Liberi, cioè consapevoli e senza paura
Disciplina. Azione. Sofferenza. Morte. Sono i titoli delle Stazioni sulla via della libertà che Dietrich Bonhoeffer scrive intorno all’agosto del 1944, mentre è in carcere per aver cospirato contro Hitler e, dopo il fallimento dell’attentato del 20 luglio del 1944, senza più alcuna speranza di uscirne vivo e libero. Ma dove sta la libertà? In alcuni periodi storici la risposta sarebbe stata facile. Gli schiavi avrebbero detto che libertà è non dover essere in catene, vedere riconosciuto il loro essere persone, poter tenere con sé i figli, muoversi, andare in cerca di un futuro buono. Una donna di qualche secolo fa avrebbe detto che libertà è poter almeno scegliere la persona con cui trascorrere la vita, o potersi dedicare alla poesia, alla pittura, poter viaggiare, disporre dei propri soldi. Ancora oggi le donne di troppi Paesi al mondo saprebbero dire immediatamente che la libertà è non doversi nascondere, poter studiare, avere il diritto di uscire, parlare, cantare.
La definizione più generale di libertà è la mancanza di costrizioni. Ecco perché ha bisogno di un sufficiente benessere economico, perché la povertà costringe la persona entro la schiavitù del bisogno e se il bisogno è fondamentale, come il cibo o la salute, tutte le energie sono orientate a questo e liberi non si è. E noi che molte di queste libertà le abbiamo perché altri le hanno per noi ottenute a carissimo prezzo, perché non ci sentiamo liberi? «Devo fare», «devo andare», «ho dovuto dire», «non posso proprio», «mi sento in gabbia». E ancora, ci sentiamo costretti a comprare certe cose, a vedere certi programmi, a desiderare quel che, semplicemente, non serve, non serve né a stare meglio né a migliorare il mondo intorno a noi.
Vivere in un mondo complesso non vuol dire che non possiamo dare una risposta alla domanda. Vuol dire che serve forse un pensiero più informato, più attento, per poter rispondere. Abbiamo bisogno di conoscere i meccanismi della manipolazione delle idee, l’abc delle strategie demagogiche, avere il tempo di pensare. Serve la disciplina del pensiero, ecco di nuovo Bonhoeffer, che parla di disciplina «dei sensi e dell’anima, affinché i desideri e le membra non ti portino ora qui ora là». Bellissimo. A noi in più serve anche la disciplina di un conoscere che non è spizzicare qua e là, accettare qualsiasi voce che strilla più forte oppure più facile, una chiacchiera moltiplicata dai social o dalla sciatteria di uno scambio sulla chat. La disciplina è l’opposto del lasciarsi trascinare, del lento scivolare verso quello che tutti pensano. È una strenua resistenza. Resistenza e resa, si intitola la raccolta degli scritti più sorprendenti di Bonhoeffer. È la fatica di andare controcorrente. E quindi è azione e anche sofferenza, cioè le altre due stazioni verso la libertà.
Certo, può fare impressione che l’ultima stazione sia la morte. Ma noi cristiani sappiamo bene che ogni tipo di libertà dipende dal nostro essere liberi dalla paura della morte. L’oppressione dei tiranni, dei malvagi, dei cinici spesso nasconde la paura. Del limite. Del dolore e della morte. E ogni anno la Pasqua, che abbiamo appena celebrato, ce lo ricorda con la solennità e la ripetitività delle cose che contano: «Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita». (Gv 5,24). Liberi dalla paura possiamo vedere il nostro vicino come fratello e insieme vivere questa sorprendente avventura che è la vita.
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