Solo una fiducia colma di speranza può disinnescare dal cuore dell’uomo il sospetto che Dio, colui che ci ha donato la vita, possa volere che ristagniamo in un tormento senza fine.
Diventare consapevoli della nostra mortalità è un esercizio indispensabile per imparare davvero a vivere e a godersi il viaggio meraviglioso della vita. Di fronte alla morte, impariamo la vita.
Il terrore della povertà, il terrore della solitudine, richiamano la madre di tutte le paure: quella della morte. Ma l’antidoto non è aggrapparsi alle persone o accumulare beni o denaro.
Essere fecondi non è solo generare vita biologica, ma coltivare la vita, custodirla e proteggerla. Ed è solo quando la nostra vita genera vita bella intorno a noi, ed è fertile per qualcun altro, che siamo davvero felici.
La tristezza, se coccolata a lungo, si installa nei meandri della mente e non se ne va più. E diventa sfiducia che genera disperazione, cioè la convinzione che non sia possibile un cammino verso la gioia.
La debolezza che ci abita non è una malattia di cui dovremmo liberarci, è piuttosto la condizione che caratterizza la nostra bellezza e la nostra ricchezza più vere.