Albino Luciani, il vescovo «scricciolo»
«Caro direttore, sono abbonata da più di 50 anni al “Messaggero di sant’Antonio” e ricordo con nostalgia il tempo in cui scriveva su queste pagine Albino Luciani, allora patriarca di Venezia, che sarebbe diventato (per troppo poco tempo) papa Giovanni Paolo I. Ho sempre apprezzato tanto il suo stile e il suo modo di comunicare, carico di concretezza e di umorismo. Sarebbe da riscoprire la sua freschezza e genuinità, visto che facciamo fatica oggi a dialogare e ci perdiamo dietro a tante chimere che non portano alla verità».
Una lettrice
Nel maggio del 1971 esce nel «Messaggero di sant’Antonio» una lettera, scritta dal patriarca di Venezia, Albino Luciani. È indirizzata a Mark Twain, autore del celebre romanzo Le avventure di Tom Sawyer. Come mai un vescovo si rivolge a un autore di romanzi? E perché, poi, il «Messaggero» ne pubblica il testo? Lo stesso Luciani, in quella prima missiva, afferma: «Temo che i miei diocesani si scandalizzino: un vescovo che cita Mark Twain!». E continua: «Forse bisognerebbe spiegare loro che [...] sono vari i vescovi. Alcuni rassomigliano ad aquile, che planano con documenti magisteriali di alto livello; altri sono usignoli, che cantano le lodi del Signore in modo meraviglioso; altri, invece, sono poveri scriccioli, che, sull’ultima rama dell’albero ecclesiale, squittiscono soltanto, cercando di dire qualche pensiero su temi vastissimi. Io, caro Twain, appartengo all’ultima categoria».
Una presentazione che già mostra alcuni tratti di Luciani, soprattutto l’umiltà e l’umorismo, parenti stretti che quando ritroviamo in qualcuno ci rendono più disponibili ad accogliere la sua persona e quanto ha da dire. A quel tempo, alcune di queste lettere erano già state pubblicate ne «Il Gazzettino» e notate con meraviglia dal direttore del «Messaggero di sant’Antonio» di allora, padre Francesco Saverio Pancheri, che ne aveva apprezzato «il taglio giornalistico e il discorso arguto e piano» giudicato «adattissimo per una rivista come la nostra». Per questo aveva proposto al patriarca un progetto di collaborazione sulla rivista antoniana, colto come occasione da Luciani: «Quando predico in San Marco mi ascoltano cento, centocinquanta, massimo duecento fedeli: la metà sono turisti che non capiscono l’italiano, l’altra metà adorabili ma già convinte vecchiette. Il direttore del “Messaggero di sant’Antonio” mi ha detto: “Moltiplichi i suoi ascoltatori per mille e scriva per noi”. Mi ha convinto» (F. Chiocci, «Il Tempo», 29.09.1978). In tal modo, da maggio 1971 a novembre 1974 vengono pubblicate quaranta lettere «immaginarie», indirizzate ai più svariati personaggi: santi (come Bernardo di Chiaravalle, Francesco di Sales e Teresa di Lisieux), scrittori (Dickens, Manzoni, Goldoni…) o ancora di invenzione (Pinocchio, Penelope), fino all’orso di san Romedio.
Nel 1976, le Edizioni Messaggero Padova pubblicano la raccolta di queste lettere, intitolata Illustrissimi: ha subito un grande successo, anche nella traduzione in diverse lingue, favorito dell’elezione a Papa del patriarca veneziano, nel 1978. La quarta edizione dell’opera esce nell’ottobre di quello stesso anno, riveduta dal Pontefice poco prima della sua improvvisa morte. La recente beatificazione di Luciani (4 settembre 2022) ha riportato l’attenzione sulla sua figura: anche nella nostra rivista ne abbiamo parlato nel numero di settembre del 2022, dedicando a lui la copertina. Le richieste di canonizzazione del Pontefice erano pervenute già all’indomani della morte, ma solo nel 2003 è stato aperto il processo diocesano (in cui il postulatore era don Pasquale Liberatore, seguito da don Enrico dal Covolo), seguito poi dalla fase romana (del 2008), che consisteva nella produzione delle prove documentali e testimoniali per dimostrare l’eroicità della vita, delle virtù e la fama di santità di Luciani.
In questa seconda fase, il relatore della causa era padre Cristoforo Bove, poi sostituito da padre Vincenzo Criscuolo, mentre l’incarico della stesura della Positio super virtutibus è stato affidato alla dottoressa Stefania Falasca, esperta della figura e delle opere di Luciani, che nel corso del suo dottorato di ricerca si è dedicata proprio allo studio di Illustrissimi. A partire da questa indagine, nel 2023 è stata pubblicata l’edizione critica di Illustrissimi, a cura di Stefania Falasca, per le Edizioni Messaggero Padova: una nuova occasione per riscoprire quello che, nella prefazione del cardinale José Tolentino De Mendonça, viene definito un classico, cioè, come ebbe a dire Italo Calvino, «un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire».
Il «Papa del sorriso» ha lasciato un ricordo indelebile in coloro che l’hanno incontrato, ma questa «naturale bonarietà» non è solamente un tratto del suo carattere, bensì nasce «soprattutto dalla sua coscienza profonda che la verità va esposta delicatamente – ha sottolineato il cardinale de Mendonça durante la presentazione dell’ultima edizione di Illustrissimi, tenutasi in Palazzo Ducale a Venezia lo scorso 17 maggio –, con un’intuizione spirituale che è in chiara risonanza con il Vangelo: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11,28-30)».
Attraverso le sue lettere immaginarie, l’intenzione di Luciani è di annunciare il Vangelo, utilizzando come strumento l’umorismo e l’autoironia (sulla scia di san Francesco di Sales, da lui tanto amato) e invitando ciascuno a incamminarsi sulla via della santità, che non è un privilegio di frati, suore o preti, ma «diventa potere e dovere di tutti! Non diventa impresa facile (è la via della croce!), ma ordinaria: qualcuno la realizza con atti o voti eroici alla maniera delle aquile, che planano negli alti cieli; moltissimi la realizzano con l’eseguire i doveri comuni di ogni giorno, in modo però non comune, alla maniera delle colombe, che volano da un tetto all’altro» (dalla «Lettera a San Francesco di Sales»).
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