilica, con la reliquia del dito del Santo benedice tutto il popolo lì festosamente convenuto.
Il 4 agosto 1903, il cardinale Sarto diventa papa Pio X, tra la gioia dei frati del Santo, certi di avere «un vero Padre che li avrebbe difesi e protetti». Vari testimoni ricordano le udienze concesse ai frati, in particolare padre Vincenzo Colajori rievoca così un felice incontro: «Come padre ai figli parlava famigliarmente, sorridente. E furono amorevolissime parole una grande vampata d’affetto alla famiglia francescana: “Io amo tanto i Conventuali, perché sono stati quasi sempre i miei protettori. Quando studiavo nel seminario di Padova, il convento del Santo era il mio ordinario rifugio. [...] Ogniqualvolta poi, finiti gli studi, tornavo, durante l’anno a Padova, non mancavo mai di andare al Santo da quei buoni frati. Ne ho conosciuti tanti di quei religiosi! Cercate di imitare quei vostri confratelli, crescendo nell’amore allo studio vieppiù ogni giorno e sovratutto nello spirito di san Francesco”».
Padre Cortese commenta il riferimento ai frati del Santo come “miei protettori”, dicendo: «Questa parola dice tanto e fa pensare. Il Sarto anche a Treviso ebbe le sue croci e i suoi sconforti, al Santo avrà trovato qualche buon frate che gli avrà detto la parola affettuosa, lo avrà incoraggiato a proseguire in pace nella via segnata da Dio». Il legame di papa Pio X col Santo rimane ancora oggi, testimoniato anche da una grazia particolare che ha concesso nel 1904, confermando il titolo di «Basilica minore» al santuario antoniano, come ricorda una lapide ad perpetuam rei memoriam.
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