Dicembre è il mese dell’attesa e della festa. Non si può festeggiare davvero se non si è capaci di attendere. Una parola della quale abbiamo sbiadito il significato, riducendolo a un puro negativo: inutilità, noia, non-vita.
L’assurda morte di un giovane di 22 anni diviene occasione per rammentarci la promessa di Gesù, anche lui abitante della strada: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”?».
I preti sono sempre di meno. Le suore e i religiosi pure. E anche i credenti non è che proliferino… Che fare, dunque? Rassegnarsi al vuoto delle chiese e delle vocazioni? Disertare o chiudere le parrocchie? Non è forse meglio nutrirsi di speranza, la «piccola» virtù, come la chiamava Charles Péguy?