27 Febbraio 2025

Come entrare in preghiera?

Dopo il passo della preparazione, anche nel nostro entrare nella preghiera vera e propria il Signore arriva, si presenta a noi. E noi cosa facciamo? Ecco qui alcuni passaggi.
Come entrare in preghiera?

© padre Andrea Vaona / Archivio MSA

Qualche tempo fa vi abbiamo suggerito un semplice metodo di preghiera in quattro passi, scanditi da quattro verbi: prepararsi, entrare, stare, uscire (trovate l’articolo a questo link). Dopo aver approfondito il primo passo, prepararsi (qui trovate l’articolo dedicato), oggi proviamo a dire qualcosa di più sul secondo passo: entrare. Come abbiamo detto già più volte, lo sfondo di questo metodo è la possibilità di immaginarci i nostri momenti di preghiera come un incontro tra due persone, due amici: io e Dio. Proprio come accade in un incontro tra amici, dopo aver preparato l’incontro, arriva effettivamente il momento tanto atteso: il nostro amico arriva! Dopo il passo della preparazione, anche nel nostro entrare finalmente nella preghiera vera e propria, il nostro Signore arriva, si presenta a noi. E noi cosa facciamo? Ecco qui alcuni passaggi.

Salutare

La prima cosa da fare quando si incontra una persona è salutare. Se incontriamo un amico probabilmente lo salutiamo con un bel «ciao» e magari con un abbraccio, una pacca sulla spalla, un sorriso… Ecco, adesso hai davanti il Signore, che è venuto lì per te, proprio dove e quando gli avevi dato appuntamento: come lo saluti? Il primo saluto che la Chiesa ci tramanda è il «segno della Croce». Può sembrare una cosa banale, ma è il saluto dei cristiani: quando entriamo in una chiesa, quando si inizia una celebrazione, quando si conclude, ecc… Serve per dire al Signore «Ti riconosco, so chi sei, sei il mio Dio, sei il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo», ma serve anche a te, per dire a te stesso/a che sei davanti al tuo Dio, per renderti consapevole di questo. Anzi un po’ di più: per renderti ogni volta un po’ più consapevole che tu sei dentro quel Dio, sei già all’interno di quella comunione trinitaria. E questa è una delle cose che rende differente l’incontro con un amico dall’incontro con Dio…

Mentre quando incontri un amico la tua mano stringe la sua, cioè una mano che è separata da te, che è la «sua mano», diversa dalla «tua», appartiene ad un altro corpo, quando invece incontri Dio, la tua mano va a toccare la tua testa, il tuo cuore, le tue spalle (nel segno della Croce), per dire che è proprio attraverso e dentro il tuo stesso corpo che tu incontri Dio, perché tu sei già immerso/a in Dio: è nel tuo corpo che tu tocchi Dio. Il segno della Croce è un gesto molto potente, molto eloquente: in qualche modo ci dice già tutto di noi e di lui, afferma la nostra identità battesimale profonda (siamo stati battezzati, cioè immersi, nella comunione di Dio). Ci apre alla comunicazione con quel Dio che è più intimo a noi di noi stessi, che è comunione di persone, che è amore, un amore in cui noi già siamo immersi. Dopo il segno della Croce, puoi salutare il Signore con qualche parola, così come spontaneamente ti sale dal cuore. Per esempio dicendogli che sei contento/a di stare con lui, ringraziandolo di essere venuto lì per te. Puoi anche dirgli un po’ come stai in questo momento, qual è il tuo stato d’animo. Insomma, proprio come si fa quando si incontra un amico.

Chiedere una grazia

Visto che gli hai detto come stai, cosa ti porti nel cuore in questo momento, puoi anche confidargli cosa desideri per questo vostro incontro. Puoi chiedere quindi un grazia particolare al Signore, affidare a lui i tuoi bisogni più profondi di questo momento. Talvolta può capitare che non abbiamo cose particolari da chiedere. Bene, non c’è problema, anzi: il semplice desiderio di stare in compagnia del Signore, senza un bisogno specifico da portargli, ci fa gustare l’essenza stessa della preghiera, che è proprio questa, cioè il bello di stare insieme con lui. Quando invece trovi dentro di te un desiderio specifico, non aver paura ad affidarlo al Signore, chiedendo con coraggio, anche cose grandi: il Signore dà a chi chiede, «una misura buona, pigiata, colma e traboccante» (cf. Lc 6,38). Chiedi con semplicità e apertura di cuore, senza paura:

«Signore, fammi sentire che tu ci sei»
«Dio, devo decidere su questa cosa, e non so cosa fare, dammi una luce»
«Signore, non capisco questa cosa, aiutami a comprendere»
«Dio, faccio fatica con questa persona, come posso fare?»
«Signore, vorrei aiutare in questa situazione, ma non so come»
«Vedo che continuo a fare questo peccato, come posso fare un passo nuovo, diverso?»
«Signore, che bella che è stata la messa domenica, che io possa sentirti ancora così vicino»

Invocare lo Spirito Santo

Poi puoi invocare la presenza dello Spirito Santo. Lo sappiamo bene: lo Spirito è sempre con noi e prega sempre in noi. Lo Spirito di Dio pervade tutta la creazione, è lo Spirito del Risorto che la tiene in vita. Ed è sempre lo Spirito che mette dentro di noi lo stesso desiderio di pregare. Quindi lo Spirito Santo c’è, c’è già, e su questo non dobbiamo avere dubbi. Resta il fatto però che invocare la sua presenza ci aiuta a prendere consapevolezza di tale presenza e a lasciargli sempre maggiore spazio di azione, a metterci a sua disposizione, ogni volta un pezzetto in più. La Chiesa da sempre invoca la presenza dello Spirito Santo, e nei secoli sono state codificate varie preghiere che raccolgono dentro alcune formule la sapienza del popolo di Dio. Ce ne sono tante, alcune più famose altre meno, alcune molto lunghe, altre più brevi… Puoi usare la formula che senti più vicina a te, oppure variare ogni volta. Puoi anche usare parole tue, liberamente, oppure utilizzare un canto (ci sono vari canti di invocazione allo Spirito Santo, oppure un canone, come quelli di Taizé per esempio): con il tempo e la pratica troverai ciò che più ti aiuta ad entrare in sintonia con la presenza dello Spirito Santo dentro di te.

Leggere il brano

A questo punto possiamo prendere in mano il brano della Scrittura che abbiamo già scelto e preparato precedentemente (l’avevi già preparato, giusto?). Perché sia così importante partire dalla Parola di Dio l’abbiamo ripetuto tante volte, se vuoi trovi un approfondimento a questo link. Prova a leggerlo lentamente, soffermandoti sulle parole, provando ad ascoltarle, percependo in esse la voce stessa di Dio che le pronuncia per te, che le sussurra al tuo cuore. Puoi leggerlo a mente oppure a bassa voce (questo dipende anche dal luogo dove ti trovi), in base a ciò che più ti aiuta. Dopo averlo letto tutto, prenditi un piccolo tempo di silenzio, lascia che quelle parole calino dentro di te, che si facciano spazio, che arrivino a sfiorare i tasti più profondi, proprio quelli che desiderano raggiungere. Ascolta.

Entrare nel brano

A questo punto sei ormai sulla soglia del prossimo passo, lo «stare nella preghiera», il vero cuore dell’incontro con il Signore. Tutto ciò che abbiamo detto fino a qui, i vari elementi che abbiamo raccolto, sono solo «mediazioni», strumenti che servono solo tanto quanto sono utili ad arrivare all’incontro con Dio, unica cosa davvero necessaria per la nostra vita. Per favorire ulteriormente questo incontro con il Signore, provo a darvi qui qualche ulteriore indicazione per entrare nel brano della Scrittura che avrete appena letto, suggerendovi cinque modalità diverse per aiutarvi ad entrare nel brano.

Primo modo: una sola parola

Una prima modalità possibile è quella già accennata al termine del precedente punto: provare a sentire dove quella Parola va a posarsi, quali corde della nostra interiorità vengono pizzicate. Mi pongo in ascolto, rileggo ancora una volta il brano, lentamente, senza la necessità di rileggerlo tutto, ma soffermandomi proprio su quella parola, quell’espressione che sento mi sta parlando adesso. La «Parola-per-me» dentro il brano della Scrittura spesso emerge da sola, si fa sentire, perché mi colpisce particolarmente. Non anzitutto a livello di significato (mente), ma soprattutto a livello di «cuore», a livello affettivo: percepisco che lì c’è qualcosa per me. Non so ancora cosa, ma sento che mi attrae. Se percepite questo, fermatevi su quella espressione, provate ad ascoltarla, tentate di sentire dove va a posarsi dentro di voi. Probabilmente quello per voi oggi è il punto di contatto con Dio: restate lì, e state con lui.

Secondo modo: composizione di luogo

Una seconda possibilità per aiutarvi ad entrare in dialogo con il Signore è quella che nel metodo ignaziano (cioè il metodo di preghiera elaborato da sant’Ignazio di Loyola negli «Esercizi spirituali») si chiama «composizione di luogo». Non sono un’esperto di questo metodo, e in rete troverete certamente risorse migliori su questo aspetto. Però in estrema sintesi si tratta di provare a chiudere gli occhi e ricostruire la scena del brano che avete appena letto. Si tratta di provare ad entrare dentro questo brano con tutti i cinque sensi. Provate allora a guardare (ad occhi chiusi) e pensare come doveva essere quell’ambiente, quel paesaggio, quella strada, quella casa, in cui accadono gli avvenimenti descritti, soffermatevi sui particolari, ricostruendo i vari aspetti. Metteteci poi i personaggi, e ascoltate il dialogo direttamente da loro. Che espressioni hanno sul viso? Che timbro ha la loro voce? Ma provate ad andare in profondità: che odori sento in questo ambiente, che cosa tocco con la mano, che cosa sfiora la mia pelle? A quale personaggio voglio avvicinarmi, a quali parole pronunciate reagisco? Questo ci aiuta ad entrare nel vivo del racconto, e a viverlo in prima persona, lasciando appunto che la Parola mi tocchi in profondità, perché mi lascio avvolgere da essa: la Parola stessa diventa l’ambiente in cui respiro, con cui interagisco.

Terzo modo: scrutatio

Una terza possibilità è usare il metodo monastico della «scrutatio». Anche in questo caso: non sono un’esperto, ed esistono innumerevoli pubblicazioni che approfondiscono questo metodo. Si tratta però in sostanza di leggere la Parola dentro la Parola. In altri termini: cercare di afferrare quel filo rosso della presenza dello Spirito di Dio che scorre fra un brano e l’altro, fra un libro e un altro della Scrittura, che è l’anima stessa della Parola di Dio. Come si fa? Ogni brano della Scrittura ha sempre delle allusioni, delle citazioni, dei collegamenti tematici, o spirituali, con altri brani, dello stesso libro o di altri libri. Provare a percorrere questi collegamenti, andare a guardare altri brani connessi in qualche modo. Questo ci aiuta a percepire il senso unitario della Scrittura, e a lasciare che sia la Scrittura a interpretare sé stessa.

Mi rendo conto che forse è possibile fare questo solo se si ha un po’ di dimestichezza con la Scrittura, bisogna conoscerla, averla frequentata almeno un po’. Però l’esperienza mi insegna che talvolta anche dalle persone più a digiuno possono emergere dei collegamenti spirituali del tutto inaspettati ma estremamente fruttuosi. A volte la stessa Bibbia che usate può esservi di aiuto. Se volete approfondire questa modalità, vi suggerisco di usare la «Bibbia di Gerusalemme» (ne trovate varie edizioni in rete o nelle librerie cattoliche): si tratta di un’edizione della Bibbia che riporta il testo normale della CEI 2008, ma arricchito da un intero apparato di note e citazioni a margine che vi aiuta a percorrere questo intreccio di rimandi all’interno della Scrittura.

Quarto modo: lectio liturgica

Una quarta modalità di cui vi faccio cenno qui è la «lectio liturgica». Si tratta della possibilità di leggere il brano della Scrittura che avete davanti nel suo contesto liturgico, cioè assieme agli altri testi della messa che vengono prima e dopo. Si può usare questa modalità soprattutto se avete scelto il brano del Vangelo del giorno, e se avete con voi un Messalino (quei libretti con i testi della messa di ogni giorno): lì troverete le letture che precedono il Vangelo, ma anche i testi dell’Eucologia (parola difficile: sono le preghiere che compongono la messa, e che si utilizzano prima e dopo le letture). Anche su questo aspetto non sono esperto: se volete un approfondimento su questo metodo, scrivetemelo e vediamo di provare a portarvi un articolo ad hoc.

Quinto modo: i commenti

Una quinta (e ultima) modalità è quella che prevede l’utilizzo di commenti al brano biblico che avete appena letto. Sia su stampa che in internet troverete decine e decine di commenti che aiutano a spiegare il contenuto di un brano e ad entrarci un po’ in profondità. I commenti possono essere utili, per tanti aspetti: ci aiutano a comprendere meglio il brano per ciò che dice davvero, prima ancora che per ciò che dice a me e ci possono dare degli spunti per entrarci dentro con una consapevolezza diversa e più vera, per stimolare alcuni aspetti della nostra vita in relazione con questo brano che non avevamo colto a prima vista. Tuttavia seguire questa quinta modalità può essere anche rischioso: potremmo essere portati altrove rispetto a noi stessi, rispetto all’incontro vero con il Signore vivo, qui davanti a me, essere portati dentro ragionamenti e aspetti intellettualistici, oppure potrebbero essere sollecitati tasti che per altre persone sono stati importanti (per chi ha scritto quel commento…), ma che magari non sono quelli per noi centrali adesso…

Quindi: i commenti possono aiutarti, ma attenzione al rischio di perderti, di perdere il focus del perché tu sei lì! Tu sei lì non per comprendere, non per studiare la Scrittura, non per sapere tutto di quel brano, non per solleticare le tue emozioni, non per fare un «pio pensierino»… tu sei lì per incontrare il tuo Signore! Tutto il resto: o ti aiuta a questo, allora bene, altrimenti butta via tutto senza pensarci un attimo!

Concludendo

Siamo arrivati in fondo anche a questo secondo passo del metodo di preghiera, e (speriamo!) siamo finalmente entrati nel cuore della nostra preghiera, nello «stare» con il Signore. Se avete altre domande specifiche, in particolare su questo secondo passo del metodo, non esitate a scrivercele. Ancora buona esperienza di preghiera, esperienza di Lui, a tutti.

fra Nico – franico@vocazionefrancescana.org

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Data di aggiornamento: 27 Febbraio 2025
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